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2018-09-29
Per Viganò, Ouellet ha la pistola fumante
Ansa
L'ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò parla ancora, a un mese dalla pubblicazione sulla Verità del suo esplosivo memoriale in cui ha accusato i vertici della Chiesa, tre segretari di Stato e perfino papa Francesco, di aver coperto gli abusi commessi dall'ex cardinale statunitense Theodore McCarrick. In Italia il testo è stato reso noto sul blog del vaticanista Aldo Maria Valli, nella serata di giovedì.
Ci sono alcuni elementi nuovi e altri già presenti nel memoriale dello scorso 28 agosto. «Resta al centro della mia testimonianza», scrive Viganò, «che almeno dal 23 giugno 2013 il Papa ha saputo da me quanto perverso e diabolico fosse McCarrick nei suoi intenti e nel suo agire» e non avrebbe preso provvedimenti, anzi avrebbe fatto di lui «uno dei suoi principali agenti di governo della Chiesa, per gli Stati Uniti, la Curia e perfino per la Cina». Su questo passaggio si inserisce un elemento di stretta attualità e che riguarda il recente accordo provvisorio (e segreto) che il Vaticano ha siglato con Pechino sulla nomina dei vescovi. Del ruolo di McCarrick in Cina l'ex nunzio non fornisce riferimenti, ma basta informarsi sui viaggi e le dichiarazioni dell'ex cardinale per rendersi conto che negli ultimi anni aveva senz'altro svolto un ruolo utile per le relazioni della Santa Sede con la Cina. Nel giugno 2014 il Washington Post riportava che McCarrick si era recato in Cina «l'anno precedente» per «colloqui delicati sulla libertà religiosa», e nel febbraio 2016 lo stesso ex cardinale concedeva un'intervista esclusiva al Global Times, organo di stampa ufficiale del governo comunista, per dire che vedeva «accadere molte cose che aprirebbero davvero molte porte perché il presidente Xi e il suo governo sono preoccupati per le cose che preoccupano papa Francesco». Perciò sarebbe interessante sapere se la squadra vaticana che ha lavorato al recente e discusso accordo con la Cina, in particolare monsignor Claudio Maria Celli e il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha tenuto in qualche modo conto delle missioni e delle relazioni di McCarrick, oppure no. E poi: le motivazioni dell'ex cardinale nelle sue frequentazioni cinesi erano esclusivamente di carattere pastorale, come si dice dell'accordo firmato nei giorni scorsi, oppure erano contigue a qualche agenda politica globale?
L'altro particolare interessante delle nuove parole di Viganò riguarda il suo appello al cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto della congregazione per i vescovi, perché dica ciò che sa. Da una serie di elementi, infatti, si può ragionevolmente ritenere che presso la congregazione oggi presieduta dal porporato canadese, da tempo, giaccia un dossier sull'ex cardinale abusatore. Nel primo memoriale dell'ex nunzio se ne fa cenno diretto in un colloquio tra lo stesso Viganò e il Papa nel giugno 2013. Inoltre, sembra che le informazioni in possesso di questa congregazione siano alla base dei «chiarimenti» che il Vaticano avrebbe preparato per rispondere a Viganò.
Nel nuovo testo di Viganò ci sono anche alcuni elementi da provare, come ad esempio il riferimento alle presunte coperture dell'allora cardinale Bergoglio nei confronti del sacerdote argentino condannato padre Julio Grassi; l'interruzione del dossier aperto presso la congregazione della Dottrina della fede sul defunto cardinale Cormac Murphy O'Connor; il ruolo di due indefiniti «amici» omosessuali coinvolti nelle nomine dei vescovi presso la congregazione. Comunque resta molto debole la posizione di coloro che ritengono completamente falsa la testimonianza di Viganò perché sarebbe tendenziosa negli intenti. Le circostanze fondamentali del memoriale e il quadro che ne emerge sono tali da meritare una risposta precisa che vada oltre il problema generico del clericalismo.
