2024-03-13
I primi a non fidarsi dei magistrati sono i magistrati
Ci mancava soltanto il Corvo. Come se nell’inchiesta di Perugia non bastassero i misteri e gli spioni, nel Palazzo di giustizia umbro spunta pure un anonimo spargitore di veleni. Una gola profonda che qualche tempo fa recapitò a chi di dovere un esposto senza firma in cui si denunciavano gli stessi magistrati.Essendo sconosciuto il mittente, la denuncia non ebbe seguito. Tuttavia, le rivelazioni contribuirono a disseminare dubbi negli uffici giudiziari, perché il sospetto di molti fu che la lettera non arrivasse dall’esterno, ma dall’interno, cioè fosse stata scritta da qualcuno che conosceva molto bene l’ambiente delle toghe. Manco a dirlo, qualche tempo dopo alcuni allegati furono trovati nel pc di un cancelliere, che guarda caso è lo stesso funzionario accusato di aver fatto uscire le carte di certi processi, recapitandole presso talune redazioni. Un impiegato sul cui telefono vennero poi anche ritrovati i messaggi scambiati con pm e giudici, con commenti non proprio teneri nei confronti di altri colleghi togati. Insomma, un verminaio. Altro che amministrazione della Giustizia: a leggere le carte si ha la sensazione che in quelle stanze si somministrassero i veleni. Ma soprattutto si percepisce che non fossero i cittadini a non avere fiducia nel sistema giudiziario, ma le stesse persone che di quel sistema facevano parte.Ovviamente ancora adesso nessuno sa chi sia il Corvo, né per quale ragione abbia inviato un esposto carico di veleni. La sola cosa certa è che il palcoscenico dei conflitti e degli intrighi è la Procura che in questo momento è considerata la più importante d’Italia e dalla quale dipendono inchieste che fanno tremare il mondo della politica e dell’informazione. Nel capoluogo umbro, infatti, sono incardinate le indagini sulle migliaia di accessi abusivi realizzati da un finanziere in servizio alla Direzione nazionale antimafia e che stanno facendo sospettare che esistesse una centrale di dossieraggio pronta a colpire avversari politici e personaggi famosi. Sempre da Perugia è partita l’altra fuga di notizie, quella che ha coinvolto un cancelliere, il quale faceva da ufficiale di collegamento con alcune redazioni, spifferando ai giornali ogni dettaglio sulle indagini in corso. E sempre nel Palazzo di giustizia perugino a quanto pare opera un Corvo. Visto tutto ciò, si capisce perché il procuratore generale Sergio Sottani lunedì abbia sentito l’urgenza di un comunicato stampa che rimettesse un po’ in ordine le cose, promettendo di vigilare su ciò che sta accadendo e, se del caso, avviare un’azione disciplinare nei confronti di coloro che avessero violato le regole e gettato ombre sull’amministrazione della Giustizia. Parole che pare abbiano destato sorpresa, perché non capita tutti i giorni che un alto magistrato dica di essere pronto a denunciare i colleghi al Csm. Del resto, non succede neppure quotidianamente che un procuratore capo senta a sua volta l’urgenza di correre a testimoniare su un’inchiesta in corso di fronte alla commissione Antimafia e a quella che vigila sui servizi segreti. I magistrati di solito mantengono il riserbo sull’inchiesta, ma forse in questo caso loro stessi si sono resi conto che il segreto era già saltato da un pezzo, al punto che non solo sulle pagine dei giornali ogni giorno finiva qualche dettaglio a proposito della fuga di notizie sui dossieraggi, ma l’argomento era ormai oggetto del dibattito politico. Del resto, lo stesso responsabile della Procura umbra ha ammesso la gravità della situazione, lasciando intendere che forse quello che abbiamo visto è solo una parte del problema, perché se è così facile spiare i ministri, figuratevi che cosa può accadere a un comune cittadino per qualsiasi cosa, anche per un banale contenzioso con chi può accedere liberamente e illegalmente alle banche dati della Giustizia.Sì, più si approfondisce la vicenda e più non soltanto emergono dettagli allarmanti, che giustamente hanno fatto saltare sulla sedia il procuratore capo, quello antimafia e pure il procuratore generale, ma più si comprende come a Perugia forse ci sia qualcosa da approfondire. Lo so, ormai non si usa quasi più, per evitare di essere accusati di ledere l’autonomia della magistratura, ma in altri tempi nel Palazzo di giustizia del capoluogo umbro sarebbero già al lavoro gli ispettori del ministero, allo scopo di accertare i fatti. I tribunali dovrebbero essere di regola palazzi trasparenti. Su Perugia, tra corvi, falchi e spioni, invece, incombono le ombre. E forse ora è il caso di diradarle.