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2023-04-13
Protezione speciale: il giro di vite della maggioranza contro gli abusi
Ansa
Dopo la proclamazione dello stato d’emergenza nazionale per la situazione insostenibile degli sbarchi illegali, il governo sta cambiando il volto del Dl Cutro in senso restrittivo. Una decisione che era nell’aria, sollecitata in particolar modo dalla Lega, che però alla fine ha trovato - salvo colpi di scena dell’ultim'ora - concordi tutte le forze di maggioranza. Nella mattinata di oggi la «quadra» dovrebbe essere sancita dall’arrivo in commissione Affari costituzionali del Senato (convocata per le 9 dopo un rinvio ieri sera) di una decina di emendamenti firmati dall’esecutivo, che intervengono sui punti qualificanti del provvedimento approvato dopo la tragedia sulle rive calabresi. La novità più rilevante dal punto di vista pratico riguarderebbe la stretta sulla concessione della protezione speciale, che negli ultimi tempi era diventato il passe-partout attraverso il quale era stato scardinato ogni controllo sull’effettivo diritto da parte dei migranti a godere di una tutela per particolari motivi di necessità. Fino al primo pomeriggio di ieri, gli emendamenti sulla protezione speciale non facevano ancora parte di quelli firmati in maniera certa dal governo, anche se la determinazione sia di Fratelli d’Italia che di Forza Italia sarebbe stata quella di votarli senza esitazione. Poi, secondo quanto filtra, la quasi certa quadratura del cerchio dopo alcune «interlocuzioni» tra Palazzo Chigi e via Bellerio, rese necessarie dal superamento di alcune criticità nei confronti della normativa Ue.
Le modifiche sulla concessione della protezione speciali sono importanti: un emendamento prevede anzitutto che questa decada quando il migrante che ne gode abbia fatto ritorno, anche per un breve periodo, in patria. Non era infatti infrequente che alcuni «protetti speciali» presunti perseguitati in patria tornassero nella stessa patria per fare le vacanze. Un altro emendamento governativo «ex-leghista» dice basta alla conversione delle protezioni speciali in permessi di lavoro: anche in questo caso il meccanismo era diventato un escamotage per abolire ogni controllo sui migranti sbarcati illegalmente. I dati diffusi dal Viminale, in questo senso, sono espliciti, visto che negli ultimi tre anni le percentuali di protezioni speciali convertite in permessi di soggiorno sono state risibili: 4,4 nel 2021, del 5,2 nel 2022 e del 7,4 in questo primo scorcio del 2023. Un’altra modifica riguarda la periodicità delle verifiche per il rinnovo della protezione speciale, che viene dimezzata da quattro a due anni, mentre viene operato un giro di vite anche sulla protezione per motivi di salute, eliminando di fatto le motivazioni di ordine psichico, concesse in passato con troppa disinvoltura.
Per quanto riguarda gli altri emendamenti governativi, questi si accordano col nuovo scenario determinatosi dopo la proclamazione dello stato d’emergenza, perché intervengono su questioni come le procedure per l’accompagnamento alla frontiera dei clandestini (più rapide) e i tempi di permanenza all’interno dei centri per i rimpatri. A proposito di centri di permanenza, tra gli emendamenti fìrmati dall’esecutivo si è aggiunto in extremis, dopo la riunione al Viminale di martedì scorso, quello che affida alla Croce Rossa la gestione dell’hotspot di Lampedusa ormai al collasso con un numero di presenze pari al quadruplo della capienza originaria. Nella seduta della commissione che è svolta ieri mattina, proprio in virtù delle proposte in cantiere, erano stati accantonati otto emendamenti della Lega, mentre il governo aveva dato parere positivo alla proposta - sempre del Carroccio - di un giro di vite alla concessione del permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di età. In questo contesto, è maturato anche l’ok all’arresto entro 48 ore per chi compia atti violenti nei Centri di accoglienza.