Lorenzo Bertocchi
Pure i vescovi picconano il celibato
«Sì, presto avremo una risposta dettagliata». Così ha detto in un'intervista concessa al Fatto quotidiano il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, a proposito dei «chiarimenti» in merito al memoriale dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò che il Vaticano sarebbe sul punto di rendere pubblici. «Ci sono gli elementi per smontare quelle falsità», dice ancora l'arcivescovo di Perugia, mostrando chiaramente cosa pensi delle circostanze riportate nel dossier. «Quello che ha scritto Viganò è assurdo, soprattutto è assurdo il modo», precisa Bassetti.
In attesa di capire se i fatti elencati dall'ex nunzio siano falsi oppure semplicemente sconvenienti nel modo e nello stile, è interessante che Bassetti individui come argine alla malapianta della pedofilia nel clero la vigilanza da porre nell'accesso ai seminari. Una questione, quella della vigilanza all'ingresso dei seminari, che ha posto anche papa Francesco incontrando i vescovi italiani nella primavera scorsa. Il Papa parlò della omosessualità e disse che i candidati omosessuali, anche in caso di semplice dubbio, «meglio che non entrino» in seminario. Certo, l'omosessualità non può essere direttamente connessa alla pedofilia, ma osservando i dati che emergono dalla diverse indagini americane, ci si rende conto che la questione delle tendenze omosessuali è da rilevare nella maggioranza dei casi di abusi che vengono perpetrati su adolescenti e giovani adulti.
Pertanto, è come minimo superficiale insistere sull'abolizione del celibato sacerdotale come soluzione alla questione abusi. Eppure, molti continuano a indicarla. Lo stesso Bassetti confessa al Fatto di essere possibilista sull'idea di concedere il sacerdozio agli uomini sposati: «Va fatta una riflessione», spiega il porporato. «È un problema che la Chiesa si dovrà porre. Io non sono contrario». È una vecchia richiesta che torna di tanto in tanto, ora per risolvere il problema del calo vocazionale, ora per risolvere il dramma degli abusi. In tutti i casi si dice che c'è già l'esempio dei preti di rito orientale, anche se si decontestualizza quella realtà dai dati storici per aprire poi la pratica alla Chiesa universale, dicendo che in fondo è solo una questione di disciplina ecclesiastica.
Anche il prossimo sinodo straordinario sull'Amazzonia, che si terrà in Vaticano nell'autunno 2019, ha l'obiettivo nemmeno troppo nascosto di aprire ad experimentum all'ordinazione sacerdotale di uomini sposati di provata fede, i cosiddetti viri probati. In questo caso l'obiettivo è fornire risposta a un territorio vasto e con pochi sacerdoti, ma anche in Germania ci sono sostenitori di questo esperimento.
Proprio un cardinale tedesco, l'allora prefetto dell'ex Sant'Uffizio Gerhard Müller, diceva però che il celibato sacerdotale trova le sue ragioni profonde non tra i cavilli del diritto, ma «corrisponde all'esempio e alla parola di Gesù e ha trovato nell'esperienza spirituale della Chiesa latina una sua particolare espressione». Peraltro, anche la radice teologica del celibato è da rintracciare nel legame, ha scritto Giovanni Paolo II, «che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa». Insomma, il sacerdote una volta tale è già sposato, e non può farlo con un'altra che non sia la Chiesa.
Al sinodo sui giovani che si apre in Vaticano il 3 ottobre prossimo si parlerà di vocazione ed è probabile che il celibato sarà tra i temi dibattuti. I favorevoli all'abolizione spesso partono dal presupposto che in fondo fare sesso sarebbe una impellenza naturale inderogabile, dentro o fuori il matrimonio. Con buona pace anche del libero arbitrio.
Lorenzo Bertocchi
La Cei regala un nuovo leader all’opposizione
«Una chiamata del Signore attraverso il Papa». L'ha definita così monsignor Stefano Russo la sua nomina a segretario generale della Conferenza episcopale Italiana. Russo è di Ascoli Piceno, ha 57 anni ed è vescovo di Fabriano-Matelica e Camerino, e ieri è stato nominato al vertice della Cei da papa Francesco in sostituzione di monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all'Jonio, che era stato scelto dal Pontefice nel giugno scorso come presidente dell'Apsa, l'organismo di gestione economica che si occupa dell'amministrazione del patrimonio della Santa Sede.
