2019-03-07
Haftar e Serraj tagliano fuori Misurata. La sola città libica su cui l'Italia aveva investito
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Dopo l'intesa annunciata dalle Nazioni Unite, raggiunta lo scorso 27 febbraio ad Abu Dhabi sotto l'occhio vigile di Francia ed Egitto, il generale della Cirenaica e il premier tripolino torneranno a metà della prossima settimana nella capitale degli Emirati Arabi Uniti, il Paese diventato ormai centrale per il futuro della Libia, per nuovi colloqui sotto egida Onu. Accordo ancora più stretto per isolare le tribù più vicine a Roma.È quanto riferisce il Libyan Address Journal, sito vicino al generale di Bengasi. Si ripartirà dall'accordo di fine febbraio «sulla necessità di porre termine alla fase di transizione in Libia attraverso elezioni generali e sui modi per mantenere la stabilità nel Paese e unificare le sue istituzioni». Saranno, riferisce lo stesso sito, colloqui «indiretti» e «sotto pressione internazionale». Ma l'intesa di Abu Dhabi non piace a tutti. Non piace a Misurata, città Stato militarmente fortissima e che punta a un ruolo di interlocutore tra Tripoli e Bengasi. A Misurata l'Italia è presente con un ospedale da campo e un impiego massimo di 400 militari. Anche Zintan, l'altra città centrale negli equilibri della Libia occidentale, è contraria ai colloqui tra Serraj e Haftar. Come riporta l'Agenzia Nova, il Consiglio militare di Misurata ha preso le distanze da «chiunque stringa accordi con Khalifa Haftar», dicendosi contrario «alla dittatura militare». Ha reagito non diversamente il Consiglio dei notabili di Zliten, circa 60 chilometri a Ovest di Misurata, che parla di «colloqui misteriosi e di accordi personali che non hanno alcuna base legale».Ed è per questo che ieri il vicepremier di Tripoli e uomo forte di Misurata Ahmed Maitig, che parla molto bene italiano ed è considerato uno dei principali interlocutori dell'Italia in Libia, ha incontrato a Roma il vicepremier e il ministro dell'Interno Matteo Salvini e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Si è parlato, tra le altre cose, della riapertura del consolato italiano a Bengasi chiuso dal 2013 a seguito di un attentato. La visita di Maitig riflette le difficoltà di Tripoli, dove il premier Serraj deve fare i conti con alcuni problemi economici e col suo esercito. Ha infatti recentemente deciso di degradare il suo capo di Stato maggiore, il generale Abdelrahman Al Tawil, uomo considerato vicino ai Fratelli musulmani e al ministro dell'Interno Fathi Bashagha. A dividere i due l'apprezzamento di Al Tawil, confessato alla stampa russa, per l'avanzata di Haftar, il rivale di Serraj, nel Fezzan, la zona a Sud della Libia, fondamentale per i giacimenti e per i confini con il Sudan, il Ciad e l'Algeria. Nel Fezzan, secondo voci diffuse sui social media e mai smentite e nemmeno confermate, sarebbero attivi da diverso tempo militari francesi al fianco delle truppe di Bengasi. Di particolare interesse nella zona, soprattutto per Parigi, è il campo petrolifero di Sharara, 300.000 barili al giorno, gestito nel Sud della Libia dalla Compagnia petrolifera libica Noc in collaborazione con la spagnola Repsol, la francese Total, l'austriaca Omv e la norvegese Equinoora. Ora è sotto il controllo di Haftar grazie a un accordo con le tribù Tebu. E dopo l'intesa di Abu Dhabi la Noc, nelle ultime ore, ha annunciato la revoca del blocco del giacimento di Sharara che avrebbe causato perdite per 1,8 milioni di dollari. Di interesse per l'Italia è invece il pozzo di El Feel, capace di produrre fino a 150.000 barili di greggio al giorno e gestito dall'italiana Eni e dalla Noc. Il giacimento è ora nella mani di Haftar e, nel caso in cui il generale conquistasse anche Tripoli (con un'offensiva che però irriterebbe e non poco le Nazioni Unite, garanti del processo di stabilizzazione), sarebbe difficile per il Cane a sei zampe mantenerne la gestione. Uno scenario che potrebbe piacere molto a Parigi e alla francese Total che dal 2011 puntano al controllo di tutto petrolio libico.Il problema per l'Italia è la fragilità del governo di Tripoli, il nostro principale alleato, sempre più in difficoltà economiche (e per questo dipendente dagli aiuti di Turchia e Qatar) per il ridimensionamento delle entrate petrolifere e militari, viste le tensioni con le milizie di Tripoli e le città Stato vicine. Maitig, che - va ricordato ancora una volta - è vice di Serraj, è passato per Roma con un messaggio: fatemi stare al tavolo con Serraj e Haftar per evitare che Parigi si prenda tutto. Il problema di Misurata è l'intesa di Abu Dhabi. Come riporta Agenzia Nova, infatti, i leader di Tripoli e Bengasi si sarebbero già accordati sulla formazione di un nuovo Consiglio presidenziale che un presidente e due vicepresidenti. Ciascuno proveniente dalle tre macroregioni della Libia: Tripolitania (Ovest), Fezzan (Sud) e Cirenaica (Est). Con l'avanzata nel Fezzan, ora Haftar avrebbe due posti su tre e potrebbe addirittura evitare l'offensiva su Tripoli per sfruttare la debolezza di un Serraj diventato quasi un fantoccio.
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