2020-04-14
«Piacenza abbandonata a sé stessa. Qui non è arrivato nessun aiuto»
Patrizia Barbieri (Roberto Serra - Iguana Press/Getty Images)
Patrizia Barbieri, il sindaco della città fra le più colpite in Italia con un malato ogni 93 abitanti: «Conte sembrava aver capito però poi non abbiamo ricevuto nulla. Se mi avessero ascoltata avremmo potuto contenere l'epidemia».Per una quindicina di giorni, da quando si è beccata il Covid-19 fino a quando è risultata negativa, il fortino dal quale ha diretto le azioni di contrasto di sua competenza l'aveva ricavato nella camera della sua abitazione in cui si era reclusa. Lì i suoi cari entravano solo per passarle pranzo e cena. Poi, una videoconferenza dietro l'altra, le sue giornate, dedicate a contrastare l'avanzata del maledetto virus, sono volate. Adesso indossa di nuovo l'elmetto sulla testa ed è tornata in trincea: «È una situazione unica, una guerra che stiamo gestendo da soli nel silenzio generale», dice alla Verità Patrizia Barbieri, sindaco di Piacenza dal 2017, eletta con una lista civica di centrodestra. Il suo territorio, dopo quelli di Cremona e Lodi, è il più colpito in Italia: un contagiato ogni 93 abitanti. Il numero di morti in proporzione alla popolazione è spaventoso. Eppure, i riflettori sono tutti puntati sulla Lombardia. Neanche la vicinanza a Codogno, cittadina dalla quale Piacenza dista soltanto pochi chilometri, è riuscita a tirarla fuori dal ghetto mediatico e dal disinteresse istituzionale. C'era forse chi aveva immaginato che i confini regionali avrebbero impedito l'arrivo del coronavirus. E Piacenza, che sperava di trovarsi da subito in una zona rossa, invece, si è invece ritrovata numeri da Codogno e misure di contrasto uguali a quelle del resto d'Italia. «Quando ho emesso le prime ordinanze per chiudere bar, scuole, parchi e centri per anziani, nel momento in cui molti banalizzavano definendo la malattia una semplice influenza, sono stata attaccata perché esageravo», commenta.Da allora cosa è cambiato?«Avevo fatto presente al premier Giuseppe Conte durante una videoconferenza che avevamo bisogno di anestesisti, di infettivologi, di infermieri, perché i nostri sanitari sono allo stremo. Avevo chiesto respiratori e tute protettive. Mascherine, guanti, camici, tutto. Non è arrivato nulla». Avete l'impressione che il governo faccia figli e figliastri?«Ecco, durante la videoconferenza con i sindaci di Cremona, di Bergamo e di Brescia, il presidente del Consiglio sembrava aver condiviso che i nostri territori fossero accomunati da questa grande tragedia, però tutti gli aiuti che avevo chiesto non sono arrivati. Insomma, io ritengo che ci sia da prendere in considerazione le zone più vulnerabili senza fare troppe distinzioni. E Piacenza è tra queste».Si è dovuti arrivare al 23 febbraio per la prima ordinanza regionale più restrittiva a firma di Stefano Bonaccini, ma ormai la provincia di Piacenza era già tra le più colpite in Italia.«Finché me lo hanno permesso ho emesso le mie ordinanze. Nel frattempo, ripetevo che intervenendo e dando delle risposte sul fronte più colpito si sarebbe potuta contenere l'avanzata del Covid-19 anche nel resto del Paese. Il mio pensiero era questo: se ci aiutate facciamo contenimento».E, invece, nulla?«Insieme ai primi cittadini di Bergamo, Brescia e Cremona avevo chiesto ulteriori misure, più restrittive, e che i provvedimenti non fossero presi a macchia di leopardo, ma in maniera omogenea. Eravamo tutti d'accordo sull'evitare che ci fossero delle disomogeneità. Ma così non è stato. Adesso ho perfino la sensazione che non tutti in Italia vivano la presenza del virus allo stesso modo. Ho visto servizi giornalistici negli ultimi giorni che mostrano zone del Paese in cui non vengono rispettate la distanza sociale. Ma di chi è la colpa, se non di chi dovrebbe far capire come fare a queste persone che credono di potersi proteggere solo con la mascherina?».È l'unica criticità?«Non è l'unica, un altro problema di questi giorni riguarda le imprese. Il governo ha disposto che possano continuare a operare solo le attività essenziali e le relative filiere. Ha poi previsto che le attività escluse, qualora ritenessero di essere essenziali, potessero chiedere al prefetto una deroga. A Piacenza ci sono già 1.273 richieste e, in attesa delle dovute verifiche, queste aziende si ritengono legittimate alla riapertura invocando il silenzio assenso. Il rischio è una seconda ondata di contagi, che vanificherebbe tutti gli sforzi fatti sinora. Non siamo ancora alla fase 2. E anche quella, quando sarà, mi auguro che venga pianificata e gestita senza discriminazioni».Quindi state già pensando alla fase 2?«Non bisogna arrivare impreparati. Io non mi pongo solo il tema delle grandi imprese del nostro sistema agroalimentare, che sono un patrimonio non solo del nostro territorio, ma dell'intera nazione. Io sto pensando anche ai piccoli imprenditori, ai commercianti, ai ristoratori, a quelli che rischiano di non poter pagare anche solo il canone di locazione. Bisognerà pensare a delle misure alle quali non si era mai pensato. Senza dimenticare chi non ha ancora ricevuto nessuna risposta. È una grande sfida. Anche perché ora si rivolgono ai servizi sociali comunali categorie di persone che in altri tempi non avrebbero rischiato la povertà. Almeno su questo spero che ci sia una unità d'intenti con dei criteri certi che valgano per tutti e non con le solite misure a macchia di leopardo».