2021-09-09
Prove di convivenza non isterica con il Covid
In Veneto il prof Stefano Merigliano esce dal coro unico allarmista dei medici: «Si può gestire la malattia come l'influenza». Anche l'Austria non ne può più del panico perenne: altra stretta contro i non vaccinati, ma basta contare i contagi, si bada solo alle terapie intensive.In Austria stanno per essere applicate nuove restrizioni per i non vaccinati contro il Covid, l'Italia è dell'idea di allargare il green pass a ogni settore invocando pure l'obbligo vaccinale, ma c'è anche chi guarda con obiettività alla situazione attuale e crede che entro fine mese si potrà «tornare alla normalità nell'assistenza sanitaria», come ha dichiarato Stefano Merigliano, presidente della Scuola di medicina e direttore del dipartimento di chirurgia dell'Azienda ospedale università di Padova. Con quello che definisce «l'ottimismo della ragione», il professore considera che «i casi di positività sono più o meno stabili, rimangono pochi i ricoveri in terapia intensiva, l'indice di trasmissibilità è basso e le vaccinazioni proseguono a buon ritmo», quindi entro settembre tutta l'attività ospedaliera patavina ritornerà a lavorare al cento per cento «come in regime pre Covid». Il professore è impegnato a pieno ritmo perché questo accada, assieme a lui tutti gli altri dipartimenti: «La ripartenza non si fa dall'oggi al domani, bisogna ricontattare i pazienti, avere tutto il personale a regime, ma noi siamo a buon punto e in un paio di settimane nell'azienda ospedaliera riprenderanno ad essere utilizzate ogni mese 300 sale operatorie in blocchi da sei ore».A differenza della maggior parte dei primari, che ancora lamentano il blocco del Covid sull'attività ospedaliera con la variante delta che continuerebbe a mettere in ginocchio le strutture sanitarie, Merigliano è convinto «che bisogna avere il coraggio di andare avanti e cominciare a gestire questo virus come l'influenza stagionale». Precisa il professore: «La gente non sa che ogni anno, durante l'epidemia influenzale, noi avevamo 2-3.000 morti in Italia. E c'era la crisi delle terapie intensive, perché un'influenza brutta presa da un cardiopatico, un trapiantato o da un immunodepresso non è molto diversa dal Covid. Quando c'è il picco dell'influenza stagionale noi abbiamo la stessa criticità delle sale operatorie vissuta durante la pandemia, perché basta che si occupino sette, otto, dieci posti e li togli al turn over dei traumi o dei trapianti. È uno standard, l'abbiamo sempre avuta questa criticità». Finalmente un medico che riporta l'emergenza in una dimensione meno allarmistica, ricordando le complicanze legate all'influenza invernale e l'alto numero di persone che comunque non riusciva a superarle, dopo aver affollato i reparti di rianimazione. Ripartire dunque si può, senza terrorismi sanitari e consapevoli che «tanti pazienti non Covid attendono di essere curati. Bisogna recuperare il maggior numero possibile di attività». La normalità è necessaria, va riconosciuto e detto una buona volta che il nostro Paese non è affatto in condizione critica, nonostante la diffusione della variante delta, e se non è il ministro della Salute, o il virologo di turno, a darci una sferzata di ottimismo, sono le parole di questo professore, una delle eccellenze nel panorama della sanità veneta, a farci capire che l'ora della svolta è arrivata. «Con la popolazione in gran parte vaccinata e la terza dose per i più fragili e immunodepressi, questo Covid può essere trattato come l'influenza invernale», dichiara Merigliano che però raccomanda di «continuare a utilizzare la mascherina, è una piccola protezione in più che può fare la differenza. Lo scorso inverno ci ha permesso di evitare le normali malattie di stagione. Trovo populistico invitare a togliersela se si è vaccinati».Spiragli di luce, dunque, che arrivano dal mondo sanitario veneto. Intanto oltralpe il cancelliere d'Austria Sebastian Kurz ha annunciato che da mercoledì 15 settembre saranno inasprite le misure nei confronti di coloro che non hanno ancora fatto una dose di vaccino. Il governo austriaco aveva avvertito che l'occupazione dei posti letto nelle unità di terapia intensiva sarebbe diventato il nuovo indicatore principale per le misure di contenimento del Covid-19, al posto dell'indicatore settimanale, e dopo l'aumento dei tassi di infezione e dei ricoveri ospedalieri anche in terapia intensiva, i provvedimenti sono cambiati. Misure dure solo per i non vaccinati, per proteggere loro e il sistema sanitario dal sovraccarico. I test antigenici saranno validi non più per due giorni ma solo 24 ore, come già è regola a Vienna, la capitale. Le persone non vaccinate dovranno indossare maschere Ffp2 nei negozi di abbigliamento e dove vengono venduti «articoli non essenziali», ma l'obbligo sarà esteso anche ai vaccinati nei supermercati e nei trasporti pubblici, dove finora bastavano le protezioni facciali in tessuto. I governatori austriaci non sono affatto contenti della decisione del cancelliere, presa a loro dire senza consultarli. Il sindaco di Vienna, Michael Ludwig, ha anche contestato l'affermazione di Kurz che la pandemia è «finita» per le persone vaccinate. «Non esiste un'Austria vaccinata e non esiste un'Austria non vaccinata, esiste l'Austria e ci prendiamo cura l'uno dell'altro», ha voluto puntualizzare il ministro della Sanità, Wolfgang Mückstein. Lunedì il capo del governo austriaco aveva definito il terzo richiamo decisivo, non una «decisione discrezionale», ed è convinto che «ci sarà una quarta ondata, una quinta e una sesta. Il virus non andrà via». Ma il lockdown, garantisce, sarà solo per i cittadini non vaccinati.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)