2023-08-03
Pichetto si scorda di essere ministro e dà appuntamento ai vandali green
Gilberto Pichetto Fratin (Ansa)
Dopo gli scivoloni sulle case verdi e il pianto con l’attrice, il titolare dell’Ambiente riceverà gli attivisti di Ultima generazione. Elevando a interlocutore del governo un gruppo di fanatici vicino a frange radicali della sinistra.Pare che il riscaldamento globale abbia fatto sciogliere il cuore di panna del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, come hanno mostrato al mondo intero le lacrime che egli ha sparso copiose giorni fa, di fronte a un’ecoansiogena attrice-attivista che gli confessava le sue apocalittiche fibrillazioni. E possiamo perfino comprendere il dolce nonno che s’intenerisce discutendo con i giovani invasati. Accade però che, incidentalmente, Pichetto non sia soltanto un signore facile alla commozione (cosa ammirevole senza dubbio) ma pure - appunto - un ministro della Repubblica, esponente di un governo che, sui temi ambientali, non risulta essersi schierato sulle posizioni di Greta Thunberg. Ci chiediamo, allora, perché Fratin continui, ormai da qualche settimana, a comportarsi come se fosse posseduto da Angelo Bonelli. Prima, come raccontato da questo giornale, il suo ministero ha inviato alla Commissione europea un Piano nazionale integrato per l’energia e il clima in cui si sostiene che «per accelerare ulteriormente la riduzione delle emissioni nel settore civile si dovranno potenziare le politiche e le misure per promuovere l’efficienza energetica nel settore residenziale, identificando nuovi strumenti per il coinvolgimento dei privati e del settore pubblico nella riqualificazione del parco edilizio». Tradotto: mentre il governo frena sulle deliranti norme green europee che bastonano i proprietari di case, i sottoposti di Pichetto spiegano all’Europa come intendano colpire i proprietari medesimi e «aggredire» il «settore civile», roba da far accapponare persino i muri. Non pago, il ministro si è messo a rilasciare interviste in cui inveisce contro il negazionismo climatico (una aberrazione ideologica che un governante onesto manco dovrebbe nominare) e si diletta, come dicevamo, a piagnucolare davanti a una fanciulla leggermente su di giri. Ora l’ultimo exploit: fra qualche giorno, l’8 agosto, Pichetto incontrerà gli attivisti di Ultima generazione. Esatto: quelli che imbrattano i monumenti, che bloccano il traffico e che danno in escandescenze negli studi televisivi. L’annuncio era stato fatto a fine giugno e ora sembra proprio che il fatidico meeting si debba concretizzare. Lo hanno annunciato in gran pompa gli stessi attivisti: «Lo scorso 30 giugno, nel corso di un’intervista, il ministro Pichetto Fratin si era detto disponibile a incontrare rappresentanti di Ultima Generazione per parlare di ambiente», hanno scritto in un comunicato. «Ci siamo dunque immediatamente attivati per organizzare un appuntamento e il prossimo 8 agosto si terrà un primo incontro per aprire un dialogo con le forze di governo». Ecco, basta il tono di queste frasi per comprendere quanto sia deleteria la scelta del ministro. Vero: è cosa buona che un governo ascolti i cittadini e interloquisca con essi. Ma con Ultima generazione non esiste interlocuzione possibile, come del resto con quasi tutti i fanatici millenaristi: i giovani sabotatori non ascoltano, non sono interessati alle opinioni altrui e il più delle volte si limitano - granitici - a ripetere i mantra verdi che hanno mandato a memoria. Anche se ne dubitiamo, specie alla luce delle sue recenti uscite, Pichetto potrebbe averli convocati per spiegare loro dove stiano sbagliando, ma resta che in questa maniera li ha legittimati quali interlocutori dei massimi livelli istituzionali. E infatti questi straparlano addirittura di «aprire un dialogo con le forze di governo», nemmeno fossero un sindacato. Invece sono un movimento di ridotte