2024-01-11
Al Pitti uomo si impone il «lusso tranquillo»
La manifestazione fiorentina, a cui partecipano 835 marchi, consacra la nuova tendenza. Cucinelli punta su giacche a doppio petto, Stefano Ricci sul tessuto Alpha yarn. Cruciani si ispira a Sankt Moritz. Urso: «Il 18 lanciamo il liceo del made in Italy».Come vuole vestirsi oggi un uomo? Risposte chiare le sta dando il Pitti uomo con i suoi 835 brand. «Il Pitti da sempre scandisce il tempo delle collezioni», precisa Raffaello Napoleone, ad della manifestazione fiorentina. Si conferma il «quiet luxury», il «lusso tranquillo». Una buona parte delle generazioni Y e Z esprime un particolare entusiasmo per questa tendenza, scegliendo di investire in marchi di fascia alta che privilegiano la sobrietà. «Non lo vorrei chiamare lusso silenzioso perché quando si esce al mattino ci si vuole sentire più belli di ieri. Lo chiamo un grande ritorno all’eleganza, parola che spesso si considera vecchia e invece non è così. Si tratta di eleganza contemporanea», afferma Brunello Cucinelli che ha messo a segno un nuovo record sfondando il tetto del miliardo di fatturato nel 2023, «Il vero cambiamento sta nel fatto che acquisti capi che durano, che recuperi, che non butti, che lasci in eredità. Abbiamo bisogno di un equilibrio: riequilibrare le ore di lavoro, le ore che si dedicano alla famiglia, uno dei nostri grandi ideali. Lo stile è ripreso da come ci si vestiva negli anni Venti». Cucinelli conferma un modo di vestire che prevede la giacca, spesso doppio petto, strutturata e con vita segnata, la cravatta, l’abito in velluto, il pantalone con le pinces, il cappotto sartoriale, ma maglia preziosa di cashmere. Stefano Ricci conferma il bel vestire e suona la musica dell’altissima qualità. Linee e tagli indiscutibili cui si aggiunge la novità di un materiale straordinario come l’Alpha yarn. «In uno dei territori naturali più estremi e remoti, come la Inner Mongolia, dove le escursioni termiche variano da -50° a +50°, abbiamo scoperto il cashmere più sottile esistente al mondo: un’esclusiva mondiale», spiega Filippo Ricci, direttore creativo. «Questa fibra di un bianco naturale, fine e strutturalmente perfetta, proviene dal sottopelo delle capre Hircus dell’Alashan. La fibra misura 13,5 micron di diametro e viene raccolta attraverso un’antica tecnica di pettinatura, effettuata a mano su capre di età non maggiore di dieci mesi con un pedigree d’eccellenza durante la stagione primaverile con attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale». Il look Alpha yarn diventa tuta jogging, giacche decostruite, bomber, felpe. Il cashmere, ormai il materiale per eccellenza, sfonda a tutti i livelli. Piacenza 1733, azienda fondata nel 1733 da Francesco Giovanni Piacenza nel cuore del distretto tessile biellese e giunta alla quarta generazione, impiega fili nobili da sempre: lana merino extrafine o misto cashmere, lana e seta e cashmere e cotone, cashmere alashan e lana merino australiana. Le maglie, voluminose e leggere, sono caratterizzate da texture ultra contemporanee realizzate in geelong spazzolato, in lana merino mouliné combinata, in cashmere e seta, vellutato e alpaca. La maglieria è anche il punto forte di Cruciani, che tra varie proposte come cappotti in double 100% cashmere, montoni e cappotti in maglia misto alpaca, si è concentrato su una capsule collection per l’après ski dedicata a Sankt Moritz: capi di alta qualità e tendenza sposano la sofisticatezza dei jacquard e dei punti maglia in cashmere e misto cashmere. Alan Scott, l’artista del cashmere, presenta in esclusiva mondiale il tessuto «cashmere stretch», 100% made in Italy, in partnership con Ardizzone. Per Tombolini - Zero gravity è la leggerezza a indicare un percorso che abbraccia tutte le declinazioni del total look, accessori compresi, con un guardaroba completo, riflesso esatto della sua idea di menswear. Attenzione puntata sui capispalla che accolgono la sperimentazione in chiave light in cui un preciso mix di texture nobili - lane, sete e cachemire - è in dialogo con tagli e silhouette che abbracciano il corpo seguendolo con mano morbida come nei cappotti sfoderati in solo tessuto, dalla vestibilità agile. Accanto le giacche in jersey stretch e velluto di cotone, pregiate e senza tempo, tra cui si inserisce il nuovo modello tre bottoni dalla linea leggermente over.Il 2024 sarà l’anno del made in Italy: lo ha ribadito durante l’inaugurazione di Pitti uomo il ministro delle Imprese Adolfo Urso: «Il 18 gennaio», ha anticipato, «si apriranno le iscrizioni al liceo del made in Italy, che partirà con l’anno scolastico 2024/2025 con un focus sulle professioni legate alle filiere strategiche, dalla moda alla tecnologia avanzata, compreso il settore aerospaziale». Urso ha poi ricordato una data, il 15 aprile, ossia la prima giornata nazionale del made in Italy, che troverà proprio nelle scuole una cassa di risonanza: «Qui imprenditori, stilisti e altri personaggi di spicco potranno raccontare in prima persona le loro esperienze e dare insegnamenti utili ai ragazzi».
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)