
A chi deve dettare la linea sui contraccettivi manca il coraggio del Papa, che nel 1968 li bollò come illeciti nell’enciclica «Humanae vitae». Che sarà celebrata oggi e domani.Avrei voluto dare un attacco scioccante a questo pezzo, scrivendo che i preti non considerano più la contraccezione un peccato e se la menzioni in confessionale, fanno spallucce. Poi, però, ieri un’amica mi ha scritto che, addirittura, è stato il suo parroco a suggerirle di prendere la pillola e mi è caduta la penna, insomma la mano sul computer.La verità è che questa notizia stupisce solo pochi, «noi felici pochi», perché anche se il Catechismo, su questo, è chiarissimo e granitico, ormai rarissimi pastori nella Chiesa hanno il coraggio di dire la verità sull’argomento, a cominciare dagli accademici e da quelli che dovrebbero dettare la linea. E mentre nel mondo, fuori, i metodi naturali conquistano consensi fra le donne più consapevoli, seppur solo per alcune delle motivazioni dei cattolici (sono sicuri; sono, appunto, naturali e non bombardano di ormoni il corpo; non inquinano; aumentano la consapevolezza di sé; non mettono a rischio la fertilità; non procurano embolie né problemi di circolazione; non fanno venire la cellulite, argomentazione che avrei messo per prima, ma pareva brutto), mentre, insomma, le donne più attente cominciano a fidarsi, proprio i cosiddetti credenti dimostrano di non crederci e li ignorano in massa. Ma non tutti.E così, cattolici da tutto il mondo si sono dati appuntamento all’Augustinianum a Roma, su invito della Cattedra internazionale di Bioetica Jerome Lejeune, oggi e domani per rilanciare «dal popolo» la profezia di Humanae vitae, l’enciclica con cui Paolo VI, nel 1968, con un coraggio da leone, ribadì il no della Chiesa alla contraccezione, nonostante i cinque anni di lavori della commissione istituita da Giovanni XXIII avessero dato un responso diverso. La Chiesa si spaccò, molte conferenze episcopali si ribellarono, laici di tutto il mondo gridarono allo scandalo, ma il Papa non arretrò di un centimetro.La verità è che moltissimi non hanno capito il senso dell’enciclica, «che tanto da vicino tocca la felicità degli uomini». Dire no alla contraccezione artificiale e fare l’amore dentro una unione benedetta da Dio significa dire anche all’altro: «Io prendo tutto di te. Non voglio solo che tu mi dia piacere», benché il piacere non sia un accessorio (infatti lo ha inventato Dio e gli ha affidato la vita; San Tommaso sostiene che Adamo ed Eva, prima del peccato originale, lo provassero alla grande: catholics do it better!). Significa dire: «Voglio tutto di te, la tua persona, non solo una parte del tuo corpo. Accolgo te, la tua storia, i tuoi limiti, mi prendo tutto e ti do tutto, senza riserve. E se viene un figlio ci sto, una persona con i geni miei e tuoi, di mia madre e mio padre e dei tuoi e di tutti i tuoi antenati, geni che non potranno mai più essere separati». Chi non vuole essere amato così? In modo incondizionato e indiviso? La verità è che la proposta della Chiesa sulla sessualità risponde al cuore dell’uomo, è quindi reale e ragionevole ma ha bisogno del passo in avanti che ti fa fare la fede, per dire sì a ogni vita che arriva. Facendo i conti con la calcolatrice, quando mai decidi che hai abbastanza tempo, soldi, spazio, energie per accogliere tutti i figli che verranno? I nostri nonni facevano schiere di figli anche senza risorse, semplicemente perché arrivavano: si tiravano su le maniche e trovavano il modo di farcela. Ma se la decisione viene messa nelle tue mani, puoi buttarti solo se sai che, in questa impresa, si è impegnato al tuo fianco Dio.Che è precisamente il motivo per cui il no alla contraccezione è ampiamente ignorato nella Chiesa, sia dai fedeli che, cosa ben più grave, da molti pastori: perché non credono in Dio. Al massimo lo stimano. Possono considerare la sua opinione sull’ecologia e la guerra, forse, ma sulle questioni importanti, quelle che toccano la gente da vicino, non hanno il coraggio di chiedere troppo ai fedeli. «Sugli affari miei, cioè i soldi e il cuore, decido da solo». Che ne sanno della felicità di vivere sapendo che non sei da solo, che qualcuno di molto, molto forte gioca nella tua squadra, e ti difende da tutto, «whatever it takes», perché Lui sì che può dirlo.
