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2023-11-19
Protesta dei medici: risultato vicino
Papa Francesco (Getty Images)
L’adesione allo sciopero generale a scartamento ridotto proclamato da Cgil e Uil non è stata davvero esaltante come dimostrano le percentuali, forse perché la protesta «tutta politica» voluta da Maurizio Landini contro una manovra finanziaria «prudente» ma promossa dall’Ue non è stata condivisa né compresa da lavoratori e cittadini. Un comparto in fibrillazione è certamente quello della sanità che però ha scelto un’altra strategia: dialogo con il governo su alcuni capitoli della manovra, in particolare sul taglio delle pensioni, e tre date per scendere in piazza. E infatti venerdì ha incrociato le braccia soltanto il 3% degli addetti. Restano altri due giorni già decisi, il 5 e il 18 dicembre, ma intanto arrivano aperture da parte dei ministeri competenti. Il titolare del Mef Giancaro Giorgetti era stato chiaro sul capitolo pensioni: «Una tendenza c’è ed è che si va verso il sistema contributivo sulle pensioni anticipate. Nello specifico nell’articolo 33 sui medici, vedremo come dare una risposta perché evidentemente è un problema che noi ci poniamo». Nelle ultime ore il governo Meloni ha avviato un dialogo interno per cercare di limitare gli effetti della misura sulle pensioni dei medici ospedalieri. «Ho incontrato Giorgetti e lo rivedrò insieme alla ministra Calderone», ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, «c’è la volontà di risolvere le criticità sulle pensioni perché credo che sarebbe impensabile che in un momento come questo operatori lascino il Servizio sanitario nazionale. Potrebbe essere il tassello finale di un disastro che noi non vogliamo far sì che avvenga». «Apprezziamo l’apertura arrivata dal Governo, per voce del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, sulle pensioni dei medici. Valutiamo positivamente l’impegno per trovare una soluzione concreta a una questione complessa, tramite un maxiemendamento che dia risposte reali ai professionisti in tema di diritti acquisiti. In assenza di queste risposte, lo sciopero è giusto e inevitabile», ha detto il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli. «Se non sarà modificata la conseguenza sarà, come denunciato dai sindacati Anaao-Assomed e Cimo-Fesmed, l’abbandono del sistema sanitario nazionale da parte dei medici ospedalieri, che il sindacato Anaao-Assomed stima essere almeno 6.000, che hanno maturato i requisiti per andare in pensione e che prevedevano invece di rimanere ancora per qualche anno. Questo, a sua volta avrà fortissime ricadute sulle liste d’attesa, che il governo, al contrario, si propone di ridurre, proprio attraverso la Finanziaria. È necessario e urgente, quindi, un correttivo. Serve, anzi, un segnale in più, per proseguire in quel percorso virtuoso intrapreso dal ministro Schillaci volto a valorizzare i professionisti e ad aumentare l’attrattività del sistema sanitario». Anelli appare ottimista: «Ci sono tutti i presupposti perché il Governo, già con questa manovra, torni a puntare sulla sanità, sui suoi professionisti, per garantire ai cittadini il diritto alla tutela della salute». E ieri anche Papa Francesco, rivolgendosi ai membri dell’associazione otorinolaringologi ospedalieri italiani e della federazione italiana medici pediatrici, ha lanciato il suo appello: «La situazione della sanità in Italia si trova ad attraversare una nuova fase di criticità che sembra diventare strutturale. Si registra una costante carenza di personale, che porta a carichi di lavoro ingestibili e alla conseguente fuga dalle professioni sanitarie». E ricordando poi che «il diritto alla salute fa parte del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che è sancito dalla Costituzione italiana quale diritto dell’individuo, cioè di tutti, nessuno escluso, specialmente dei più deboli, e quale interesse della collettività, perché la salute è un bene comune», ha elogiato i presenti. «Insieme ai tanti professionisti della sanità, costituite una delle colonne portanti del Paese», ha voluto evidenziare il Pontefice.
