
Il Professore rilascia un'intervista al Corriere in cui torna sulla possibilità d'essere eletto al Quirinale e benedice le sardine. Ma soprattutto si esalta per il crollo del costo della nostra manodopera: «Un tempo era 40 volte Pechino, adesso soltanto tre».Istruzioni per aspiranti candidati al Colle. Prima regola: dire che si è disinteressati al Colle. Romano Prodi s'adegua e concede un'ampia intervista al Corriere della Sera, dove parla di passato, presente, futuro, Emilia Romagna, sardine, Europa, con un unico scopo: dire, per l'appunto, che non è interessato al Colle. Un po' come quelle fidanzate che sono state mollate dal ragazzo e mentre giurano: «non m'interessa più», stanno telefonando alla Maga Genoveffa per farsi preparare un filtro d'amore. Chi ci crede? Ma sì: se le parole fossero salumi, le bugie sarebbero Mortadella.Tanto è vero che, un istante dopo aver detto che al Quirinale non ci pensa più, l'ex leader dell'Ulivo torna a pensarci. E infatti ricorda con sofferenza i 101 franchi tiratori che nel 2013 gli impedirono di coronare il sogno presidenziale. Che ci volete fare? Si sa che la lingua batte dove il Colle duole. Però, a parole no, a parole il Colle non interessa a Prodi perché lui è soltanto un nonno, anzi un «nonno felice». E verrebbe voglia di credergli (oserei dire: di sperarlo), ma ci sono alcuni indizi che non depongono a favore dell'ipotesi pensionamento. Per esempio: un «nonno felice» al massimo parla dell'instabilità del tempo, Romano Prodi invece parla della stabilità del sistema maggioritario. Un «nonno felice», se parla del futuro, al massimo, pensa quello dei suoi nipotini, Romano Prodi invece pensa a quello della Philip Morris. Un «nonno felice», se gli capita, fa l'umarell al cantiere per vedere come procedono i lavori della metropolitana. Romano Prodi, invece, fa l'umarell del cantiere della legge elettorale. E s'impegna anche molto, per essere in pensione: sta lì, osserva, puntualizza, dà consigli, anche non richiesti. E poi sprizza di nostalgia per il tempo in cui era lui a regnare nei palazzi delle istituzioni. «A me piaceva fare il premier», dice pieno di rimpianto per la poltrona importante. E vuol far crederci che non sta covando il sogno di averne un'altra di poltrona? E ancor più importante? Figuriamoci. In realtà lo sta covando a tal punto che già si sente quasi presidente incaricato. È come se avesse iniziato a modo suo le consultazioni. E infatti dispensa suggerimenti all'alleanza giallorossa per evitare la crisi, come accadde a lui con Bertinotti. Così, suggerimento dopo suggerimento, infila una serie di frasi scontate come la carta igienica al discount (niente «dogmatismi», non far prevalere «l'interesse particolare», fissare «obiettivi vitali» più forti delle «ragioni di rottura»…). E poi arriva finalmente al punto cruciale: bisogna, dice, «passare dall'odio all'amore». Niente meno. Ma come è possibile? Ovvio: con l'economia. «L'economia deve essere il vero campo da gioco», dice prendendo tutti in contropiede. In effetti: come avevamo fatto a non pensarci? Se odi qualcuno, pensa all'economia e diventa subito amore. Non lo sapevi? È matematico. Dal sex appeal al sex a Pil, il passo è breve. Qui, però, fate attenzione perché l'uomo che non pensa al Colle pensando al Colle spara fra le righe la mortadellata maxima. Infatti si entusiasma per il fatto che il costo del lavoro italiano «è grandemente inferiore rispetto a quello tedesco e francese», ma soprattutto che esso ormai «è meno lontano da quello cinese». Un tempo, dice infatti, «il nostro era 40 volte il costo del lavoro di Pechino, ora 2,5-3 volte. Non siamo a costo pari ma ci stiamo avvicinando…». Evviva, evviva: non è una notizia meravigliosa? Da festeggiare? Finalmente i lavoratori italiani sono pagati quasi come i cinesi, sembrava impossibile e invece ce l'abbiamo fatta. Non c'è di che essere fieri? Tutto ciò naturalmente anche grazie all'euro e all'Ue. Del resto Prodi l'aveva anticipato al Financial Times quando nacque la moneta unica: «Sono sicuro che ci costringerà a introdurre nuovi strumenti di politica economica. Proporli adesso è politicamente impossibile. Ma un bel giorno ci sarà una crisi e si creeranno per forza…». Eccoli qui: i nuovi strumenti di politica economica sono stati creati. Abbiamo ridotto gli stipendi a livello cinese: non è quello che si voleva? Ora il «nonno felice» si stupisce perché, una volta, quando andava a insegnare in Cina la prima domanda che gli facevano era sull'Unione europea, adesso invece dell'Unione europea non gliene parla più nessuno. Per forza: chi è che ancora quel pazzo che vuole prendere a modello un'Unione che ha ridotto in povertà chi ha avuto la sventura di unirsi? Ma perché un qualsiasi lavoratore del mondo dovrebbe vedere con favore un sistema che permette (se non favorisce) la riduzione degli stipendi al valore di una scodella di riso? Per fortuna il «nonno felice», l'umarell del salario ridotto, ha una soluzione per tutto, dall'economia alla politica estera. «Il problema è che l'Italia ha perso il ritmo», dice, dall'alto della sua esperienza politica vissuta al passo di rumba. Per il resto, invece, è il solito valzer di ricordi, gli incontri con Helmut Kohl, una battuta (riciclata) su Luigi Di Maio, le elezioni in Emilia Romagna con la previsione di vittoria per il candidato del centrosinistra Stefano Bonaccini e ovviamente le sardine. Alle domande su queste ultime Prodi risponde con il solito tono e con abbondante bonomia che, come è noto, gli gronda dagli artigli. Andrà in piazza con loro il 19?, gli chiedono. E lui: «No, perché non voglio danneggiarle». C'è lei dietro questa iniziativa? E lui: «Magari fossi stato in grado io di creare un movimento del genere». Capito? Non va in piazza perché non vuole danneggiare le sardine e avrebbe voluto essere il fondatore ma non ne è stato capace. Un po' come dire che non gli interessa il Colle. Credibile uguale.