«È una nomina che accogliamo con gioia e fiducia», ha subito commentato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e grande oppositore dell'attuale governo Lega-M5s. Mai come con l'attuale esecutivo, proprio Bassetti e Galantino, hanno attaccato la politica e i provvedimenti messi in campo, dal reddito di cittadinanza all'immigrazione contestando soprattutto il decreto Salvini per l'abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, malgrado lo stesso Papa abbia sottolineato che comunque per l'accoglienza è necessario seguire criteri e regole. Non si sa se Russo fosse nella lista «più lunga di una terna» che Bassetti ha consegnato al Papa, ma tant'è.
«Nei giorni scorsi, come Consiglio episcopale permanente, abbiamo espresso a monsignor Galantino la nostra riconoscenza per quanto con intelligenza e zelo ha fatto negli anni del suo mandato. Ora la decisione del Santo Padre è motivo di viva gratitudine: anche questa nomina è segno della prossimità e della cura con cui papa Francesco accompagna il cammino della nostra Chiesa. A monsignor Stefano Russo, che ben conosce la segreteria generale essendo stato per una decina d'anni il responsabile dell'ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici, va la nostra vicinanza e il nostro fraterno augurio».
Il neosegretario generale, in una dichiarazione ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ha detto: «Ricevo questa nomina con sorpresa ed esprimo gratitudine al Papa. Al cardinale Bassetti, che ho sentito per telefono, esprimo fin d'ora il mio impegno a mettermi a servizio della comunione e della sinodalità».
Monsignor Russo, nominato a marzo 2016 da Bergoglio vescovo di Fabriano-Matelica fino a ieri è stato vicepresidente della Conferenza episcopale marchigiana e presidente del comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell'edilizia di culto. La sua conoscenza in ambito artistico culturale, ma anche edilizio gli deriva dalla laurea in architettura conseguita presso l'università di Pescara nel 1990, con una tesi di indirizzo storico. Il suo percorso formativo al sacerdozio lo ha fatto invece a Grottaferrata, alle porte di Roma, nel movimento dei Focolari, fondata da Chiara Lubich, frequentando i corsi per il Baccalaureato in Teologia presso la pontificia università Lateranense. Dal 1990 al 2007 è stato presidente della commissione arte sacra e beni culturali della diocesi di Ascoli e incaricato per i beni culturali ecclesiastici della stessa diocesi dirigendo anche il lavoro d'inventariazione informatizzata; poi membro della consulta per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale marchigiana fino a gestire e coordinare le attività del Museo diocesano di Ascoli. È stato anche responsabile dell'Udtap, l'ufficio che coordina gli interventi di recupero degli edifici di valore storico artistico che sono stati danneggiati dal terremoto, e che sono di pertinenza della diocesi di Ascoli Piceno.
Sempre al quotidiano cattolico monsignor Russo non ha nascosto l'importanza della nomina: «Sono consapevole della difficoltà che questo incarico comporta, ma sono confortato dal fatto di conoscere in segreteria generale tante persone che hanno questa stessa passione di voler lavorare secondo uno stile di sinodalità. Ho conservato belle relazioni con tutto il personale della segreteria generale e chiedo fin d'ora l'aiuto di tutti». Vedremo poi, una volta Oltretevere, quale sarà la linea politica di monsignor Stefano Russo neosegretario generale della Cei.
