2022-06-30
Pranzi, mail e chat: ecco le «prove» di Palamara per sconfessare Salvi
L’ex pm risponde con una querela al pg prossimo pensionato che lo ha citato in sede civile per diffamazione. «Lo incontravo per la nomina a procuratore generale in Cassazione e non per il problema della mia scorta».Chi mente? A quasi tre anni dall'esplosione del caso Palamara, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, prossimo alla pensione, ha reso noto di avere fatto causa all’ex presidente dell’Anm e quest’ultimo, a sua volta, ha annunciato querela. Ora bisognerà capire chi abbia ragione. E come leggerete in questo articolo, anche noi abbiamo provato a dare un contributo alla soluzione della diatriba, interpellando i diretti interessati. Con risultati abbastanza sorprendenti. Ma partiamo dall’ultimo casus belli.Ieri, come aveva già fatto l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, Salvi ha deciso di affidare il proprio testamento professionale al Corriere della sera, lo stesso giornale che, nel 2019, aveva partecipato all’incredibile fuga di notizie sul Palamara-gate che aveva portato alle dimissioni del predecessore di Salvi, Riccardo Fuzio, poi assolto nel procedimento penale per supposta rivelazione di segreto.Nell’intervista Salvi ha smentito per l’ennesima volta di aver cercato spintarelle per la propria carriera: «È falso che io abbia mai chiesto a Palamara aiuto per me o per altri, in nessuna occasione. Ciò dovrebbe essere chiaro a chiunque sia in buona fede: in 60.000 messaggi delle chat non c’è un solo scambio con me; i pochi che a me si riferiscono non mi sono certo favorevoli». Qui arriva la prima sorpresa. Infatti il cellulare di Palamara, a quanto ci risulta e al contrario di quanto affermato da Salvi, conterrebbe conversazioni dirette tra i due. Ma andiamo avanti. Il magistrato, sul quotidiano di via Solferino, fa riferimento a una colazione di cui aveva dato conto questo giornale: «Quanto all’incontro e al pranzo con Palamara, non nasceva da una mia esigenza, ma da una legittima richiesta di Palamara relativa alla sua scorta, di competenza anche dell’ufficio che dirigevo allora (la Procura generale della Corte d’appello, ndr). Nulla ho sollecitato, neppure in quella occasione, lontana peraltro sei mesi dalle votazioni». La replica di Palamara, arrivata a stretto giro, è stata particolarmente puntuta: «Le chat smentiscono il racconto di Salvi. Non sono stato io a cercarlo ma fu lui ad invitarmi su una terrazza romana. L’incontro era finalizzato a stabilire un primo concreto contatto per la successione a Lello Ciccolo finalizzato ad ottenere l’appoggio di Unicost. L’incontro venne fissato prima dell’ora di pranzo per un aperitivo poi si aggiunse anche una coppia di amici di Salvi, marito e moglie notaio. Venni invitato a fermarmi a pranzo. Declinai cortesemente l’invito e rimanemmo con Salvi che ci saremmo aggiornati anche nei giorni successivi come si evince dalle chat». Quindi il menù dell’appuntamento non era la scorta? «Salvi mente sapendo di mentire perché il pranzo è del 23 giugno 2017 mentre il tema della scorta viene affrontato a partire dal 7 luglio 2017 e la questione venne da lui delegata a Federico De Siervo. Ovviamente gli incontri per la nomina a diventare procuratore generale continuarono e si intensificarono nel mese di novembre 2017. Su questo ovviamente ho le prove». Il 7 luglio, in effetti, Salvi e Palamara disquisiscono della scorta e il primo informa il secondo che la richiesta di proroga non è passata dal proprio ufficio. Una settimana dopo l’ex presidente dell’Anm ringrazia Salvi per la sua «attenzione». Risposta: «Non ti preoccupare. Dovere e mi fa piacere». Il 17 luglio Salvi scrive al collega: «La misura è prorogata al 30 settembre. Poi ne dobbiamo parlare un