2025-08-12
Il Ponte sullo Stretto fa nascere il nuovo campo largo rosicone dal Pd ai black bloc
Elly Schlein, Angelo Bonelli e No Tav si ritrovano uniti contro il progetto annunciato da Matteo Salvini. I centri sociali: «Saboteremo i cantieri».Per una volta che c’è in agenda un ponte, la sinistra costruisce il muro. Ponte di calcestruzzo. Muro di ideologia. I muratori sono all’opera in tutte le formazioni del vasto arcipelago democratico. Un mondo che si definisce a ogni piè sospinto progressista, ma stavolta, di fronte al Ponte sullo Stretto (il più lungo al mondo a campata unica, 3,3 chilometri), programmato dal governo Meloni e dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, riscopre la sua anima reazionaria. La sinistra in tutte le sue sfumature è un coro di no, dall’Avs di Angelo Bonelli ai gesuiti tendenza papa Francesco di Antonio Spadaro, sottosegretario vaticano del dicastero per la Cultura e l’educazione. Una polifonia di rifiuti e negazioni cantata a più voci. Strano: il vasto mondo progressista, diviso su quasi tutto, si ritrova coeso e compatto quando si tratta di sbarrare il mare al Ponte di Salvini. Questo Ponte non s’ha da fare, punto e basta.Sabato a Messina hanno marciato per urlare la propria contrarietà al progetto 80 sigle, circa 2.000 persone, dai «No Ponte» ai «No Tav», dal Partito comunista marxista leninista di Catania alle organizzazioni Pro Pal con bandiera issata sugli slogan contro il vicepremier leghista. Sono ragazzi, verrebbe da dire. Alcuni dei quali giunti a rimpolpare le fila dei manifestanti da quella Val di Susa per anni messa a soqquadro con scontri e feriti che hanno portato a diversi interventi delle forze dell’ordine. Stavolta, degni di nota sono i toni degli slogan («Il Ponte sullo Stretto è un atto delinquenziale»; «Noi i cantieri li sabotiamo»): così isterici da trasformarsi in un efficace propellente motivazionale dei fautori dell’opera. Come ha sintetizzato una cara amica originaria di Messina: «La Schlein è contraria? Allora bisogna farlo».A incuriosire maggiormente sono le prese di posizione di leader politici e intellettuali di grido. Il primatista di arrampicata sugli specchi è il dichiaratore seriale di Avs, Angelo Bonelli. «Il Ponte non unisce, ma divide», è riuscito a dire per contestare l’utilità dell’opera. Per i rappresentanti dell’opposizione a priori la realtà è un optional e dunque si può sostenere che «il Ponte divide i bisogni reali dei cittadini dagli interessi delle lobby, la tutela dell’ambiente e la sicurezza dei cittadini dalla corsa al consenso elettorale». E si può anche buttare la palla in corner con la collaudata tecnica del benaltrismo: «Agli italiani serve altro e non il Ponte». Più ambiziosa la riflessione proposta dall’ex direttore di Civiltà cattolica, Spadaro - già pizzicato dalla Verità - che ha annunciato su Facebook il suo prossimo libro per il Touring club italiano: «I progetti di ponte sullo Stretto incarnano l’impulso a risanare artificiosamente lo strappo con una protesi impoetica che riduce l’alterità, annullando il senso dello Stretto, cancellandone il simbolo». Pensiero al limite della contraddizione che risulta, se non a spese della realtà tout court, almeno a quelle della comprensibilità.Se negli anni Sessanta l’opposizione alla realizzazione dell’Autostrada del Sole - che avrebbe favorito i ricchi e distrutto l’ambiente mentre i cittadini avevano bisogno d’altro (vedi Bonelli) - aggregava alcune forze di destra, ambientalisti in erba e la sinistra parlamentare impegnata nella battaglia contro l’automobile, oggi le varie anime «progressiste» si barricano in perfetta solitudine contro un’opera che può accelerare il processo verso la modernità.Nel giorno dell’approvazione definitiva del progetto da parte del Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) l’agenzia di comunicazione Arcadia ha registrato l’instant sentiment positivo al 67,7% (su una base di 47.000 interazioni). Eppure, come per Bonelli, «il Ponte che non unisce» è l’architrave del ragionamento proposto anche da Ilvo Diamanti su Repubblica a corredo di un sondaggio realizzato da Demos & Piper per il quotidiano il 14 e 15 maggio scorso, tre mesi fa, e proposto solamente ora (senza evidenziare il tenore delle domande). La sintesi finale è che «lo vuole un italiano su tre» (il 28% del campione di 1009 persone). Diamanti si mostra sorpreso che la presunta divisione a proposito del Ponte non si cristallizzi sulla base di un criterio geografico - più favorevoli al Centro-Sud (35%) e al Sud e nelle Isole (31%) - ma segua invece l’orientamento politico. Fra gli elettori leghisti il consenso sale al 67%, mentre si assesta al 63% tra quelli di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia viva. Scende al 51% tra gli elettori di Azione e precipita al 32% nel Pd e in Alleanza Verdi Sinistra. In chiusura del suo intervento, l’editorialista nota che «il Ponte sullo stretto rende più “larga” la distanza politica… L’aspetto che colpisce riguarda il protagonista di questo progetto. Matteo Salvini»: autore di un’evoluzione partita dalla Lega Nord e assemblatore delle diverse anime, da quella veneta a quella di Bossi e Maroni, nell’unica Lega nazionale. Che, però, conclude Diamanti, «fatica a superare… il Ponte sullo Stretto».Insomma, diciamola tutta al di là delle inutili cautele e delle fragili ipocrisie: il Ponte divide solo perché è il suo promotore a essere considerato divisivo. E rilassiamoci, basta arrampicate sugli specchi.
I vertici militari Usa riuniti a Quantico, Virginia (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)
(Totaleu)
Lo ha detto l'eurodeputato di Fratelli d'Italia Pietro Fiocchi, a margine dell'evento al Parlamento europeo «Cacciatori e pescatori contro il divieto di piombo in Europa: i pericoli dietro l'ideologia».
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)