Emmanuel Macron (Ansa)
Per la prima volta nella storia, quasi l’intera Assemblea francese ha bocciato la legge finanziaria. C’è la concreta possibilità di arrivare a una sorta di proroga che costerebbe 11 miliardi. Nelle stesse ore Moody’s migliorava il giudizio sul debito italiano.
C’era una volta l’Italia pecora nera dell’Europa. Era il tempo in cui Parigi e Berlino si ergevano a garanti della stabilità economica europea, arrivando al punto di condizionare la vita di un governo e «consigliare» un cambio della guardia a Palazzo Chigi (come fu la staffetta tra Berlusconi e Monti con lo spread ai massimi). Sembra preistoria se si guarda alla situazione attuale con la premier Giorgia Meloni che riceve l’endorsement di organi di stampa, come l’Economist, anni luce distante ideologicamente dal centro destra e mai tenero con l’Italia e, più recente, la promozione delle agenzie di rating.
Greta Thunberg (Ansa)
Greta Thunberg prosegue il suo tour da attivista, tingendo di verde il Canal Grande per denunciare un presunto «ecocidio», consapevole che nessun magistrato si muoverà per lei. Luca Zaia tuona: «Sono gesti che rovinano Venezia, necessari interventi».
Se c’è di mezzo Greta Thunberg e il vandalismo viene fatto passare come «grido di dolore» per il pianeta Terra «distrutto dall’uomo», i magistrati tacciono. Forse le toghe condividono lo scempio operato ancora una volta nelle nostre città tingendo di rosso o di verde la Laguna di Venezia, fiumi, laghetti, torrenti.
Giorgia Meloni (Getty)
Oggi vertice a Ginevra tra Ucraina, Stati Uniti e Unione sui punti della pace con Mosca. Troppi soldi e morti: si doveva siglare prima.
È il 1.368° giorno di guerra in Ucraina. Dopo quasi quattro anni dall’invasione della Russia, è il momento cruciale. Pace, ultima chiamata; o finirà adesso questa carneficina o non ci saranno più strade da percorrere. A scrivere le condizioni Stati Uniti e Russia; Unione europea messa con le spalle al muro. Come sempre. Né l’Ucraina, né i Paesi dell’Ue sono stati consultati. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, insieme al primo ministro britannico Keir Starmer, al presidente francese Emmanuel Macron e al cancelliere tedesco Friedrich Merz, concordano sulla necessità di un «piano alternativo». Merz aggiunge: «Tutti i membri del G20 devono assumersi le proprie responsabilità, non solo per interessi economici». Ma Donald Trump schiaccia Zelensky alle corde.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Kiev compenserà le perdite con le garanzie di sicurezza; gli Usa possono dividere Cina e Russia; Mosca sogna di riprendere fiato; il Vecchio continente potenzierà l’industria.
Analisi costi/benefici del piano statunitense per la cessazione del conflitto in Ucraina: viene tentata una valutazione dal punto di vista/interesse degli attori coinvolti, cioè Stati Uniti, Russia, Ucraina, Ue e Regno Unito e Cina. Tecnicamente appare prematuro tentare questo tipo di analisi, ma c’è un dato che la orienta: gli europei rilevanti dell’Unione e il Regno Unito hanno dichiarato che il piano americano è una «base» per arrivare a una pace equilibrata. L’Ucraina, nei giorni scorsi, aveva già dichiarato la volontà di discutere con l’America, ma senza respingere a priori un piano che appariva sbilanciato per eccesso di penalizzazione dell’Ucraina stessa.






