Il governo ha creato una cabina di regia per preparare il maxi emendamento alla manovra. Ma la vera partita strategica si gioca in Europa: il legame fra Rama e la Meloni può scardinare i vecchi equilibri.
Il governo ha creato una cabina di regia per preparare il maxi emendamento alla manovra. Ma la vera partita strategica si gioca in Europa: il legame fra Rama e la Meloni può scardinare i vecchi equilibri.Il tema della manovra e delle pensioni dei medici resta bollente. O meglio, una patata bollente che questo governo si trova a gestire lungo un sentiero stretto frutto delle scelte dei precedenti esecutivi e di una contingenza globale. Globale perché il mondo negli ultimi 24 mesi ha fatto più cambiamenti di quanti ne abbia prodotti nei precedenti 30 anni. Interruzione dei rapporti con la Russia, dollaro in discussione, materie prime utilizzate come armi nella guerra economica tra Est e Ovest e catene di produzione interrottesi bruscamente. L’Italia in mezzo a questo mare in burrasca ha un Pil di poco superiore ai 2.000 miliardi, un debito vicino ai 2.800, una spesa corrente annua superiore ai 700 miliardi e l’anno prossimo una tassa da interessi sul debito più vicina ai 90 miliardi che agli 80. Senza contare che i vincoli di spesa interna sono stati cristallizzati per i prossimi quattro anni dal Pnrr e quelli di spesa esterna (Patto di stabilità) sono ancora da definire. In una trattativa, per giunta, tutta in salita. Di conseguenza, chi adesso si lamenta per la manovra dovrebbe come minimo farsi un esame di coscienza. Pd e sindacati sono in piena schizofrenia. Da un lato protestano perché vorrebbero più debito e più fondi per sanità o stipendi, dall’altro accusano il governo di esporre i conti alle critiche del mercato. In realtà nessun governo avrebbe potuto fare di più. Non a caso in molti valutarono l’addio di Mario Draghi come un tentativo di non trovarsi in questa situazione finanziaria. Ne segue che c’è una attività di piccolo cabotaggio e una più politica e di ampio respiro a lungo termine che si intreccia con la partita delle elezioni europee del giugno prossimo. Nel primo caso le scelte ci riportano all’Aula e all’approvazione della legge finanziaria 2024. Dentro il testo si pone un problema concreto che va sotto il nome di pensioni dei medici e degli infermieri. Gli interventi di perequazione delle aliquote con l’intento di pareggiare le posizioni contributive rispetto agli altri dipendenti pubblici hanno causato una brusca penalizzazione dei camici. Dal punto di vista ragionieristico una scelta di equità che tra l’altro porta a risparmiare oltre 20 miliardi in due decenni. Dal punto di vista sociale una bomba che spingerà tantissimi medici ad abbandonare il lavoro in fretta per evitare le penalizzazioni. Lasciando gli ospedali sguarniti. E quindi i benefici sui conti sparirebbero di fronte al danno sociale. Così ieri si sono riuniti i capigruppo della maggioranza e i vertici delle commissioni d’Aula coinvolte. È nata una cabina di regia con l’intento di lavorare a un maxi emendamento di matrice parlamentare che servirà a risolvere gli inghippi. Gli articoli della manovra da rivedere sono il 33 e l’86. Il primo vede al lavoro i ministri Marina Calderone e Orazio Schillaci. L’obiettivo è metter emano alle aliquote per il prossimo triennio senza modificare il percorso ventennale. L’altro articolo prevede un fondo di finanziamento per le attività legislative. Dalle pieghe della manovra sono spuntati 300 milioni nel triennio. Da qui i parlamentari attingeranno le somme per finanziare il maxi emendamento. Compresi i costi aggiuntivi per andare incontro a medici e infermieri. Il tutto con un lavoro di sponda tra l’Aula e i ministeri del Lavoro e della Sanità. Certo, anni fa 300 milioni avrebbero fatto sorridere. Ora sono una cifra quasi considerevole che dovrebbe comunque bastare per sistemare le grane delle ultime settimane. E a mettere la palla della manovra in porta nei tempi prestabiliti. Ciò su cui però vale la pena soffermarsi a partire da dicembre è l’attività di più ampio respiro di cui facevamo cenno sopra. È chiaro che nei prossimi anni i margini di bilancio in capo alle leggi finanziarie resteranno ridottissimi. Le partite vere si spostano altrove, che ci piaccia oppure no. Si tratta dei grandi programmi di spesa, da quello militare a quello sui microchip, passando per l’auto fino al gas e ai rigassificatori. Senza contare le grandi scommesse sul digitale e l’incubo della transizione green. L’esito delle elezioni europee del prossimo anno sarà importantissimo per l’Italia per capire se potremo stare nella stanza dei bottoni. E con chi condivideremo la tolda di Bruxelles. In questa prospettiva l’alleanza tra l’Italia e l’Albania, o meglio l’intento di vedute tra Giorgia Meloni ed Edi Rama potrebbe essere un grimaldello per spiazzare gli equilibri che hanno tenuto in piedi la maggioranza tra Ppe e socialisti. Rama è cresciuto al fianco di Soros, della Mogherini e di Juncker. È in sella dal 2013 e tra i suoi estimatori c’è pure Massimo D’Alema , tutt’oggi in servizio attivo. Da qui arriverà la mediazione per sostenere Ursula von der Leyen? Oppure un indebolimento della compagine dei socialisti, nel caso in cui (probabile) l’Ecr non riesco a sfondare. Per Rama c’è in ballo l’ingresso nella Ue, sancito recentemente non a caso da Paolo Gentiloni. E forse per l’Italia un modo di muoversi un po’ fuori dagli schemi rispetto ai blocchi sperimentati fino a oggi. Perché fare la guerra all’Europa, che tra l’altro è sempre più arbitro e parte politica in causa, per un pugno di milioni non ci porta da nessuna parte.
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