2024-01-29
Perché i 30 all’ora non mettono le città in sicurezza
Qualche settimana fa sono stato testimone di un piccolo incidente stradale a Milano. Uno scontro senza feriti, ma utile per comprendere come il famoso divieto di superare i 30 all’ora imposto dal sindaco di Bologna, e guardato con interesse dai primi cittadini di altre città, non sia la soluzione ai nostri problemi. Viale Tunisia è una strada che collega la via più commerciale di Milano, Buenos Aires, con il moderno quartiere di Porta Nuova. La giunta di Beppe Sala qualche tempo fa ha deciso di creare due piste ciclabili tra i marciapiedi e le corsie riservate alle vetture, ognuna con un senso di marcia. Su una di queste riservate ai ciclisti scendeva contromano una ragazza in bicicletta, che procedeva spedita verso Buenos Aires. Una donna attraversava la strada e anche la ciclabile, guardando a destra, cioè verso il lato da cui in teoria avrebbero dovuto procedere le bici. Ovviamente non si accorgeva che dall’altra parte, cioè a sinistra e contromano, stava arrivando la ciclista. Per non investire la signora, la ragazza in bici sterzava all’improvviso, invadendo il marciapiede e finendo per sbattere contro il muro di un palazzo. Grazie al cielo né lei né la donna che attraversava la pista ciclabile guardando nel solo senso di marcia consentito, si sono fatte male, ma questo non ha impedito alla ragazza di inveire contro la signora che a suo dire le aveva tagliato la strada.Guardando la scena, ho pensato una cosa ovvia ma non per Sala, Lepore e compagnia bella di sindaci progressisti ed ecologisti, ovvero che gli incidenti non sono sempre causati dalle auto e che costringere le vetture a marciare a 30 all’ora, vale a dire a inquinare di più, non eviterà che in strada si verifichino incidenti, mortali o meno. Il piccolo aneddoto della ciclista che investe il pedone dimostra infatti che chi viaggia su due ruote o anche chi cammina non è esente dal rispetto del codice della strada. I sensi di marcia, le precedenze, gli incroci e i semafori esistono non soltanto per le automobili, ma anche per chi va in bicicletta. Al contrario, vedo sempre più di frequente ciclisti che non si arrestano al semaforo, ma procedono tranquilli, tra una vettura e l’altra, come se il rosso fosse riservato soltanto a macchine e motorini. Sempre più spesso mi accorgo che il senso di marcia secondo molti ciclisti riguarda esclusivamente auto e ciclomotori. E così pure la precedenza ai pedoni che attraversano sulle strisce. A un attraversamento in Liguria mi è capitato di vedermi sfrecciare davanti un gruppo di corridori dilettanti che credevano di partecipare al Giro d’Italia e solo per poco, nonostante fossi sulle strisce, non sono stato investito dal gruppetto che procedeva di sicuro a più di 30 all’ora. Sempre in Liguria ho assistito alla scena di un ciclista che ha tamponato - lo giuro - un’auto, mentre a Milano mi è capitato di sentire il campanello di un tizio, che alle mie spalle pretendeva che sgombrassi l’attraversamento pedonale. E lo stesso capita a volte mentre cammino sul marciapiede.Che cosa voglio dire? Che i 30 all’ora non sono la soluzione di tutti i mali e che se si vogliono evitare incidenti è necessario che tutti, automobilisti, ciclisti e pedoni rispettino il codice della strada. Del resto, basta guardare la tipologia di incidenti per rendersi conto che questo è il problema. Conosco bene il caso Milano e dunque parlo di quello. Molti incidenti che hanno avuto come vittime pedoni e ciclisti non sono dovuti alla velocità, ma alla scarsa attenzione dei guidatori o alla scellerata realizzazione di piste ciclabili. Una donna è finita sotto le ruote di un autocarro che era appena partito dopo il rosso al semaforo e dunque non procedeva certo a 50 all’ora. Un’altra donna è stata uccisa da un camion della nettezza urbana, che si è messo in movimento senza accorgersi del pedone. Un ragazzino ha attraversato la strada in bicicletta mentre sopraggiungeva un tram, che certo non correva a 50 all’ora. Una donna ha attraversato via Fatebenefratelli senza accorgersi della motocicletta che stava arrivando. Potrei continuare, con cicliste stritolate da mezzi che hanno svoltato senza che il guidatore si rendesse conto della bici che si era affiancata al camion e così via. In nessuno di questi incidenti, spesso mortali, c’entra la velocità. Ma c’entra qualcos’altro: il rispetto del codice, da parte di tutti, ciclisti e pedoni compresi, e la capacità di disegnare una circolazione che non sia a rischio per chi si mette al volante e per chi sale in sella a due ruote. Ma a quest’ultimo aspetto ci sta già pensando la Procura di Milano che ha indagato assessore e dirigenti del Comune per le piste ciclabili.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)