Sarina Biraghi
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A un mese di distanza dal suo memoriale, l'ex nunzio torna ad attaccare il Pontefice. E invita il cardinale canadese a tirar fuori le carte decisive contro Theodore McCarrick e il Papa.Concedere il sacerdozio a uomini sposati? Perfino il capo della Cei ora si dice «non contrario» all'idea. Ma non è il modo per arginare gli abusi né le altre crisi del clero.Monsignor Stefano Russo è il nuovo segretario generale dei vescovi italiani. Una scelta coerente con la linea politica di Gualtiero Bassetti, il presidente che ha schierato la Conferenza episcopale contro il governo. Dalla sua vanta rapporti consolidati con le gerarchie.Lo speciale contiene tre articoliL'ex nunzio negli Stati Uniti Carlo Maria Viganò parla ancora, a un mese dalla pubblicazione sulla Verità del suo esplosivo memoriale in cui ha accusato i vertici della Chiesa, tre segretari di Stato e perfino papa Francesco, di aver coperto gli abusi commessi dall'ex cardinale statunitense Theodore McCarrick. In Italia il testo è stato reso noto sul blog del vaticanista Aldo Maria Valli, nella serata di giovedì.Ci sono alcuni elementi nuovi e altri già presenti nel memoriale dello scorso 28 agosto. «Resta al centro della mia testimonianza», scrive Viganò, «che almeno dal 23 giugno 2013 il Papa ha saputo da me quanto perverso e diabolico fosse McCarrick nei suoi intenti e nel suo agire» e non avrebbe preso provvedimenti, anzi avrebbe fatto di lui «uno dei suoi principali agenti di governo della Chiesa, per gli Stati Uniti, la Curia e perfino per la Cina». Su questo passaggio si inserisce un elemento di stretta attualità e che riguarda il recente accordo provvisorio (e segreto) che il Vaticano ha siglato con Pechino sulla nomina dei vescovi. Del ruolo di McCarrick in Cina l'ex nunzio non fornisce riferimenti, ma basta informarsi sui viaggi e le dichiarazioni dell'ex cardinale per rendersi conto che negli ultimi anni aveva senz'altro svolto un ruolo utile per le relazioni della Santa Sede con la Cina. Nel giugno 2014 il Washington Post riportava che McCarrick si era recato in Cina «l'anno precedente» per «colloqui delicati sulla libertà religiosa», e nel febbraio 2016 lo stesso ex cardinale concedeva un'intervista esclusiva al Global Times, organo di stampa ufficiale del governo comunista, per dire che vedeva «accadere molte cose che aprirebbero davvero molte porte perché il presidente Xi e il suo governo sono preoccupati per le cose che preoccupano papa Francesco». Perciò sarebbe interessante sapere se la squadra vaticana che ha lavorato al recente e discusso accordo con la Cina, in particolare monsignor Claudio Maria Celli e il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha tenuto in qualche modo conto delle missioni e delle relazioni di McCarrick, oppure no. E poi: le motivazioni dell'ex cardinale nelle sue frequentazioni cinesi erano esclusivamente di carattere pastorale, come si dice dell'accordo firmato nei giorni scorsi, oppure erano contigue a qualche agenda politica globale?L'altro particolare interessante delle nuove parole di Viganò riguarda il suo appello al cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto della congregazione per i vescovi, perché dica ciò che sa. Da una serie di elementi, infatti, si può ragionevolmente ritenere che presso la congregazione oggi presieduta dal porporato canadese, da tempo, giaccia un dossier sull'ex cardinale abusatore. Nel primo memoriale dell'ex nunzio se ne fa cenno diretto in un colloquio tra lo stesso Viganò e il Papa nel giugno 2013. Inoltre, sembra che le informazioni in possesso di questa congregazione siano alla base dei «chiarimenti» che il Vaticano avrebbe preparato per rispondere a Viganò. Nel nuovo testo di Viganò ci sono anche alcuni elementi da provare, come ad esempio il riferimento alle presunte coperture dell'allora cardinale Bergoglio nei confronti del sacerdote argentino condannato padre Julio Grassi; l'interruzione del dossier aperto presso la congregazione della Dottrina della fede sul defunto cardinale Cormac Murphy O'Connor; il ruolo di due indefiniti «amici» omosessuali coinvolti nelle nomine dei vescovi presso la congregazione. Comunque resta molto debole la posizione di coloro che ritengono completamente falsa la testimonianza di Viganò perché sarebbe tendenziosa negli intenti. Le circostanze fondamentali del memoriale e il quadro che ne emerge sono tali da meritare una risposta precisa che vada oltre il problema generico del clericalismo.Lorenzo Bertocchi<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-vigano-ouellet-ha-la-pistola-fumante-2608655543.