2023-07-31
Dal porno alle scommesse: ecco gli imprenditori del calcio che resistono ai fondi stranieri
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David Sullivan, proprietario del West Ham
Non ci sono solo arabi e americani nel mondo del calcio. L'inglese David Sullivan, patron del West Ham United, deve le sue fortune al business del mondo della pornografia mentre Matthew Benham che ha in mano il Brentford ha fatto la sua fortuna fornendo consulenza agli scommettitori.Due mesi fa dopo l'addio di Paolo Maldini, i tifosi del Milan protestavano contro la proprietà Red Bird per aver perso una storica bandiera. Ma ora dopo una campagna acquisti da più di 100 milioni di euro le proteste sono finite. Lo speciale contiene due articoli.La cessione del centrocampista Sandro Tonali alla squadra inglese del Newcastle per 80 milioni di euro ha aperto le porte del campionato italiano ai fondi illimitati degli sceicchi arabi. La squadra inglese a strisce bianco e nere, infatti, è di proprietà del Fondo di investimento pubblico PIf, di Ryad, con in pancia 320 miliardi di sterline. Ma non è l’unica in Premier League. Il campionato inglese resta infatti la competizione con la più alta percentuale di club di proprietà straniera, davanti alla Jupiler Pro League belga e alla Ligue1 francese. Oltre Manica, infatti, sono ben 15 su 20 le squadre di proprietà straniera, con gli Stati Uniti proprietari di ben nove club. La Bundesliga tedesca non ha proprietà straniere, anche perché ancorata alla regola del 50+1: i club tedeschi premiano l’azionariato dei tifosi. La Serie A invece ha il 35% di proprietà straniere. Ma in Premier League ci sono anche delle particolarità. Il Nottingham Forrest è in mano a Evangelos Marinakis, armatore e imprenditore greco, proprietario del Capital Maritime Group, è tra i maggiori operatori al mondo nel campo delle navi cargo con un patrimonio da 505 milioni di euro. Di lui si era parlato anche per l’acquisto del Monza Calcio dopo la morte di Silvio Berlusconi. Per non parlare del Southampton, dove il proprietario è Sport Republic di Dragan Šolak, un uomo d'affari serbo, magnate delle comunicazioni. La squadra belga del Sint-Truidense V.V. è di proprietà del colosso giapponese di elettronica Dmm. E poi in Francia, dove il Nantes è di proprietà del polacco Waldemar Kita che è diventato ricco grazie alle lenti a contatto. Ma c’è anche chi resiste, come David Sullivan, patron del West Ham United, storica squadra di Londra. Sullivan è un personaggio molto controverso in Inghilterra. Deve le sue fortune al business del mondo della pornografia, dove ha iniziato giovanissimo negli anni Sessanta e Settanta: periodo in cui il magnate del porno controllava metà del mercato delle riviste per adulti nel Regno Unito, tra cui i famosi Playbirds e Whitehouse. Vanta un patrimonio netto di 1,15 miliardi di sterline. La prima avventura di Sullivan nel calcio risale al 1993, quando acquistò il Birmingham City con David Gold e Ralph Gold. Nel 2010, Sullivan ha acquisito una quota del 50% nel West Ham insieme a David Gold. Il proprietario del West Ham ha resistito in questi anni alle sirene dei fondi esteri, anche se nel 2016 aveva promesso che avrebbe venduto la sua squadra solo al fondo di Pif di Mohammed Bin Salman. Manterrà la promessa? Ma di club inglesi con solo un proprietario c’è anche il Brentford di Matthew Benham o il Luton Town di David Wilkinson, imprenditori che hanno però patrimoni leggermente inferiori rispetto a quelli di Sullivan. Ma anche Benham è un personaggio molto particolare. Arrivato nel 2012, ha investito molto nel dipartimento di analisi del club, una decisione che si è rivelata di grande successo. È in pratica uno dei primi applicatori del Moneyballs, ovvero statistiche applicate al calcio, come sta cercando di fare Red Bird di Jerry Cardinale nel Milan in Italia. Benham credeva che i giovani giocatori avessero bisogno di almeno 35 partite per dimostrare il loro valore, una filosofia che non era condivisa da altri club. Di conseguenza, il Brentford ha eliminato la sua accademia giovanile e ha fatto affidamento su una squadra B di ragazzi dai 17 ai 20 anni. La strategia ha dato i suoi frutti, poiché il Brentford è stato promosso dalla League One all'English League Championship nel 2014 e poi in Premier League nel 2021. Il Brentford è tornato nella massima serie del calcio inglese per la prima volta dal 1993 e ora ha un valore di oltre 400 milioni. Benham ha fondato Smartodds, una società di ricerca statistica per giocatori d'azzardo professionisti. È una sorta di sindacato delle scommesse che dà consulenze ai suoi clienti attraverso analisi, algoritmi e statistiche. Quando acquistò il Brentford pagò solo 700.000 sterline, ora vale quasi mezzo miliardo di euro. Insomma, anche a chi non è arabo conviene investire nel mondo del calcio. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/porno-scommesse-imprenditori-calcio-resistono-2662595078.