2023-01-05
Pubblica un articolo della «Verità». La segnalano alla polizia postale
Gogna e minacce per una utente che aveva riportato sui social la notizia del numero di effetti avversi da vaccino fornito dal presidente dell’Aifa, Giorgio Palù. E una poliziotta ha rischiato la sanzione perché sfogliava la nostra testata.Sostenere la verità costa. Te la fanno pagare, quando non sei allineato e tenti di opporre argomentazioni al pensiero unico. Se ne è accorta una nostra lettrice, presa di mira con ferocia sui social e, forse, denunciata alla polizia postale solo per aver pubblicato una pagina della Verità. Tre giorni fa la signora Marisa, 64 anni, di Milano, si era «permessa» di riproporre l’immagine di un nostro articolo di più di un anno fa, dal titolo «L’Aifa ammette: sono almeno 608 le morti in Italia legate alla puntura». Apriamo una breve, doverosa parentesi, per ricordare qual era la questione. Il testo riportava alcuni interventi di studiosi, in un seminario statunitense di educazione medica del National institutes of health (Nih), e nell’audizione al Senato italiano del 7 dicembre 2021, su obblighi vaccinali e rafforzamento dei green pass. In quel contesto, il presidente dell’Aifa, Giorgio Palù, rispondendo alle domande di alcuni senatori sulla farmacovigilanza, spiegava che l’ultimo report (di allora) conteneva «608 segnalazioni di esito infausto, il 48,2% nelle donne, età media 76 anni, correlate ai vaccini» anti Covid. Precisava che «correlate significa che c’è stata l’autopsia e che il medico», che ha fatto l’esame autoptico, «ha detto sì, non trovo altra causa. Può essere il vaccino». Una dichiarazione sorprendente, visto che il nono rapporto dell’Agenzia del farmaco cui faceva riferimento conteggiava, invece, appena 16 morti «correlabili». La Verità, ovviamente, diede spazio alle affermazioni dello scienziato che, tra l’altro, per la prima volta accennava ad autopsie su decessi post inoculo. Palù, in un momento successivo (non sappiamo quando), si accorse del clamoroso sbaglio di aver definito tutte «correlate» ai vaccini le 608 segnalazioni di decessi pervenute, ma non fece uscire alcuna rettifica. E il video del suo intervento al Senato, con il conteggio delle vittime da vaccino, è tutt’oggi riascoltabile. Solo dopo aver letto l’articolo sulla Verità, il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco dichiarò su altre testate che «i casi accertati erano 15 o 16». Ma non ci chiese una rettifica. Non avrebbe potuto, proprio perché l’articolo riportava esattamente le sue parole durante l’audizione.Quando, due giorni fa, la signora Marisa ha riproposto quell’articolo su Twitter, invece, le hanno detto che era «una bufala», che l’Aifa aveva smentito e che «condividere una diffamazione è reato. Si chiama “diffamazione”». Per questo, era meglio se si cercava in fretta un avvocato. «Dopo pochi minuti», racconta costernata, «uno degli utenti che aveva commentato: “Sai che condividere questa balla è reato, e che la postale adora fare il culo a chi la condivide?”, ha pubblicato la denuncia inviata online, con tanto di risposta della polizia: “grazie per la segnalazione”. Sono rimasta allibita, così in fretta si fa a screditare una persona?». Vero o falsa che sia l’azione di quell’utente animato da sacro furore (il tweet con la denuncia poi è stato cancellato da chi l’aveva postato); che si tratti di troll, interessati a partecipare a una discussione solo per disturbare e dare il via a litigi e provocazioni, o di persone che gestiscono il loro profilo social con particolare violenza, chiusi al dialogo, certo l’odio sui social si riversa anche contro il nostro quotidiano. «La Verità è il peggior giornale di fake esistente al momento, quindi sei doppiamente colpevole. Andiamo di segnalazione», incalzava un’altra fanatica, assertrice di «controllare sempre tutto», mentre la signora milanese sarebbe stata una «stupida», che non controlla e andava denunciata alla postale. Per fortuna, occupata a sventare veri casi di cybercriminalità.Invece, la nostra lettrice aveva ragione, l’Aifa non ha mai chiesto una rettifica alla Verità. È sconvolgente, però, leggere quanta voglia ancora ci sia, di «farla pagare» a coloro che sollevano dubbi e tentano di argomentare convinzioni più complesse di quelle che vedono nel vaccino anti Covid la soluzione per tutto. Poche settimane fa, una poliziotta di un commissariato del Nord Italia ha rischiato il procedimento disciplinare per aver esposto in bacheca un articolo della Verità sugli eventi avversi da vaccino. Era lo spazio dedicato ai ritagli di notizie importanti, da condividere, eppure un ispettore era rimasto indispettito dalla presenza del nostro giornale sul tema vaccinazione e aveva segnalato la «sventurata», definita «vicino a teorie e ambienti no vax». «Per fortuna il questore ha poi deciso di archiviare il procedimento», commenta un componente del sindacato che preferisce non comparire, per non facilitare l’identificazione della poliziotta, «altrimenti la collega avrebbe subìto una multa, con trattenuta in busta paga».Leggere e far conoscere il contenuto di un articolo della Verità può diventare un reato d’opinione? Non diciamolo nemmeno come provocazione. Ci sono fin troppi odiatori, che utilizzano i social per esasperare le divergenze di pensiero e aggredire chi non è omologato.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)