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pure-i-vescovi-picconano-il-celibato" data-post-id="2608655543" data-published-at="1765819302" data-use-pagination="False"> Pure i vescovi picconano il celibato «Sì, presto avremo una risposta dettagliata». Così ha detto in un'intervista concessa al Fatto quotidiano il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, a proposito dei «chiarimenti» in merito al memoriale dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò che il Vaticano sarebbe sul punto di rendere pubblici. «Ci sono gli elementi per smontare quelle falsità», dice ancora l'arcivescovo di Perugia, mostrando chiaramente cosa pensi delle circostanze riportate nel dossier. «Quello che ha scritto Viganò è assurdo, soprattutto è assurdo il modo», precisa Bassetti. In attesa di capire se i fatti elencati dall'ex nunzio siano falsi oppure semplicemente sconvenienti nel modo e nello stile, è interessante che Bassetti individui come argine alla malapianta della pedofilia nel clero la vigilanza da porre nell'accesso ai seminari. Una questione, quella della vigilanza all'ingresso dei seminari, che ha posto anche papa Francesco incontrando i vescovi italiani nella primavera scorsa. Il Papa parlò della omosessualità e disse che i candidati omosessuali, anche in caso di semplice dubbio, «meglio che non entrino» in seminario. Certo, l'omosessualità non può essere direttamente connessa alla pedofilia, ma osservando i dati che emergono dalla diverse indagini americane, ci si rende conto che la questione delle tendenze omosessuali è da rilevare nella maggioranza dei casi di abusi che vengono perpetrati su adolescenti e giovani adulti. Pertanto, è come minimo superficiale insistere sull'abolizione del celibato sacerdotale come soluzione alla questione abusi. Eppure, molti continuano a indicarla. Lo stesso Bassetti confessa al Fatto di essere possibilista sull'idea di concedere il sacerdozio agli uomini sposati: «Va fatta una riflessione», spiega il porporato. «È un problema che la Chiesa si dovrà porre. Io non sono contrario». È una vecchia richiesta che torna di tanto in tanto, ora per risolvere il problema del calo vocazionale, ora per risolvere il dramma degli abusi. In tutti i casi si dice che c'è già l'esempio dei preti di rito orientale, anche se si decontestualizza quella realtà dai dati storici per aprire poi la pratica alla Chiesa universale, dicendo che in fondo è solo una questione di disciplina ecclesiastica. Anche il prossimo sinodo straordinario sull'Amazzonia, che si terrà in Vaticano nell'autunno 2019, ha l'obiettivo nemmeno troppo nascosto di aprire ad experimentum all'ordinazione sacerdotale di uomini sposati di provata fede, i cosiddetti viri probati. In questo caso l'obiettivo è fornire risposta a un territorio vasto e con pochi sacerdoti, ma anche in Germania ci sono sostenitori di questo esperimento. Proprio un cardinale tedesco, l'allora prefetto dell'ex Sant'Uffizio Gerhard Müller, diceva però che il celibato sacerdotale trova le sue ragioni profonde non tra i cavilli del diritto, ma «corrisponde all'esempio e alla parola di Gesù e ha trovato nell'esperienza spirituale della Chiesa latina una sua particolare espressione». Peraltro, anche la radice teologica del celibato è da rintracciare nel legame, ha scritto Giovanni Paolo II, «che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa». Insomma, il sacerdote una volta tale è già sposato, e non può farlo con un'altra che non sia la Chiesa. Al sinodo sui giovani che si apre in Vaticano il 3 ottobre prossimo si parlerà di vocazione ed è probabile che il celibato sarà tra i temi dibattuti. I favorevoli all'abolizione spesso partono dal presupposto che in fondo fare sesso sarebbe una impellenza naturale inderogabile, dentro o fuori il matrimonio. Con buona pace anche del libero arbitrio. Lorenzo Bertocchi <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-vigano-ouellet-ha-la-pistola-fumante-2608655543.