2022-06-07
«Il salario minimo potrebbe ridurre i posti di lavoro»
Emmanuele Massagli (Youtube)
Il presidente del centro studi Adapt Emmanuele Massagli: «C’è già il minimo tabellare previsto dai contratti collettivi che supera i 9 euro. Questa norma non funzionerà, anzi sarà demotivante».Nel nostro Paese il salario minimo non funzionerà e avrà l’effetto di incrinare il mercato del lavoro per i settori più poveri. D’altronde, già esiste. È quello previsto dai minimi tabellari dei contratti collettivi. La Verità ne ha parlato con Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, centro studi fondato da Marco Biagi nell’ambito delle relazioni industriali e del lavoro. In Italia il salario minimo funzionerà? «Io non credo che funzionerà. L’effetto più probabile è che demotivi fortemente e rischi di impoverire il mercato del lavoro. In questo momento quella del salario minimo viene presentata come la soluzione unica per contrastare il lavoro povero e il problema dei bassi salari. Ma non è questa la sua funzione. Al massimo, può avere la funzione di mettere fuorilegge quei compensi che stanno al di sotto di quello che la Costituzione chiama equo compenso. Ma non ha nulla a che fare con l’innalzamento del livello medio dei salari. Dobbiamo chiederci quali sono gli abusi che ci sono in Italia. In realtà noi abbiamo un salario minimo assolutamente conforme alla normativa europea ed è il minimo tabellare dei contratti collettivi di riferimento, una norma prevista dalla giurisprudenza. Perché l’Italia è tra i pochi Paesi a non avere una regolamentazione in materia?Noi non la abbiamo perché esiste una copertura della contrattazione collettiva che non ha nessun altro Paese europeo. Oltre il 90% dei contratti applicati in Italia oggi ha minimi superiori all’unica norma emersa in materia di recente. Sono i 9 euro l’ora previsti dal disegno di legge Catalfo. Bisogna capire come si vuole fare l’intervento. Il legislatore ha due strade: si identifica un valore economico preciso e orario come fa la Germania, giunta a 12 euro rispetto ai 9 con cui era partita. Qui il rischio è che, se il valore è troppo basso, già quindi inferiore a quanto già praticato dai contratti collettivi, allora la norma non serve a nulla. Se il valore è alto, allora questo espelle dal mercato un certo numero di aziende e di settori. Si tratta, dunque, di una scelta molto delicata. L’altra strada è dire che il minimo è quello del contratto collettivo imposto per legge, applicando il contratto collettivo a tutti. Se ricorriamo a questa seconda ipotesi, però, allora il giudice ci deve dire qual è il salario minimo di riferimento e il contratto collettivo da seguire. Questo, però, ribalterebbe tutte le relazioni industriali perché non saremmo più di fronte a una pluralità di sigle sindacali e datoriali, ma resterebbero solo quelli che la legge riconoscerà come rappresentative. Il tema del salario minimo oggi è, quindi, comunicato come una cosa ovvia, per la quale c’è da stupirsi che non venga messo in atto. Nella pratica può essere inutile o deflagrante per alcuni settori. Potrebbe quindi portare anche alla riduzione dei posti di lavoro. Senza considerare che questo comporterebbe un controllo legislativo nella rappresentanza sindacale, una cosa inedita per il nostro Paese». Qual è l’obiettivo del ministro Orlando? «Non si è capito tecnicamente cosa voglia fare il ministro. Un conto è dire che tutti i contratti di lavoro di un settore debbano rispettare i minimi del contratto sottoscritto dalle sigle più rappresentative. Un altro è dire che tutti i contratti di lavoro devono avere un costo orario sopra i 10 euro. Bisogna capire se si parla di lordo o di netto, oppure bisogna capire come contabilizzare ciò che non è salario, ma che ha valore economico, come ad esempio il welfare. Questa norma può influire sul 15-20% della forza lavoro italiana. Tutto questo in un momento di mancata ripresa. Si tratta, insomma, di un intervento non tempestivo che potrebbe deprimere il mercato del lavoro, invece che dargli nuovo ossigeno». Su quali criteri andrebbe calcolato in Italia, secondo lei?«Io credo che una cifra sia difficilmente individuabile. A meno che non si cerchi una somma che comprenda tutti i 40 contratti collettivi in Italia e se ne calcoli la media oraria. Si dovrebbe poi trovare una soglia più alta di quella media in modo da spingere i contratti più bassi a salire».