Queste modifiche si inseriscono nell’impianto originario del decreto, la cui norma più qualificante è l’introduzione, rivolta agli scafisti, di una nuova fattispecie di reato per chi provoca «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina», per il quale è prevista una pena che va dai 20 ai 30 anni di reclusione. Sono inoltre previste pene più severe per chi «promuove, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato», anche al di fuori dei confini nazionali, perché si tratta di un «reato universale». Quanto all’iter del provvedimento, le opposizioni, presentando una pioggia di emendamenti (circa 500), hanno reso in modo plateale la volontà di puntare sull’ostruzionismo: con la presentazione degli emendamenti, infatti, si aprirà il termine per i subemendamenti e l’esame di entrambi potrebbe mettere a rischio il mandato al relatore Andrea De Priamo. Questo significa che tutte le proposte di modifica dovranno essere votate direttamente in aula, con un’inevitabile dilatazione dei tempi. Intanto gli sbarchi non si fermano: ieri a Catania, dopo i 4.000 sbarchi negli ultimi quattro giorni, sono arrivati altri 600 migranti per i quali sono state approntate nei giorni scorsi due tensostrutture.
L’Ue si accorge dell’emergenza: «L’Italia chiede fondi»
Mentre il flusso migratorio continua senza sosta e l’Europa accende un faro sullo stato d’emergenza dichiarato dal governo italiano annunciando la richiesta di aiuti economici, i sindaci alzano il tiro e chiedono una missione Ue. La situazione si fa sempre più complicata. Ieri, con la nave militare Diciotti sono approdati a Vibo Valentia i 397 migranti soccorsi dalla Capitaneria di porto nel Canale di Sicilia. E a Catania sono sbarcati i 600 trainati da una nave rimorchiatore della Guardia costiera che erano su un peschereccio alla deriva al largo delle coste siciliane. Lampedusa, nonostante la strategia di alleggerimento messa in campo da Prefettura e Viminale, continua a scoppiare: nell’hotspot di contrada Imbriacola sono rimasti ancora oltre 800 ospiti.
E ci sono regioni che cominciano ad avere difficoltà anche nella rete d’accoglienza: su tutte la Lombardia che ospita il 12 per cento di tutti gli sbarcati finiti nei Cas e nella rete Sai, ovvero 13.137, seguita dall’Emilia Romagna con il 10 per cento (11.118). Ora anche Piemonte e Lazio si avvicinano al 10 per cento. Trasferire i migranti sta diventando anche particolarmente difficile. A Caserta, per esempio, gli ormai ex ospiti di un Sai sospeso a metà febbraio dal Viminale perché i migranti erano rimasti perfino senza vitto, ora si lagnano perché è in corso il loro trasferimento in Comuni isolati della Calabria o del Sannio, al confine col Molise.
La Commissione Europea intanto fa sapere di essere in costante contatto con le autorità italiane «per vedere che cosa implica lo stato di emergenza» sui flussi migratori dichiarato dal governo. Ieri la portavoce per gli Affari Interni, Anitta Hipper, ha spiegato che la Commissione presieduta da Ylva Johansson ha «preso atto» della decisione del governo italiano di dichiarare lo stato di emergenza, che è una «competenza nazionale» e non comunitaria. Più in generale, però, aggiunge la portavoce, «Abbiamo riconosciuto la situazione particolarmente difficile», con una crescita «molto pronunciata degli arrivi dal Mediterraneo centrale. Abbiamo presentato un piano mirato in novembre, con 20 azioni specifiche, sostenute da misure operative e finanziarie. Nel frattempo stiamo lavorando a pieno ritmo su due binari, quello per le misure operative per continuare a sostenere l’Italia e quello per l’adozione del patto sulle migrazioni e sull’asilo».