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-cei-regala-un-nuovo-leader-allopposizione" data-post-id="2608655543" data-published-at="1765819302" data-use-pagination="False"> La Cei regala un nuovo leader all’opposizione «Una chiamata del Signore attraverso il Papa». L'ha definita così monsignor Stefano Russo la sua nomina a segretario generale della Conferenza episcopale Italiana. Russo è di Ascoli Piceno, ha 57 anni ed è vescovo di Fabriano-Matelica e Camerino, e ieri è stato nominato al vertice della Cei da papa Francesco in sostituzione di monsignor Nunzio Galantino, vescovo di Cassano all'Jonio, che era stato scelto dal Pontefice nel giugno scorso come presidente dell'Apsa, l'organismo di gestione economica che si occupa dell'amministrazione del patrimonio della Santa Sede. «È una nomina che accogliamo con gioia e fiducia», ha subito commentato il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e grande oppositore dell'attuale governo Lega-M5s. Mai come con l'attuale esecutivo, proprio Bassetti e Galantino, hanno attaccato la politica e i provvedimenti messi in campo, dal reddito di cittadinanza all'immigrazione contestando soprattutto il decreto Salvini per l'abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, malgrado lo stesso Papa abbia sottolineato che comunque per l'accoglienza è necessario seguire criteri e regole. Non si sa se Russo fosse nella lista «più lunga di una terna» che Bassetti ha consegnato al Papa, ma tant'è. «Nei giorni scorsi, come Consiglio episcopale permanente, abbiamo espresso a monsignor Galantino la nostra riconoscenza per quanto con intelligenza e zelo ha fatto negli anni del suo mandato. Ora la decisione del Santo Padre è motivo di viva gratitudine: anche questa nomina è segno della prossimità e della cura con cui papa Francesco accompagna il cammino della nostra Chiesa. A monsignor Stefano Russo, che ben conosce la segreteria generale essendo stato per una decina d'anni il responsabile dell'ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici, va la nostra vicinanza e il nostro fraterno augurio». Il neosegretario generale, in una dichiarazione ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ha detto: «Ricevo questa nomina con sorpresa ed esprimo gratitudine al Papa. Al cardinale Bassetti, che ho sentito per telefono, esprimo fin d'ora il mio impegno a mettermi a servizio della comunione e della sinodalità». Monsignor Russo, nominato a marzo 2016 da Bergoglio vescovo di Fabriano-Matelica fino a ieri è stato vicepresidente della Conferenza episcopale marchigiana e presidente del comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell'edilizia di culto. La sua conoscenza in ambito artistico culturale, ma anche edilizio gli deriva dalla laurea in architettura conseguita presso l'università di Pescara nel 1990, con una tesi di indirizzo storico. Il suo percorso formativo al sacerdozio lo ha fatto invece a Grottaferrata, alle porte di Roma, nel movimento dei Focolari, fondata da Chiara Lubich, frequentando i corsi per il Baccalaureato in Teologia presso la pontificia università Lateranense. Dal 1990 al 2007 è stato presidente della commissione arte sacra e beni culturali della diocesi di Ascoli e incaricato per i beni culturali ecclesiastici della stessa diocesi dirigendo anche il lavoro d'inventariazione informatizzata; poi membro della consulta per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale marchigiana fino a gestire e coordinare le attività del Museo diocesano di Ascoli. È stato anche responsabile dell'Udtap, l'ufficio che coordina gli interventi di recupero degli edifici di valore storico artistico che sono stati danneggiati dal terremoto, e che sono di pertinenza della diocesi di Ascoli Piceno. Sempre al quotidiano cattolico monsignor Russo non ha nascosto l'importanza della nomina: «Sono consapevole della difficoltà che questo incarico comporta, ma sono confortato dal fatto di conoscere in segreteria generale tante persone che hanno questa stessa passione di voler lavorare secondo uno stile di sinodalità. Ho conservato belle relazioni con tutto il personale della segreteria generale e chiedo fin d'ora l'aiuto di tutti». Vedremo poi, una volta Oltretevere, quale sarà la linea politica di monsignor Stefano Russo neosegretario generale della Cei. Sarina Biraghi
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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