2021-02-27
Non ci danno i vaccini ma parlano già di passaporti
Mentre nell'Ue, e in particolare in Italia, la somministrazione procede con il contagocce, Bruxelles studia il lasciapassare sanitario. Dopo l'Austria anche la Grecia spinge per assicurarsi turisti estivi. Con questi ritardi però gli italiani rischiano di essere discriminati.Nuovi dpcm, nuove ordinanze, sos varianti, terapie intensive in affanno, Rt in risalita, semaforo giallo, rosso e pure arancione rinforzato. Il nastro sembra riavvolgersi all'infinito. Se a marzo 2020 il primo lockdown - quello dell'«andrà tutto bene» - era reso più sopportabile dal sapere che prima o poi sarebbe finito, questo stop and go perenne lascia pensare che andrà sempre peggio. Soprattutto per chi non lavora. Eppure da quasi tre mesi abbiamo i vaccini. Quelli, nonostante la narrazione arcuriana sostenuta fino a poche settimane fa dalla grancassa del governo Conte, ci sono. I colli di bottiglia non riguardano più le dosi, ma le somministrazioni. Che procedono ancora a rilento, basta vedere le scorte rimaste in Italia e il caos sui target nelle diverse Regioni. Per questo sembrerebbe avere poco senso l'idea di un passaporto vaccinale rilanciata durante il summit tra i 27 capi di governo dei Paesi Ue. Bruxelles si è presa tre mesi di tempo per mettere a punto tecnicamente un certificato che consenta di far tornare gli europei a viaggiare. Al momento l'ipotesi di lavoro è quella di creare un database comune per la registrazione delle vaccinazioni e un codice Qr personalizzato riconosciuto in tutti gli Stati membri. Nello sviluppo la strada sembra quella suggerita dalla Francia di Emmanuel Macron, che sta pensando a un pass sanitario in patria per riaprire musei, cinema e ristoranti. Il compito di realizzare il sistema europeo interoperabile è stato affidato a un gruppo di esperti interno alla Commissione Ue e guidato dal commissario per la Giustizia, Didier Reynders. Il certificato digitale, pensato per essere conservato sugli smartphone, conterrà informazioni semplici e rilevanti per attraversare i confini, come l'avvenuta vaccinazione, la negatività a un test Pcr o l'immunità al Covid-19 acquisita contraendo la malattia. Prima, però, bisogna vaccinare. È una questione di rischio, spiegano gli esperti: se abbassi il rischio al punto da farlo diventare gestibile, sei tornato alla normalità. Meglio in questa fase procedere con tamponi a raffica, ovvero con gli strumenti diagnostici indispensabili per limitare i contagi su cui comunque va recuperato terreno: già oggi avremmo infatti dovuto avere un sistema affidabile al 95% che in cinque minuti ci consenta di testare l'eventuale positività al Covid.Sul passaporto vaccinale restano anche le divisioni all'interno dell'Europa. «La strada è aperta», ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, nonostante restino vari interrogativi. L'obiettivo è infatti scongiurare misure unilaterali, come quelle ventilate dal cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, e dal greco Kyriakos Mitsotakis, che punta a riportare il turismo nel Mediterraneo per la prossima stagione estiva. E che ieri è tornato sulla questione mettendo in guardia sull'intervento del settore privato, e in particolare delle grandi aziende della tecnologia nello sviluppo di pass Covid per tornare a viaggiare. «Se non lo facciamo come Ue, e se non lo facciamo al più presto, altri, come le Big tech lo faranno per noi», ha avvertito. Il punto ora è che la Grecia spinge perché ha pochi contagi e vuole garantirsi la stagione turistica estiva a scapito di Spagna e Italia. Qui sarebbe complicato da giugno in poi aprire le spiagge solo a quelli che hanno passaporto vaccinale, garantendo che il sistema funzioni anche per gli under 16 che possono comunque diffondere il virus. I vaccini non sono come i tamponi: si possono fare solo quando arriva il proprio turno. «Fino a quando i vaccini anti Covid non ci saranno per tutti, l'idea di un certificato che consenta a chi è già vaccinato di viaggiare rischia di creare cittadini di serie A e serie B», ha commentato ieri Alfonso Celotto, docente di diritto costituzionale alla facoltà di giurisprudenza all'università Roma Tre, bocciando la proposta di Bruxelles. «L'esigenza è sempre la stessa: bilanciare l'esigenza di far ripartire l'economia, il lavoro e, in questo caso il turismo, con la parità di trattamento per tutti i cittadini. E la nostra Costituzione vieta discriminazioni sulla base delle condizioni personali e sociali». Il costituzionalista cita l'esempio dei bambini e dei vaccini da fare obbligatoriamente, senza i quali non si può essere ammessi a scuola. «Per loro sì che si può certificare se gli è stato somministrato o meno quel vaccino: se non l'hanno fatto è perché i genitori hanno scelto di non farglielo fare, non perché non era disponibile. Inevitabile allora che sia contemplata anche una sanzione». Ma i vaccini anti Covid al momento non ci sono per tutti. E probabilmente non ci saranno nemmeno tra tre mesi. Il passaporto vaccinale allo stato possono permetterselo solo quei Paesi come Israele che nel giro di qualche settimana completeranno la campagna. Senza dimenticare che le strategie vaccinali non sono le stesse in tutta l'Ue, ciò aumenterebbe il rischio di discriminazione per motivi non imputabili alle persone. Meglio sarebbe, allora, una specie di «foglio rosa» quando è il turno della categoria in cui si viene inseriti prima della somministrazione di massa. O appunto un pass sanitario alla francese che dimostri i tamponi fatti, i risultati dei test ed eventualmente anche la vaccinazione, che sarebbe però un elemento aggiuntivo e non condizionante.