Elly Schlein (Ansa)
Il nuovo scopo del campo largo? Cavalcare il disagio nelle sue roccaforti boicottando la riforma. Roberto Calderoli: «Governo anti-Meridione, ora ribellatevi». Ma il divario col Nord è figlio delle pessime amministrazioni dem.
Elly Schlein vince al Sud. Come era accaduto alle Europee di un anno e mezzo fa. E subito parte la nuova battaglia, messa da parte quella green e quella per la Palestina a bordo della Flotilla: no all’autonomia. Con lei subito scendono in campo Roberto Fico, neo presidente della Campania, e Michele Emiliano, governatore uscente della Puglia. Insomma, il campo largo trova un altro motivo per stare al mondo: boicottare la riforma Calderoli. Riforma che invece piace non solo in Veneto, visto l’exploit della Lega che ha doppiato Fratelli d’Italia, ma anche in Lombardia, Piemonte e Liguria che la scorsa settimana hanno siglato le pre-intese per avere la gestione in autonomia della protezione civile, delle professioni, della previdenza complementare e di alcune voci legate al fondo sanitario, cioè soldi che sono in cassa ma che per qualche motivo burocratico che non si capisce chi l’abbia scritto non si possono spendere.
Nel riquadro una foto tratta da Google Maps del Parco di Tor Tre Teste, a Roma (iStock)
I due giovani sono stati accerchiati e rapinati. Poi la violenza. Caccia agli altri membri.
Hanno abusato sessualmente di una giovane di appena 18 anni che si trovava in auto con il suo fidanzato. La notizia della terribile violenza sessuale si diffonde nel giorno in cui si celebra la Giornata contro i femminicidi e qualsiasi violenza contro le donne. Mentre in tutta Italia si svolgono cerimonie ed eventi, il Paese viene a conoscenza dell’ennesimo, brutale episodio di violenza sessuale.
Nichi Vendola, candidato al consiglio regionale della Puglia per Avs, mentre vota al seggio di Terlizzi (Ansa)
La Puglia rinnega il suo ex presidente «mammo», che con Avs è fuori dal Consiglio. Flop in Campania per la donna incubo di Sangiuliano: 160 voti. Veneto, Rizzo delude.
Chiusi i seggi, conti fatti. La lunga corsa delle Regionali 2025 è terminata, adesso è il momento dei riequilibri di potere. Dentro alle coalizioni così come dentro ai partiti. Il Veneto va al centrodestra, per dirla meglio, al Carroccio. Alberto Stefani ottiene il 64,39% dei voti. Lega, primo partito, ottiene il 36,28% (pari a 19 seggi all’interno del Consiglio regionale). Fratelli d’Italia il 18,69% (nove seggi). Forza Italia il 6,3%, tre seggi. Noi moderati con l’1,12% non ottiene alcun seggio.
Matteo Renzi (Imagoeconomica)
Il «Rottamatore» insiste per una Casa riformista, ma gli elettori non vogliono entrarci.
Cerco un centro di gravità permanente, cantava Franco Battiato e diceva (parafrasiamo, non fate i pignoli) il consigliere di Sergio Mattarella, Francesco Saverio Garofani, nel famoso pranzetto romanista. Il centro, o una lista civica nazionale, o un partito moderato, o la nuova Margherita, fate voi: quello che manca al centrosinistra per diventare competitivo alle prossime Politiche del 2027 è una specie, per dirla molto semplice, di «Forza Italia di sinistra», un partito moderato che riesca a raggranellare un 8-10% di voti da portare in dote al centrosinistra attuale, che poi in realtà è una sinistra-sinistra a trazione Landini-Schlein-Conte-Bonelli-Fratoianni.