Da Pozzallo, però, il sindaco Roberto Ammatuna non si accontenta della dichiarazione dello stato di emergenza: «Occorre una missione europea tipo Mare Nostrum per cercare di coinvolgere gli altri Stati nell’accoglienza. Purtroppo, però, di questo non c’è traccia». Non contento dei risultati portati a casa per la prima volta da Giorgia Meloni in campo europeo afferma: «Quando andiamo nei tavoli europei non abbiamo la forza necessaria a porre il tema». E infine si schiera con le Organizzazioni non governative: «Invece di bloccarle nei porti bisogna dare più spazio alle Ong». Che stanno facendo crescere la pressione sul governo.
L’altro giorno con un tweet Sea Watch ha accusato la Guardia costiera italiana di arrivare in ritardo sul luogo dei soccorsi e di non riuscire a coprire tutti gli Sos, ieri, dopo aver ribadito il concetto, è arrivata perfino a sostenere che le autorità maltesi «ordinano alle navi mercantili di non soccorrere i migranti». E ora Frontex certifica che quella del Mediterraneo centrale è stata la rotta più attiva nel primo trimestre dell’anno, con quasi 28.000 attraversamenti irregolari delle frontiere, il triplo rispetto a un anno fa. A marzo i rilevamenti totali sono aumentati di quasi nove volte, superando i 13.000. A più partenze, come sempre, sono corrisposti più morti in mare: secondo l’Oim, tra gennaio e marzo di quest’anno, i morti in mare sono arrivati a quota 441, superando tutti i record dal 2017.
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Decreto Cutro più rigido. Fdi apre alle richieste della Lega Modifiche su rientri, lavoro e rinnovi. Il rischio ostruzionismo.Sbarchi incessanti. Frontex: +300% di arrivi. Regioni in difficoltà nella rete d’accoglienza. I sindaci: «Coinvolgere gli altri Stati».Lo speciale contiene due articoliDopo la proclamazione dello stato d’emergenza nazionale per la situazione insostenibile degli sbarchi illegali, il governo sta cambiando il volto del Dl Cutro in senso restrittivo. Una decisione che era nell’aria, sollecitata in particolar modo dalla Lega, che però alla fine ha trovato - salvo colpi di scena dell’ultim'ora - concordi tutte le forze di maggioranza. Nella mattinata di oggi la «quadra» dovrebbe essere sancita dall’arrivo in commissione Affari costituzionali del Senato (convocata per le 9 dopo un rinvio ieri sera) di una decina di emendamenti firmati dall’esecutivo, che intervengono sui punti qualificanti del provvedimento approvato dopo la tragedia sulle rive calabresi. La novità più rilevante dal punto di vista pratico riguarderebbe la stretta sulla concessione della protezione speciale, che negli ultimi tempi era diventato il passe-partout attraverso il quale era stato scardinato ogni controllo sull’effettivo diritto da parte dei migranti a godere di una tutela per particolari motivi di necessità. Fino al primo pomeriggio di ieri, gli emendamenti sulla protezione speciale non facevano ancora parte di quelli firmati in maniera certa dal governo, anche se la determinazione sia di Fratelli d’Italia che di Forza Italia sarebbe stata quella di votarli senza esitazione. Poi, secondo quanto filtra, la quasi certa quadratura del cerchio dopo alcune «interlocuzioni» tra Palazzo Chigi e via Bellerio, rese necessarie dal superamento di alcune criticità nei confronti della normativa Ue. Le modifiche sulla concessione della protezione speciali sono importanti: un emendamento prevede anzitutto che questa decada quando il migrante che ne gode abbia fatto ritorno, anche per un breve periodo, in patria. Non era infatti infrequente che alcuni «protetti speciali» presunti perseguitati in patria tornassero nella stessa patria per fare le vacanze. Un altro emendamento governativo «ex-leghista» dice basta alla conversione delle protezioni speciali in permessi di lavoro: anche in questo caso il meccanismo era diventato un escamotage per abolire ogni controllo sui