2018-11-13
Pronto il contropiede di Giorgetti per stoppare il regno dei procuratori
Entro la primavera 2019 una legge metterà mano ai conflitti di interessi. Incontro con Giovanni Malagò per appianare le divergenze.«Chi la fa l'aspetti». C'è un motto vecchio come il mondo dietro la rivoluzione architettata con paziente determinazione dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che entro fine anno sfilerà la cassaforte dello Sport italiano (370 milioni solo l'anno prossimo) dalle mani del Coni di Giovanni Malagò. Il potente numero due della Lega sta prendendo la rincorsa dall'autunno scorso, quando il presidente del Coni aveva intravisto nella disfatta della Nazionale di calcio a San Siro contro la Svezia la possibilità di mandare a casa Carlo Tavecchio, commissariare la Federcalcio e allungare le mani sull'azienda sportiva più proficua d'Italia. Nelle ore del lutto per l'eliminazione dalla corsa al mondiale, Malagò andò da Fabio Fazio, chiese la testa di Tavecchio («il presidente si dovrebbe dimettere»), si fece portavoce del renzianissimo plenipotenziario di governo Luca Lotti, azzerò le cariche e commissariò il pallone con i suoi 100 milioni di tesoretto. Uno scacco al re che dopo le elezioni del 4 marzo è diventato un boomerang, uno scacco matto al contrario. Il motivo strategico della riforma è tornare a uno sport con finalità sociali, in grado di far crescere una base larga di giovani e non solo il campionissimo di turno, attraverso progetti mirati e bonus alle federazioni. E come sta scritto dentro la legge di bilancio «risulta altrettanto importante che il governo assuma con maggiore attenzione il ruolo di controllore delle modalità di assegnazione e di spesa delle risorse assegnate al Coni». Il motivo politico di questa rivoluzione è ridimensionare Malagò, percepito come un manager molto vicino al Pd e inviso ai 5stelle dopo le uscite anti Virginia Raggi, che si oppose alle Olimpiadi a Roma per paura che i 100 metri li vincessero i palazzinari.Così ora sarà il Coni ad essere privato della sua cassaforte. Chi la fa l'aspetti. La Coni Servizi scompare e al suo posto l'esecutivo ha introdotto nell'ultima manovra la creazione di una nuova società, diretta emanazione dal ministero dell'Economia e da palazzo Chigi (vale a dire da Giorgetti), che si chiama Sport e Salute spa. Già dal nome si intuisce lo scopo di un contenitore che deriva dal governo e controllerà il flusso di denaro verso le federazioni sportive. Il Coni non può sottrarsi all'accordo ma evita i salti di gioia ai quali non crederebbe nessuno. Dagli uffici al Foro Italico trapela nervosismo: «Ci stanno togliendo l'autonomia, quell'autonomia dalla politica che è sempre stata la nostra prerogativa». In realtà la politica ha sempre messo le tende dentro lo sport italiano, cavalcandone i successi, dileguandosi in seguito alle sconfitte e favorendo il potere di manager (da Arrigo Gattai a Franco Carraro, da Mario Pescante a Gianni Petrucci) di volta in volta equivicini - più che equidistanti - a democristiani, socialisti, berlusconiani, renziani.Ieri Giorgetti e Malagò si sono incontrati per appianare le divergenze e trovare una strada condivisa, senza strappi. Il sottosegretario ha confermato che «il governo non ha alcuna intenzione di scippare al Coni lo sport italiano», ma è evidente che il Coni dovrà cedere un po' della sua autonomia, pur avendo probabilmente un posto o due nel cda della nuova società Sport e Salute e pur potendo contare su 40 milioni garantiti all'anno per la gestione degli affari correnti. In un'intervista a Prima Comunicazione, Giorgetti ha parlato anche di bonus sport per le realtà minori («per esempio per ristrutturare o ritinteggiare gli spogliatoi o le palestre»), di semiprofessionismo per quelle società che non possono permettersi gestioni professionistiche (è il caso dell'intera Legapro), di riconoscimento giuridico della figura del professionista sportivo (istruttori e tecnici che operano per contro proprio, con una flat tax del 15%) e della riforma dei procuratori.Il tema è scottante, è un antico bubbone del calcio italiano. E quello che il sottosegretario di palazzo Chigi definisce «un provvedimento serio e rigoroso» dovrebbe arrivare entro primavera 2019 a normare un fenomeno talvolta opaco, che crea problemi di stabilità al calcio professionistico e da sempre è l'anticamera di sospetti e scandali. I procuratori sportivi oggi sono potentissimi, sono in grado di sostituirsi ai club nelle strategie di potenziamento delle squadre, di favorire o impedire operazioni. Cristiano Ronaldo è alla Juventus perché lo ha deciso Jorge Mendes, Gianluigi Donnarumma rimarrà al Milan a 6 milioni di euro all'anno fino a quando la situazione andrà bene a Mino Raiola. È tutto ciò dipenderà, per esempio, dalla volontà dei rossoneri di farsi carico dell'autunno dorato di Zlatan Ibrahimovic, altro cavallo della scuderia di Raiola. Di fronte allo strapotere dei procuratori, Giorgetti ha pronta una legge in cui verrà circoscritta «la rappresentanza a una sola delle parti in causa, evitando contrapposizioni e conflitti di interesse che ad oggi caratterizzano molti casi». È il punto chiave; oggi più che procuratori veri e propri dominano i mediatori, che incassano commissioni da giocatori assistiti e anche dai club, con conseguenti situazioni di opacità. «Servirà mettere a punto maggiori controlli sui flussi finanziari», sottolinea il braccio destro di Matteo Salvini, che tifa per la Pallacanestro Varese e la squadra di calcio inglese del Southampton. E per questo si attira amabilmente gli sfottò dei leghisti della vecchia guardia, i quali lo accusano di «non tifare almeno per il Northampton».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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