2022-04-14
«Piccirillo nel libro paga della Boda»
Marta Cartabia (Imagoeconomica)
Nelle carte dell’inchiesta il nome di Daniele, fratello del capo di gabinetto di Marta Cartabia. L’ex dirigente del Miur: «Io ormai sono morta, ma provo dispiacere per i miei familiari».Dodici mensilità da 2.000 euro, per un totale di 24.000 euro. Nella lista dei segnalati da Giovanna Boda, la dirigente del ministero dell’Istruzione indagata per corruzione, c’è anche il nome di Daniele Piccirillo, fratello di Raffaele Piccirillo, magistrato della corrente di Area, attualmente capo di gabinetto del ministro della Giustizia Marta Cartabia. Il pm romano Carlo Villani, che dopo una perquisizione si è ritrovato il libro mastro con i nomi degli «stipendiati» tra le mani, nel corso di uno dei due interrogatori di Valentina Franco, la factotum che l’imprenditore aveva messo a disposizione di Boda h24, ha cercato di capire se quel Daniele Piccirillo fosse finito, come tanti altri, «sul libro paga» di Federico Bianchi di Castelbianco, l’ex editore dell’agenzia Dire arrestato per corruzione che al Miur avrebbe fatto razzia di appalti per circa 23 milioni di euro.Stando al racconto della Franco, «Daniele Piccirillo dovrebbe essere il fratello della moglie di De Raho o forse il cognato». De Raho è un nome che fa rumore nella magistratura: Federico Cafiero De Raho era il procuratore nazionale antimafia, in pensione da qualche mese. Ma anche la moglie Paola è una toga, di Magistratura indipendente, e fa il gip a Napoli. Il suo nome era finito nelle chat di Luca Palamara. Non è stata intercettata e non scambiava messaggi con lo stratega delle nomine. Era posizionata su un fronte avverso e sembrava essere particolarmente temuta rispetto alle mire di Palamara & Co. «Non ricordo il cognome della moglie», glissa Franco davanti al pm, «e non so altro perché aveva contatti diretti con la moglie di De Raho e non me ne occupavo io. Non so nemmeno se Piccirillo lavorasse con Bianchi di Castelbianco. Sicuramente non lavorava al ministero o comunque io non l’ho mai visto». D’altra parte, di nomi in quell’elenco ce n’è oltre un centinaio. «Sulla lista», spiega la factotum della Boda, «segnavamo tutti i nomi, ma poi non so se tutti i contratti siano stati fatti». Ed è per questo che gli investigatori hanno cercato di approfondire. «Io non ho mai sentito parlare di questo contratto, né ho mai conosciuto queste due persone (Boda e Bianchi di Castelbianco, ndr)», dice, contattato dalla Verità, Raffaele Piccirillo. Quando gli viene chiesto di poter parlare anche con suo fratello, però, taglia corto e chiude. Tra i pagamenti una tantum, assunzioni e regalini per dipendenti del ministero che sarebbero stati disposti da Boda sempre a spese di Bianchi di Castelbianco, però, sarebbe stato allungato qualcosa anche a familiari delle vittime di mafia, a una fondazione intitolata a Giovanni Falcone e a un organizzatore di un premio dedicato a Paolo Borsellino. A tale «De Filippis, impiegato presso la presidenza della Repubblica», dice Franco, «veniva pagata la scuola dei figli, non so il perché, ma lo chiedeva la Boda». Franco dice di non sapere «cosa fosse dato in cambio». Ma l’attenzione del pm è caduta anche su altri due nomi: Federica Vettori e Carolina Bitossi. In una delle liste, proprio accanto ai loro nominativi, è stampata una cifra: 53.000 euro annui (che nell’elenco in cui compare Piccirillo, però, diventano 57.000 per Vettori e 58.000 per Bitossi). Stando alle spiegazioni di Franco, le due «collaboravano con Maria Elena Boschi nel periodo in cui era ministro (per le Riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento durante il governo guidato da Matteo Renzi, ndr)». «All’epoca la Bitossi», ricorda Franco, «curava i profili social della Boschi e la Vettori, delle cui mansioni non ho ricordi precisi, era probabilmente consulente legale o amministrativa in quanto, credo, laureata in giurisprudenza. Non so con precisione se la Vettori facesse la segretaria. In ogni caso entrambe erano parte dello staff della Boschi». Bitossi, di professione fotografa, insieme con Vettori sarebbe stata poi assunta da Bianchi di Castelbianco, anche se, afferma Franco, «non so cosa facessero per 53.000 euro lordi annui per le società dell’imprenditore». Qualcosa però, in un successivo passaggio del verbale, sembra riaffiorare nella mente della factotum di Boda: «In ogni caso talvolta venivano al Miur per determinati eventi, come l’apertura dell’anno scolastico o la Nave della legalità, si occupavano dei social se gli eventi erano grandi, oppure a prescindere dal tipo di evento si occupavano di aspetti organizzativi e operativi. La collaborazione al Miur per questi eventi avveniva nell’ambito del contratto stipulato da Bianchi di Castelbianco su richiesta della Boda». E di iniziative dello stesso tenore ce n'erano a iosa. A elencarle è proprio Giovanna Boda, nel suo verbale di febbraio: «27 gennaio è la Giornata della memoria, no? Della Shoa, il... febbraio, le Foibe... l’8 marzo le donne, 25 aprile la Resistenza, poi abbiamo 9 maggio le vittime del terrorismo, 23 maggio Falcone e Borsellino, 2 giugno Festa della Repubblica, 19 luglio... Borsellino e la scorta... e a settembre l’apertura scolastica al Quirinale». E in quel periodo si sarebbe interfacciata con Boda anche Maria Falcone, «che aveva anche lei la carta», afferma l’ex manager del Miur, «voleva la carta d’intenti per partecipare al progetto». Poi, all’ennesima domanda del pm sull’imprenditore, sbotta: «Io finché non è uscita questa, a parte il dispiacere, vabbé, del fango sui giornali che ... ma non per me perché io ormai sono morta, per i miei familiari... comunque... non importa... dico ma questi come fanno a dirmi che è tutto a posto? Come facevi a parlare così di me? E poi vieni qua, vedi come sono ridotta, a dirmi che è tutto a posto? Io non so più niente di queste persone». Boda racconta il suo dramma, spiegando che avrebbe voluto a un certo punto parlare con il pm: «Due cose, una che volevo parlare con lei... e anche quando mi davano la morfina così non capivo niente, se era giorno o notte, e l’altro che avevo bisogno di capire che cosa avevo fatto». La Boda, secondo la sua ricostruzione, avrebbe realizzato quello che sarebbe accaduto nel suo ufficio solo dopo le prime attività investigative.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)