migranti sbarcati illegalmente. I dati diffusi dal Viminale, in questo senso, sono espliciti, visto che negli ultimi tre anni le percentuali di protezioni speciali convertite in permessi di soggiorno sono state risibili: 4,4 nel 2021, del 5,2 nel 2022 e del 7,4 in questo primo scorcio del 2023. Un’altra modifica riguarda la periodicità delle verifiche per il rinnovo della protezione speciale, che viene dimezzata da quattro a due anni, mentre viene operato un giro di vite anche sulla protezione per motivi di salute, eliminando di fatto le motivazioni di ordine psichico, concesse in passato con troppa disinvoltura. Per quanto riguarda gli altri emendamenti governativi, questi si accordano col nuovo scenario determinatosi dopo la proclamazione dello stato d’emergenza, perché intervengono su questioni come le procedure per l’accompagnamento alla frontiera dei clandestini (più rapide) e i tempi di permanenza all’interno dei centri per i rimpatri. A proposito di centri di permanenza, tra gli emendamenti fìrmati dall’esecutivo si è aggiunto in extremis, dopo la riunione al Viminale di martedì scorso, quello che affida alla Croce Rossa la gestione dell’hotspot di Lampedusa ormai al collasso con un numero di presenze pari al quadruplo della capienza originaria. Nella seduta della commissione che è svolta ieri mattina, proprio in virtù delle proposte in cantiere, erano stati accantonati otto emendamenti della Lega, mentre il governo aveva dato parere positivo alla proposta - sempre del Carroccio - di un giro di vite alla concessione del permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di età. In questo contesto, è maturato anche l’ok all’arresto entro 48 ore per chi compia atti violenti nei Centri di accoglienza. Queste modifiche si inseriscono nell’impianto originario del decreto, la cui norma più qualificante è l’introduzione, rivolta agli scafisti, di una nuova fattispecie di reato per chi provoca «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina», per il quale è prevista una pena che va dai 20 ai 30 anni di reclusione. Sono inoltre previste pene più severe per chi «promuove, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato», anche al di fuori dei confini nazionali, perché si tratta di un «reato universale». Quanto all’iter del provvedimento, le opposizioni, presentando una pioggia di emendamenti (circa 500), hanno reso in modo plateale la volontà di puntare sull’ostruzionismo: con la presentazione degli emendamenti, infatti, si aprirà il termine per i subemendamenti e l’esame di entrambi potrebbe mettere a rischio il mandato al relatore Andrea De Priamo. Questo significa che tutte le proposte di modifica dovranno essere votate direttamente in aula, con un’inevitabile dilatazione dei tempi. Intanto gli sbarchi non si fermano: ieri a Catania, dopo i 4.000 sbarchi negli ultimi quattro giorni, sono arrivati altri 600 migranti per i quali sono state approntate nei giorni scorsi due tensostrutture.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/protezione-speciale-il-giro-di-vite-della-maggioranza-contro-gli-abusi-2659847267.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lue-si-accorge-dellemergenza-litalia-chiede-fondi" data-post-id="2659847267" data-published-at="1681338000" data-use-pagination="False"> L’Ue si accorge dell’emergenza: «L’Italia chiede fondi» Mentre il flusso migratorio continua senza sosta e l’Europa accende un faro sullo stato d’emergenza dichiarato dal governo italiano annunciando la richiesta di aiuti economici, i sindaci alzano il tiro e chiedono una missione Ue. La situazione si fa sempre più complicata. Ieri, con la nave militare Diciotti sono approdati a Vibo Valentia i 397 migranti soccorsi dalla Capitaneria di porto nel Canale di Sicilia. E a Catania sono sbarcati i 600 trainati da una nave rimorchiatore della Guardia costiera che erano su un peschereccio alla deriva al