momento». La votazione in commissione per il posto di pg della Cassazione (conquistato da Fuzio, sostenuto da Palamara e dall’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone) risale al 14 dicembre 2017.Il 7 novembre Salvi manda questo messaggio: «Ciao Luca. Chiamami quando puoi. Nulla di preoccupante». Il 30 dello stesso mese spedisce un altro sms: «Quando ci vediamo?». Dopo due ore domanda: «Possiamo spostare alle 15 e 30?». Dieci minuti prima dell’appuntamento, informa l’interlocutore: «Ti aspetto su».A smentire che tra i due non ci fossero contatti e buoni rapporti è una mail del 16 gennaio 2016, quando Salvi scrive a Palamara: «Caro Luca, sperando di farti cosa gradita ti mando l’intervento (che ovviamente restringerò molto nel discorso orale) per l’inaugurazione (dell’anno giudiziario, ndr). Sono molto contento che ci sia tu. A presto». Palamara: «Grazie caro Giovanni la leggerò…».Salvi con il Corriere ha annunciato di aver fatto causa all’ex collega: «C’è stato un evidente tentativo di Palamara di trascinarmi in una artificiosa polemica con un incolpato, ma ora, cessando dal mio incarico, potrò finalmente agire in sede giudiziaria contro queste falsità. In questi giorni ho promosso l’azione nei confronti di Palamara e Sallusti». I quali, a suo giudizio, con i loro libri, avrebbero tentato di «delegittimare l’intera funzione giurisdizionale per creare il convincimento che certe decisioni di grande rilievo e risonanza derivassero da motivazioni politiche».Poche ore dopo la pubblicazione dell’intervista, le agenzie hanno diramato la notizia della decisione di Palamara di rispondere all’ex collega con una querela penale. Il motivo? Lo ha spiegato lo stesso ex presidente dell’Anm: «Salvi sostiene l’esistenza di un disegno sotteso ai libri per infangare l’istituzione giudiziaria. Il mio racconto invece non riguarda la parte sana della magistratura, ma quella correntizzata e politicizzata, la stessa che in maniera ipocrita e direi risibile, come nel caso della non intervista rilasciata al Corriere della sera, nega quali realmente siano stati i meccanismi interni alla magistratura».Poi l’ex consigliere del Csm ha insistito: «La realtà nei suoi dettagli e per i risvolti famigliari è ben peggiore del racconto essenziale e sintetico che ho già scritto nel libro». Che cosa intende? Su questo punto l’ex pm preferisce rimanere sibillino: «Alla base dei trasferimenti e delle progressioni di carriera può anche esserci la necessità di ricongiungimenti familiari». Il riferimento è probabilmente al trasferimento di Salvi da Catania a Roma, dove lo stesso aveva la famiglia.Nella sua intervista l’alto magistrato ha negato di aver favorito «condoni» nei confronti delle decine di magistrati che avevano chiesto, scrivendo a Palamara, aiutini per se stessi o per altri. Anzi con il Corriere ha specificato: «Contrariamente alla favola che abbia pagato solo Palamara, sono state fino a questo momento 29 le azioni esercitate, 20 i rinvii a giudizio e 14 le condanne, alcune definitive».Palamara non ci sta: «Non sarò il capro espiatorio, ma al contrario dell’intervistatore, io sarò curioso di conoscere le motivazioni dei provvedimenti di archiviazione dei tanti magistrati che a dire di Salvi sono stati coinvolti nei procedimenti predisciplinari».Di fronte al nostro tentativo di ottenere ulteriori spiegazioni, il pg uscente ha tagliato corto: «Le critiche al mio operato sono sempre legittime e possono anche essere utili, quando non pretestuose. Purché esse non siano poste in relazione a miei pretesi interessi personali. Da questo momento agirò nei confronti di chiunque continui a infangarmi, anche con insinuazioni. Ho già detto con chiarezza che mai e per nessuna ragione ho chiesto alcunché a Palamara, né per me né per altri».