2023-08-22
Piantedosi si arrende e toglie i migranti al Pd
Matteo Piantedosi (Imagoeconomica)
Stefano Bonaccini, spalleggiato dai sindaci rossi dell’Emilia-Romagna, ottiene il ricollocamento di un centinaio di ospiti stranieri. Ma tutte le Regioni sono in affanno. E a Ortona (Abruzzo) potrebbe sorgere addirittura una tendopoli, proprio in mezzo ai turisti.Davanti alle proteste dei sindaci della rossa Emilia-Romagna e del loro governatore Stefano Bonaccini il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi cede, spostando un centinaio di migranti verso altre rotte. Le lamentele ruotano attorno al sistema di accoglienza che ormai sarebbe saturo. Per la verità basta controllare il cruscotto statistico del Viminale per scoprire che l’Emilia-Romagna, sebbene sia al secondo posto tra le regioni ospitanti, con la presenza di 12.572 migranti (il 9 per cento di tutti gli sbarcati), risulta essere ancora in zona gialla. L’unica regione rossa, infatti, è la Lombardia, che ospita 16.814 migranti (ovvero il 13 per cento sul totale delle persone arrivate in Italia via mare) e da moltissimo tempo guida la classifica. La strategia attivata dal Viminale ha permesso alla Sicilia, che con gli altri governi era sempre al collasso, di respirare. Fatto sta che dopo il «niet» di Bonaccini e la lagna dei sindaci, Piantedosi ha dirottato i migranti destinati alla provincia di Bologna verso la Campania (75) e verso la Calabria (25). Anche il Veneto si ritrova sulla stessa barca dell’Emilia-Romagna. E qui anche alcuni sindaci di centrodestra hanno storto il naso, ottenendo pure loro un cambio di rotta: 80 finiranno in Liguria, 50 nelle Marche, 30 in Umbria e 20 alla Basilicata. Qui il governatore Vito Bardi (Forza Italia), che guida una coalizione di centrodestra, si è detto preoccupato per la revisione dei parametri per l’assegnazione dei migranti, che «penalizzerebbe eccessivamente» la regione che amministra. In pratica, la circolare del ministero dell’Interno che afferma i nuovi diktat sui collocamenti contiene «una modifica del criterio di distribuzione su base regionale, che utilizzerà oltre al consueto parametro della popolazione residente anche quello dell’estensione territoriale». Il nuovo criterio, «oltre a essere applicato per il piano previsionale straordinario, sarà utilizzato nei singoli periodici riparti resi noti ai prefetti dei capoluoghi di regione per la successiva ripartizione infraregionale, secondo le modalità definite in seno ai rispettivi tavoli di coordinamento». «Questo parametro», ha spiegato Bardi, «innescherebbe gravi criticità in una regione come la Basilicata, con 131 comuni, moltissimi dei quali sotto i 5.000 abitanti. Si rischierebbero anche forti tensioni». Allo stato attuale, però, la Basilicata è a fondo classifica (seguita solo da Sardegna, Molise, Trentino e Valle d’Aosta), ospitando 2.453 migranti, ovvero il 2 per cento del totale. Bardi ha detto che si farà sentire con Piantedosi. Ma il gap è tutto legato alle vecchie logiche dell’accoglienza diffusa. Il sistema, sul quale in passato si sono arricchite coop e associazioni (soprattutto rosse e cattoliche), rimaneggiato dall’ex ministro Luciana Lamorgese, già non brillava e con i maxi sbarchi è andato definitivamente in tilt. Ora che il meccanismo per svuotare velocemente l’hotspot di Lampedusa rispetto al passato sta funzionando (ieri erano presenti circa 1.100 persone ed è previsto che oggi scendano a 250) ovviamente è risultato necessario rimodulare anche il sistema d’accoglienza territoriale. Il governo ha quindi ritoccato i criteri. Anche perché, se da una parte il codice che ha stretto le regole per le Ong sembra stia funzionando (ieri la nave Aurora della Sea Watch è stata sottoposta a fermo amministrativo per aver fatto sbarcare a Lampedusa e non a Trapani, porto che le era stato assegnato, 72 persone), dall’altra il flusso migratorio continua a spingere. Dall’1 giugno al 18 agosto, secondo i dati diffusi dal Viminale, ci sono stati 55.318 approdi, con una media giornaliera che supera le 700 unità. Gli ultimi quattro sbarchi a Ortona, in Abruzzo, dove è previsto l’arrivo di altri 40 migranti, pare aver addirittura fatto scattare l’ipotesi delle tendopoli. Le principali strutture di accoglienza, a cominciare da quelle di Montesilvano, Pescara e Civitaquana, ricostruisce la stampa locale, sono al collasso, con nessuna apparente possibilità di ricambio. La bomba l’ha lanciata il Messaggero, che prevede per Pescara assegnazioni settimanali di 80 persone. Anche qui i Comuni fanno resistenza, probabilmente sulla scia tracciata dall’Anci, associazione guidata dal sindaco dem di Bari Antonio Decaro. Il delegato dell’Anci per l’immigrazione, Matteo Biffoni, sindaco di Prato, ha puntato l’indice soprattutto sull’accoglienza dei minorenni: «Siamo nella più grande emergenza mai vissuta e in alcune città italiane, per quanto riguarda l’accoglienza dei minori, non ci sono gli hub di primissima accoglienza e non ci sono le risorse per la mediazione culturale». Dal Viminale hanno liquidato la polemica definendola «surreale» e hanno aggiunto che «la mancata adozione dello stato di emergenza da parte delle quattro regioni a guida centrosinistra ha ritardato alcuni interventi sul territorio», sottolineando pure che «sulla questione minori è fondamentale la legge Zampa, che è stata voluta dal Pd». La sinistra protesta contro una sua legge e il Viminale cede davanti alle proteste dell’Emilia-Romagna. Il cortocircuito sull’immigrazione è servito.