largo delle coste siciliane. Lampedusa, nonostante la strategia di alleggerimento messa in campo da Prefettura e Viminale, continua a scoppiare: nell’hotspot di contrada Imbriacola sono rimasti ancora oltre 800 ospiti. E ci sono regioni che cominciano ad avere difficoltà anche nella rete d’accoglienza: su tutte la Lombardia che ospita il 12 per cento di tutti gli sbarcati finiti nei Cas e nella rete Sai, ovvero 13.137, seguita dall’Emilia Romagna con il 10 per cento (11.118). Ora anche Piemonte e Lazio si avvicinano al 10 per cento. Trasferire i migranti sta diventando anche particolarmente difficile. A Caserta, per esempio, gli ormai ex ospiti di un Sai sospeso a metà febbraio dal Viminale perché i migranti erano rimasti perfino senza vitto, ora si lagnano perché è in corso il loro trasferimento in Comuni isolati della Calabria o del Sannio, al confine col Molise. La Commissione Europea intanto fa sapere di essere in costante contatto con le autorità italiane «per vedere che cosa implica lo stato di emergenza» sui flussi migratori dichiarato dal governo. Ieri la portavoce per gli Affari Interni, Anitta Hipper, ha spiegato che la Commissione presieduta da Ylva Johansson ha «preso atto» della decisione del governo italiano di dichiarare lo stato di emergenza, che è una «competenza nazionale» e non comunitaria. Più in generale, però, aggiunge la portavoce, «Abbiamo riconosciuto la situazione particolarmente difficile», con una crescita «molto pronunciata degli arrivi dal Mediterraneo centrale. Abbiamo presentato un piano mirato in novembre, con 20 azioni specifiche, sostenute da misure operative e finanziarie. Nel frattempo stiamo lavorando a pieno ritmo su due binari, quello per le misure operative per continuare a sostenere l’Italia e quello per l’adozione del patto sulle migrazioni e sull’asilo». Da Pozzallo, però, il sindaco Roberto Ammatuna non si accontenta della dichiarazione dello stato di emergenza: «Occorre una missione europea tipo Mare Nostrum per cercare di coinvolgere gli altri Stati nell’accoglienza. Purtroppo, però, di questo non c’è traccia». Non contento dei risultati portati a casa per la prima volta da Giorgia Meloni in campo europeo afferma: «Quando andiamo nei tavoli europei non abbiamo la forza necessaria a porre il tema». E infine si schiera con le Organizzazioni non governative: «Invece di bloccarle nei porti bisogna dare più spazio alle Ong». Che stanno facendo crescere la pressione sul governo. L’altro giorno con un tweet Sea Watch ha accusato la Guardia costiera italiana di arrivare in ritardo sul luogo dei soccorsi e di non riuscire a coprire tutti gli Sos, ieri, dopo aver ribadito il concetto, è arrivata perfino a sostenere che le autorità maltesi «ordinano alle navi mercantili di non soccorrere i migranti». E ora Frontex certifica che quella del Mediterraneo centrale è stata la rotta più attiva nel primo trimestre dell’anno, con quasi 28.000 attraversamenti irregolari delle frontiere, il triplo rispetto a un anno fa. A marzo i rilevamenti totali sono aumentati di quasi nove volte, superando i 13.000. A più partenze, come sempre, sono corrisposti più morti in mare: secondo l’Oim, tra gennaio e marzo di quest’anno, i morti in mare sono arrivati a quota 441, superando tutti i record dal 2017.
La centrale idroelettrica “Domenico Cimarosa” di Presenzano, in provincia di Caserta
Enel, leader nella produzione di energia pulita, considera l’idroelettrico una delle colonne portanti della transizione energetica, grazie alla sua affidabilità, flessibilità e capacità di integrarsi con altre fonti rinnovabili. Tra le tecnologie che guideranno la decarbonizzazione nei prossimi decenni, l’idroelettrico rimane una delle più solide, mature e strategiche. È una fonte rinnovabile antica, già utilizzata nei secoli per azionare mulini e macchinari, ma oggi completamente trasformata dall’innovazione industriale.
