
Gli accordi iniziali di Irbm non bastano per partecipare alla produzione del colosso.La Irbm di Pomezia è stata per mesi una delle bandiere sventolate dal «nazionalismo vaccinale», con un fronte trasversale che va dal Commissario Domenico Arcuri a Matteo Renzi. Il leader di Italia viva aveva addirittura iniziato nel 2016 a tessere le lodi della società biotech guidata dall'imprenditore campano, Piero Di Lorenzo, che è stato il primo in Italia ad annunciare la creazione di un farmaco contro il Covid in sinergia con l'università di Oxford. Avanti di quattro anni. Lo scorso aprile Irbm annuncia di collaborare in Inghilterra sui test accelerati sull'uomo del vaccino Covid messo a punto dallo Jenner Institute della Oxford University. Qualche settimana dopo la Oxford University, titolare dei brevetti, raggiunge l'accordo per lo sviluppo e la produzione con la multinazionale anglo-svedese Astrazeneca. Compito di Irbm e del suo braccio produttivo Advent è la fornitura non esclusiva (ma su questo al tempo si sorvolò) dei vettori virali che trasportano nell'organismo le proteine spike che scatenano la reazione immunitaria. Con una serie di comunicazioni e interviste, gli esponenti di Irbm diffondono in Italia le notizie sui risultati dei test nelle loro diverse fasi. In un'intervista Irbm si spinge ad annunciare che sono già pronte 3 miliardi di dosi. Passata la fase di test, però, sembra che Irbm sia finita irreparabilmente fuori dalla partita vera, quella delle centinaia di milioni di dosi da distribuire. Astrazeneca si è affrettata a creare la sua supply chain. Anzi ne ha create dieci, una per continente o grande area geografica. Qui ci interessa quella dedicata all'Europa continentale e alle più di 400 milioni di dosi acquistate dalla Ue. Questa oggi si compone, escludendo i fornitori secondari, dell'olandese Helix (già collaboratrice con Oxford, produce e fornisce i vettori virali e che sta completando il triplicamento dell'impianto con un investimento di quasi 90 milioni) e di uno stabilimento a Senesse in Belgio che si occupa di produrre e fornire il vettore virale. L'impianto era di proprietà di Novasep ma è stato acquistato il 15 gennaio dall'americana Thermo Fisher Scientific per quasi 800 milioni di dollari. Qui si sono verificati i problemi alla fase di filtrazione che hanno scatenato la riduzione della produzione e le azioni minacciate dalla Ue. La formulazione del vaccino è curata dalla stessa Astrazeneca, in uno stabilimento in Olanda di una società del gruppo, la MedImmune Pharma. La fase finale (finissaggio e infialamento) coinvolgono invece la Catalent di Anagni e la Merck di Darmstadt. E a Irbm cosa è successo in questi mesi? Tutto è iniziato con l'annuncio di risultati che hanno dato una risposta non omogenea: il 62% dell'efficacia ottenuta con la somministrazione di due dosi e il 90% con la somministrazione di una prima mezza dose più una seconda dose intera. È stato commesso uno sbaglio di dosaggio, emerso nel corso delle centinaia di controlli cui i vaccini vengono sottoposti, molto più numerosi che con un normale farmaco, e denunciato subito alle autorità regolatorie. Nel riempire le fiale destinate alla sperimentazione clinica in Gran Bretagna i preparatori di Oxford avevano utilizzato una concentrazione dimezzata del principio attivo. Nei documenti visionati da Reuters (forniti non si sa da chi) e riportati dall'agenzia lo scorso 24 dicembre si parla di «potency miscalculation». Gli inglesi hanno cercato di scaricare la responsabilità sull'istituto biotecnologico con sede a Pomezia, in realtà i dati erano giusti solo che erano stati misurati in modi diversi. Nel frattempo, il 30 dicembre, i pm di Roma hanno avviato un indagine dopo una denuncia presentata in relazione ad alcuni attacchi hacker subiti nelle settimane precedenti dalla Irbm. Questi due fatti hanno avuto un impatto sull'assenza del gruppo di Pomezia dalla supply chain del vaccino Az? E questo avrà conseguenza sul disegno arcuriano di creare un polo farmaceutico pubblico-privato? Chissà.
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».





