2020-05-22
«Per un baco nel decreto nessuno potrà licenziare Pure se non chiede la cig»
L'esperto Ranieri Romani,: «Il governo ha vietato la mobilità collettiva fino a dopo Ferragosto Senza collegare la norma all'uso di ammortizzatori. Un caos incostituzionale».!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");Insieme alla burocrazia e alle tasse, uno dei nemici più temuti da chi fa impresa in questo Paese è l'incertezza alimentata dalla confusione normativa creata con una raffica di decreti. Figuriamoci se questo caos lascia dei “vuoti" tra un decreto e l'altro. Il dl Rilancio del 19 maggio, ad esempio, sta già dando parecchi grattacapi agli avvocati giuslavoristi e ai loro clienti imprenditori. Perché «crea un buco di tre giorni nelle nuove norme relative ai licenziamenti ed estende a tutti fino ad agosto il divieto della mobilità anche non in presenza di ammortizzatori sociali», spiega alla Verità l'avvocato Ranieri Romani, partner dello studio Lca specializzato nell'assistenza legale e fiscale d'impresa.Dove sta il vuoto normativo?«Tra le svariate misure adottate per far fronte al coronavirus, il decreto Cura Italia entrato in vigore il 17 marzo e convertito con modificazioni dalla legge numero 27 del 24 aprile 2020, prevedeva il divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, e di licenziamenti collettivi, per 60 giorni a decorrere dal 17 marzo. Dunque, fino a venerdì 15 maggio compreso. Il legislatore pensava che a metà maggio sarebbe già entrato in vigore il nuovo decreto che poi, come abbiamo visto, è arrivato qualche settimana dopo ed è stato ribattezzato decreto Rilancio. Esattamente è entrato in vigore il 19 maggio scorso. Pertanto, da sabato 16 a lunedì 18 maggio non vi era alcun divieto di licenziamento. Divieto che, invece, è stato reinserito, con effetto retroattivo, dal 17 marzo per i 5 mesi successivi, quindi fino a dopo ferragosto. Di conseguenza, se un imprenditore, lunedì 18 maggio avesse licenziato un dipendente per motivi oggettivi - perché quel giorno avrebbe potuto legittimamente farlo - potrebbe vedersi dichiarato illegittimo il licenziamento. Il dl Rilancio, infatti, afferma solo ora che il 18 maggio sussisteva il divieto. Senza addentrarsi sulla legittimità o meno di tale norma con effetto retroattivo, tutti sono concordi sul fatto che questo vuoto normativo abbia destabilizzato imprese a addetti ai lavori e che fosse assolutamente da evitare. Ma c'è un aspetto ancora più grave che va a ledere un diritto di iniziativa economica privata previsto dall'articolo 41 della Costituzione».Ovvero?«Il dl Rilancio prevede l'estensione fino a dopo ferragosto del divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, e di licenziamenti collettivi, sopra citato. Premesso che non è mai successo nella storia repubblicana che vi fosse un blocco dei licenziamenti, e già questo dovrebbe far riflettere, se tale divieto forse poteva essere accettabile durante il periodo di lockdown, estenderlo oggi per altri 3 mesi in modo generalizzato a tutte le aziende è incomprensibile. E, a mio avviso, incostituzionale. Infatti, questo divieto si applica a tutti i datori di lavoro senza alcuna distinzione, anche a quelli che hanno sempre continuato a operare normalmente o perché, per loro fortuna, svolgevano attività ammesse dai vari Dpcm che si sono susseguiti o perché sono riusciti ad organizzare la propria attività in modalità smart working. Pensiamo alle aziende del settore ortofrutticolo che non sono mai state in lockdown o ad aziende di servizi che hanno continuato ad operare al 100% in smart working che non hanno nemmeno mai fatto uso di ammortizzatori sociali per emergenza Covid-19: perché non devono poter licenziare? Potrebbero aver necessità di riorganizzarsi, a prescindere dall'emergenza, ma non possono farlo perché il governo ha deciso così. Non solo. Si consideri anche la totale sproporzione tra la durata del divieto di licenziamenti fino a dopo ferragosto, 5 mesi, e la durata massima dei trattamenti d'integrazione salariale da emergenza Covid-19 sino a fine agosto, ovvero 14 settimane. Questo vuol dire che molte aziende che hanno iniziato a fruire dei trattamenti d'integrazione salariale a fine febbraio/inizio marzo (la maggior parte), a fine giugno o a luglio si troveranno senza ammortizzatori sociali “Covid-19" e senza possibilità di licenziare i dipendenti in esubero». Cosa succederà?« C'è già chi sta pensando di lasciare a casa i dipendenti senza retribuzione non avendo alcuna attività da fargli fare e non avendo disponibilità economiche per poterli comunque retribuire». La conseguenza? «A casa, senza Naspi e senza stipendio fino al licenziamento. I “nuovi esodati"…»Secondo lei dietro a questa confusione normativa c'è del dolo o è solo frutto di scarsa comprensione di come si fa impresa?«Credo sempre alla buona fede da parte di tutti, quindi non credo ci sia dolo; così come non credo che i decreti li abbia scritti Giuseppe Conte. Credo, invece, che alla base di tali provvedimenti ci sia anche una ragione di opportunismo politico. Potrebbe far comodo a questo governo in futuro poter dichiarare di aver evitato i licenziamenti nell'emergenza Covid-19 lasciando ai successori gestire l'emergenza occupazionale. Dimenticando però che queste norme non evitano la disoccupazione ma posticipano solo il problema, aggravandolo a danno delle imprese e, di conseguenza, anche dei loro dipendenti».