dimensioni, nemmeno rappresentativo di tutta l’area ecologista, sgradevole nei modi e offensivo nei toni, non votato né supportato da settori della società civile. Al massimo, a spingerli sono i giornali progressisti e qualche esponente del Pd. Prima di riceverli, Fratin (e soprattutto i suoi colleghi di governo) farebbe bene a dare una occhiata al programma di una manifestazione chiamata «Milano World Congress for Climate Justice» che si svolgerà nel capoluogo lombardo alla metà di ottobre. Si tratta, stando al sito ufficiale, di un evento internazionale dedicato alla «giustizia climatica». Tra gli organizzatori ci sono: «Fridays For Future Milano, Xr Milano, Ultima Generazione, Ecologia Politica, Piano Terra, Macao, Scientist Rebellion Italia, Ari - Associazione Rurale Italiana, OffTopic, Institute of Radical Imagination, e tutti i centri sociali di Milano». L’iniziativa, inoltre, «è sostenuta dalla Transnational Social Strike Platform, Bologna for Climate Justice, Torino Climate Social Camp, oltre a una schiera di intellettuali (tra cui Francesca Coin e Andreas Malm) e attivisti di Berlino, Roma, Londra, Stoccolma, Osaka, Kampala, New York e molte altre città del mondo». Questo bel gruppetto di esagitati chiede «ai movimenti in Europa, Africa, Asia e Americhe di inviare delegati a Milano per deliberare su come costituire la fazione radicale del movimento per il clima e mettere a punto una strategia intersezionale per sconfiggere il capitalismo fossile». Tanto per fare un esempio, dal Climate social camp di Torino, la scorsa settimana sono partiti i simpatici gruppi che si sono scontrati con la polizia in Val di Susa vicino ai cantieri Tav. Questo particolare dovrebbe fare riflettere il ministro. Anche perché sorge un leggero sospetto, e cioè che la rete antagonista dei centri sociali si stia riorganizzando come ai bei tempi delle tute bianche, però sotto le insegne della «lotta per il clima», che è decisamente più presentabile e più coinvolgente di altre surreali battaglie post marxiste. Basta dare uno sguardo al sito del congresso di Milano per rendersi conto che sotto alla pagina verde ci siano sempre le stesse arrugginite pose del tempo che fu. Scrivono tra le altre cose gli attivisti: «Esprimiamo solidarietà a tutti gli attivisti per la giustizia climatica che hanno sfidato la repressione mentre la crisi climatica si intensifica. Agiamo insieme per minare il capitale fossile e far pagare ai ricchi le loro emissioni criminali!». Nel programma della kermesse milanese di ottobre ci sono incontri come «Le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 come paradigma dell’insostenibilità climatica e ambientale dei grandi eventi sportivi e dello sfruttamento turistico della montagna e delle risorse primarie» e «L’alternativa ecosocialista all’estinzione: frattura metabolica, antispecismo e ricomposizione di classe di Rete Ecosocialista». Alcuni di questi, per altro, saranno ospitati - chissà perché - dai chiostri della Università Statale di Milano. Apprendiamo, per altro, che i nuovi amici di Pichetto forniranno un importante contributo tramite l’appuntamento intitolato «Ultima generazione e forme di lotta climatica: laboratorio pratiche e tattiche di disobbedienza civile». Ospite d’onore Leonardo Lovati, il militante che lo scorso settembre è finito sui giornali per essersi impegnato in un lungo sciopero della fame. Chiaro: Ultima generazione e simili hanno tutto il diritto di lottare per le cause in cui credono, per quanto sbagliate e dannose. Il ministro, tuttavia, dovrebbe scegliere meglio i suoi interlocutori. Vedremo cosa dirà a Ultima generazione, intanto attendiamo con ansia che incontri qualche delegazione di cittadini danneggiati dalle deliranti politiche green a cui lui stesso ha deciso di strizzare l’occhio.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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