Per Enel, che ha anticipato al 2040 il traguardo del Net Zero, questa tecnologia rappresenta una risorsa strategica: combina innovazione, sostenibilità e benefici concreti per i territori. Il principio è semplice ma potentissimo: sfruttare la forza dell’acqua per mettere in rotazione turbine idrauliche collegate ad alternatori che producono elettricità. Dietro questo meccanismo lineare c’è però un lavoro ingegneristico complesso, fatto di dighe, gallerie, condotte forzate, sistemi di monitoraggio, regolazione dei flussi e integrazione con lo storage la rete elettrica.
Gli impianti idroelettrici gestiti da Enel non solo generano energia, ma svolgono una funzione preziosa nel controllo delle risorse idriche: aiutano a gestire periodi di siccità, a contenere gli effetti di precipitazioni eccezionali e a mantenere stabile il sistema elettrico nei picchi di domanda. Esistono tre principali tipologie di impianto: fluenti, che sfruttano la portata naturale dei corsi d’acqua; a bacino, dove le dighe trattengono l’acqua e permettono di modulare la produzione; e con pompaggio, un vero gioiello tecnologico. Qui i bacini sono due, uno a monte e uno a valle: l’acqua può essere riportata verso l’alto tramite le stesse turbine, trasformando il sistema in un grande “accumulatore naturale” di energia. Una riserva preziosa, che consente di compensare l’intermittenza delle altre fonti rinnovabili e di stabilizzare la rete elettrica quando il fabbisogno cresce improvvisamente.
Questo ruolo di bilanciamento è una delle ragioni per cui l’idroelettrico è considerato una tecnologia decisiva nella nuova architettura energetica. Nell’impianto di Dossi a Valbondione in provincia di Bergamo, , un sistema BESS (Battery Energy Storage System), Enel ha avviato il progetto di innovazione “BESS4HYDRO”, che entrerà in pieno esercizio nella primavera del 2026 e che prevede, per la prima volta in Europa, l’esercizio integrato di una batteria a litio in un impianto idroelettrico. Grazie alla maggiore flessibilità, l’impianto potrà svolgere anche servizi di rete che di norma vengono forniti da impianti a gas: diminuirà così il ricorso alle fonti fossili e aumenterà quindi la sostenibilità ambientale dell’intera operazione.
Accanto all’aspetto tecnico, c’è un altro valore: l’impatto positivo sui territori. Le grandi opere idroelettriche gestite da Enel hanno creato bacini artificiali che, oltre alla funzione energetica, hanno generato nuove opportunità per molte comunità. Turismo naturalistico, attività escursionistiche, pesca sportiva: gli invasi costruiti per la produzione elettrica si sono trasformati nel tempo in luoghi di valorizzazione paesaggistica ed economica, integrando il binomio energia-ambiente.
L’innovazione gioca un ruolo sempre più centrale. L’esperienza dell’impianto di Venaus, dove Enel ha integrato sulla vasca di scarico della centrale idroelettrica un sistema fotovoltaico galleggiante, dimostra come la combinazione tra diverse tecnologie possa aumentare la produzione rinnovabile senza consumare nuovo suolo. Allo stesso tempo, Enel investe in soluzioni che rendano gli impianti più sostenibili, efficienti e resilienti, puntando su manutenzione avanzata e modernizzazione delle strutture.
In un’epoca in cui la sicurezza energetica, la resilienza delle infrastrutture e la decarbonizzazione sono priorità globali, l’idroelettrico gestito da Enel dimostra di essere una tecnologia solida che guarda al futuro. Grazie alla sua capacità di produrre energia pulita, regolare i flussi idrici e stabilizzare la rete, continuerà ad accompagnare il percorso di transizione energetica, contribuendo in modo concreto agli obiettivi climatici dell’Italia e dell’Europa.