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Riduci
Le rivendicazioni di Pierpaolo Bombardieri & C. sono generiche, mentre i sanitari attaccano sui tagli alle pensioni: emendamento in vista. Il Papa: «Poche persone, il settore è vitale».L’adesione allo sciopero generale a scartamento ridotto proclamato da Cgil e Uil non è stata davvero esaltante come dimostrano le percentuali, forse perché la protesta «tutta politica» voluta da Maurizio Landini contro una manovra finanziaria «prudente» ma promossa dall’Ue non è stata condivisa né compresa da lavoratori e cittadini. Un comparto in fibrillazione è certamente quello della sanità che però ha scelto un’altra strategia: dialogo con il governo su alcuni capitoli della manovra, in particolare sul taglio delle pensioni, e tre date per scendere in piazza. E infatti venerdì ha incrociato le braccia soltanto il 3% degli addetti. Restano altri due giorni già decisi, il 5 e il 18 dicembre, ma intanto arrivano aperture da parte dei ministeri competenti. Il titolare del Mef Giancaro Giorgetti era stato chiaro sul capitolo pensioni: «Una tendenza c’è ed è che si va verso il sistema contributivo sulle pensioni anticipate. Nello specifico nell’articolo 33 sui medici, vedremo come dare una risposta perché evidentemente è un problema che noi ci poniamo». Nelle ultime ore il governo Meloni ha avviato un dialogo interno per cercare di limitare gli effetti della misura sulle pensioni dei medici ospedalieri. «Ho incontrato Giorgetti e lo rivedrò insieme alla ministra Calderone», ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, «c’è la volontà di risolvere le criticità sulle pensioni perché credo che sarebbe impensabile che in un momento come questo operatori lascino il Servizio sanitario nazionale. Potrebbe essere il tassello finale di un disastro che noi non vogliamo far sì che avvenga». «Apprezziamo l’apertura arrivata dal Governo, per voce del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, sulle pensioni dei medici. Valutiamo positivamente l’impegno per trovare una soluzione concreta a una questione complessa, tramite un maxiemendamento che dia risposte reali ai professionisti in tema di diritti acquisiti. In assenza di queste risposte, lo sciopero è giusto e inevitabile», ha detto il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli. «Se non sarà modificata la conseguenza sarà, come denunciato dai sindacati Anaao-Assomed e Cimo-Fesmed, l’abbandono del sistema sanitario nazionale da parte dei medici ospedalieri, che il sindacato Anaao-Assomed stima essere almeno 6.000, che hanno maturato i requisiti per andare in pensione e che prevedevano invece di rimanere ancora per qualche anno. Questo, a sua volta avrà fortissime ricadute sulle liste d’attesa, che il governo, al contrario, si propone di ridurre, proprio attraverso la Finanziaria. È necessario e urgente, quindi, un correttivo. Serve, anzi, un segnale in più, per proseguire in quel percorso virtuoso intrapreso dal ministro Schillaci volto a valorizzare i professionisti e ad aumentare l’attrattività del sistema sanitario». Anelli appare ottimista: «Ci sono tutti i presupposti perché il Governo, già con questa manovra, torni a puntare sulla sanità, sui suoi professionisti, per garantire ai cittadini il diritto alla tutela della salute». E ieri anche Papa Francesco, rivolgendosi ai membri dell’associazione otorinolaringologi ospedalieri italiani e della federazione italiana medici pediatrici, ha lanciato il suo appello: «La situazione della sanità in Italia si trova ad attraversare una nuova fase di criticità che sembra diventare strutturale. Si registra una costante carenza di personale, che porta a carichi di lavoro ingestibili e alla conseguente fuga dalle professioni sanitarie». E ricordando poi che «il diritto alla salute fa parte del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che è sancito dalla Costituzione italiana quale diritto dell’individuo, cioè di tutti, nessuno escluso, specialmente dei più deboli, e quale interesse della collettività, perché la salute è un bene comune», ha elogiato i presenti. «Insieme ai tanti professionisti della sanità, costituite una delle colonne portanti del Paese», ha voluto evidenziare il Pontefice.
(Totaleu)
Lo ha detto il Ministro per gli Affari europei in un’intervista margine degli Ecr Study Days a Roma.
Getty Images
Ed è quel che ha pensato il gran capo della Fifa, l’imbarazzante Infantino, dopo aver intestato a Trump un neonato riconoscimento Fifa. Solo che stavolta lo show diventa un caso diplomatico e rischia di diventare imbarazzante e difficile da gestire perché, come dicevamo, la partita celebrativa dell’orgoglio Lgbtq+ sarà Egitto contro Iran, due Paesi dove gay, lesbiche e trans finiscono in carcere o addirittura condannate a morte.
Ora, delle due l’una: o censuri chi non si adegua a certe regole oppure imporre le proprie regole diventa ingerenza negli affari altrui. E non si può. Com’è noto il match del 26 giugno a Seattle, una delle città in cui la cultura Lgbtq+ è più radicata, era stata scelto da tempo come pride match, visto che si giocherà di venerdì, alle porte del nel weekend dell’orgoglio gay. Diciamo che la sorte ha deciso di farsi beffa di Infantino e del politically correct. Infatti le due nazioni hanno immediatamente protestato: che c’entriamo noi con queste convenzioni occidentali? Del resto la protesta ha un senso: se nessuno boicotta gli Stati dove l’omosessualità è reato, perché poi dovrebbero partecipare ad un rito occidentale? Per loro la scelta è «inappropriata e politicamente connotata». Così Iran ed Egitto hanno presentato un’obiezione formale, tant’è che Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha spiegato la posizione del governo iraniano e della sua federazione: «Sia noi che l’Egitto abbiamo protestato. È stata una decisione irragionevole che sembrava favorire un gruppo particolare. Affronteremo sicuramente la questione». Se le Federcalcio di Iran ed Egitto non hanno intenzione di cedere a una pressione internazionale che ingerisce negli affari interni, nemmeno la Fifa ha intenzione di fare marcia indietro. Secondo Eric Wahl, membro del Pride match advisory committee, «La partita Egitto-Iran a Seattle in giugno capita proprio come pride match, e credo che sia un bene, in realtà. Persone Lgbtq+ esistono ovunque. Qui a Seattle tutti sono liberi di essere se stessi». Certo, lì a Seattle sarà così ma il rischio che la Fifa non considera è quello di esporre gli atleti egiziani e soprattutto iraniani a ritorsioni interne. Andremo al Var? Meglio di no, perché altrimenti dovremmo rivedere certi errori macroscopici su altri diritti dei quali nessun pride si era occupato organizzando partite ad hoc. Per esempio sui diritti dei lavoratori; eppure non pochi operai nei cantieri degli stadi ci hanno lasciato le penne. Ma evidentemente la fretta di rispettare i tempi di consegna fa chiudere entrambi gli occhi. Oppure degli operai non importa nulla. E qui tutto il mondo è Paese.
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