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-calcio-i-giocatori-simbolo-delle-squadre-servono-sempre-meno" data-post-id="2662595078" data-published-at="1690712578" data-use-pagination="False"> Nel calcio i giocatori simbolo delle squadre servono sempre meno È una storia difficile, complessa e dolorosa quella dei grandi giocatori di calcio diventati poi bandiere dei rispettivi club. Il licenziamento di Paolo Maldini, 23 stagioni con la stessa maglia, storico capitano del Milan, icona del tifo milanista e simbolo dell’ultimo scudetto, è purtroppo diventata una regola nella grande giostra del pallone. L’ex terzino, figlio di un altro grande simbolo rossonero come Cesare, è stato messo alla porta da Jerry Cardinale all’inizio di giugno. C’è chi sostiene che la risoluzione è stata consensuale. Che alla fine il proprietario americano avesse offerto a Maldini un ruolo da consulente togliendogli il ruolo di direttore tecnico, forse anche per il malumore interno alla società per il ruolo sempre più carismatico e centrale che aveva assunto.C’è chi dice che il grande capitano milanista volesse avere ancora più poteri sul mercato, magari potendo disporre di un budget più cospicuo e volesse persino mettere in discussione l’allenatore Stefano Pioli, cambiandolo magari con l’ex compagno di squadra Andrea Pirlo o con l’ex mister di Tottenham e Inter Antonio Conte. Ora a decidere l’acquisto di nuovi giocatori sarà l’algoritmo di Moneyballs, tramite dati e statistiche, dove l’ultima parola sarà presa proprio da Pioli. Sono retroscena che spesso non trovano conferme, ma che danno bene la tara su quanto sia difficile far convivere passione e amore per la maglia, con i bilanci di una squadra di calcio nel 2023. Maldini non è che uno dei tanti giocatori simbolo di club calcistici finiti in mezzo a polemiche societarie, litigi, licenziamenti, sofferenze soprattutto per i tifosi che se un mese fa scrivevano su twitter #cardinaleout ora invece festeggiano un calciomercato sontuoso, con il Milan che ha già comprato 8 nuovi giocatori investendo più di 100 milioni di euro. Ora sarà il campo a decidere se Cardinale, e in particolare il suo scudiero Giorgio Furlani, hanno avuto ragione. Forse i giocatori simbolo nel calcio servono a poco?Non è un caso che in molti club, invece, le cosiddette bandiere abbiano ruoli non operativi, restino solo dei simboli. Ne è un esempio Javier Zanetti, anche lui storico capitano nerazzurro, attuale vicepresidente dell’Inter che si appresta a disputare la finale di Champions League a Istanbul. A guidare l’area sportiva dei nerazzurri è Beppe Marotta, dirigente di grande esperienza con un passato tra Sampdoria e Juventus. Maldini l’aveva ripetuto spesso, se fosse tornato al Milan avrebbe voluto un ruolo di spessore, non certo quello di semplice figurina da mostrare ai tifosi. Ma così gira il pallone. Cosa dovrebbe dire Oliver Khan, portierone indimenticabile del Bayern Monaco (dal 1994 al 2008), fresco di vittoria dello scudetto all’ultima giornata in Bundesliga a danno degli storici rivali del Borussia Dortmund. È stato licenziato pochi giorni fa da amministratore delegato dei bavaresi nemmeno 24 ore dopo la conquista del titolo. E con lui è stato fatto fuori anche il direttore sportivo Hasan Salihamidzic, anche lui per dieci anni una colonna di uno dei Bayern Monaco più forti di tutti i tempi.Sulle difficoltà di Francesco Totti di entrare nella dirigenza della Roma si è già scritto moltissimo. Come sono note le difficoltà di Alessandro Del Piero di conquistare una scrivania nell’amministrazione della Juventus, in questi giorni impegnata in una dura resa dei conti di famiglia tra John Elkann e Andrea Agnelli. Ma anche Gigi Buffon non avrebbe disdegnato un posto da dirigente dei bianconeri. Il Napolista, testata online che segue oneri e onori del Napoli, anni fa scrisse un pezzo che titolava così. «Totti, Maldini: una bandiera come dirigente vuol dire stipendiare Dorian Gray». E si ricordava anche il capo di Ottavio Bianchi, ex allenatore dello scudetto 86-87 che negli anni del post Maradona si era fatto dare una scrivania a Soccavo per cercare di risollevare le sorti dei biancazzurri, senza successo. «Il dirigente Bianchi aveva acquisito crediti sportivi, ma da amministrativo non aveva studiato. E si vedeva». È dura la vita dei simboli. A Liverpool Steven Gerrard non ha mai trovato spazio. Eppure proprio lui dopo il ritiro nel 2015 lo aveva chiesto espressamente. «Sarei rimasto come dirigente».Anche al Real Madrid, che proprio Maldini aveva citato una volta in un’intervista come esempio dove le bandiere dei club di calcio riescono a convivere con le proprietà, Emilio Butragueno, storico 10 dei blancos, non ha avuto vita facile. Era entrato subito nella dirigenza del club nel 2001 come direttore generale, ormai a fine carriera, ma poi si era dimesso 5 anni dopo, nel 2006. Ora è ritornato come responsabile delle relazioni istituzionali. Non ha l’ultima parola sul mercato né mette becco sul nome dell’allenatore. È ormai una figurina che fa rinvangare bei ricordi ai tifosi. E un ruolo di questo tipo, Maldini, non lo avrebbe mai accettato.