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Maurizio Landini (Ansa)
Tema cruciale: la nuova puntata di una saga che ormai è venuta a noia anche ai diretti interessati, lo sciopero generale contro il governo di centrodestra. Appuntamento per il 12 dicembre. La manovra è una scusa che viene buona per dire peste e corna di Meloni & C. Si parla di drenaggio fiscale (sale la pressione fiscale a causa dell’inflazione in presenza di aliquote crescenti), pensioni, precari, sanità e patrimoniale. Insomma, un bel pot-pourri di tutti gli ever green della casa. E poco importa al segretario leader dei talk show che alcuni dei suoi temi caldi siano stati ampiamente confutati. Basta ripeterli e alle orecchie di chi ama sentirli diventano veri.
Il problema è che una buona parte del Paese avrebbe voluto sentire anche parole diverse da Landini. Poche, ma decise. Sarebbe bastato chiedere scusa per i fattacci di venerdì mattina. Per l’inseguimento durato un chilometro di una ventina di sindacalisti con le felpe della Fiom che hanno poi menato almeno due colleghi della Uilm, colpevoli di non aver partecipato a un altro sciopero, quello dei metalmeccanici che aveva come epicentro l’ex Ilva. Insomma, il minimo sindacale. E invece niente.
Le scuse se le sarebbe aspettate anche il segretario generale della Uilm ligure, Luigi Pinasco (dimesso con 10 giorni di prognosi dopo i colpi ricevuti sul capo) che nell’aggressione di venerdì scorso le ha prese insieme al segretario organizzativo Claudio Cabras (dimesso poco dopo con 7 giorni di prognosi, in seguito ai colpi ricevuti alla gamba). «Sono amareggiato e deluso per le mancate scuse e la mancata presa di distanza del segretario della Cgil», evidenzia Pinasco alla Verità, «io sono pronto a fare qualsiasi battaglia per conservare anche un singolo posto di lavoro e non nutro astio verso i miei aggressori, ma credo che la violenza vada sempre condannata. E soprattutto che vada condannata da chi ha un ruolo di rappresentanza così importante. È un esempio che va dato».
Anche perché da qualcun altro le scuse sono arrivate. «Guardi», continua, «a livello locale i colleghi della Fiom che lavorano in altre fabbriche mi hanno mostrato la loro solidarietà e hanno evidenziato tutto il loro disappunto per quello che è successo all’assemblea dell’ex Ilva lo scorso venerdì mattina. Poi però nessuno ha intenzione di esporsi in modo ufficiale perché evidentemente teme ritorsioni». C’è un brutto clima a Genova e in tanti danno la colpa agli esponenti di Lotta Comunista che in alcuni stabilimenti locali fanno il bello e il cattivo tempo. E non da adesso.
«Devo essere sincero», prosegue, «qui la contrapposizione sul diverso modo di affrontare le battaglie in fabbrica è alta, ma mai avrei pensato che saremmo arrivati a questo livello. Lotta Comunista? Io non so che tessere politiche abbiano in tasca i lavoratori, ma di sicuro certi circoli e movimenti in città sono ben radicati. E proprio per questo un invito alla calma in più non farebbe male».
Così come gesti di distensione servirebbero anche dalla politica locale. Non è un mistero, per esempio, che nella manifestazione dei metalmeccanici di giovedì, quella che ha visto come protagoniste Cgil e Cisl, ma non la Uil, l’intervento rassicurante del governatore Marco Bucci abbia avuto un effetto calmante.
«Non lo so», continua Pinasco, «credo però che quella dell’ex Ilva sia una questione molto complessa e che possa trovare delle soluzioni idonee solo a livello nazionale. Nulla contro il sindaco Salis e il governatore Bucci, ci mancherebbe, ma ci andrei piano con le promesse di salvataggio per Genova perché se poi non si avverano si rischia di accendere gli animi ancor di più. E in questo momento non ne sentiamo il bisogno».
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Ecco #DimmiLaVerità del 9 dicembre 2025. Il deputato del Movimento 5 stelle Marco Pellegrini ci spiega perché secondo lui le randellate di Trump all'Ue sono meritate.