2019-10-29
Per ora Del Vecchio non affonda la lama contro Mediobanca e approva il bilancio
Il patron di Luxottica acquista azioni ma non sale oltre il 10%, mentre Vincent Bolloré scende al 6,7. Le critiche verso Alberto Nagel rientrano.C'è anche la Delfin di Leonardo Del Vecchio tra i soci che hanno approvato ieri, nel corso dell'assemblea, il bilancio di Mediobanca chiuso al 30 giugno scorso. Si può dunque affermare che l'imprenditore abbia deciso di rimandare a data da destinarsi qualunque tipo di diatriba all'interno dell'azionariato di piazzetta Cuccia. È quanto emerge dai numeri con cui è passata la proposta, che ha raccolto il 99,9% dei consensi. Analogamente, la holding lussemburghese che fa capo al fondatore di Luxottica ha anche approvato le politiche di remunerazione di Mediobanca (97,7%). Per quanto riguarda invece la votazione legata all'azione di responsabilità che un piccolo socio ha voluto mettere ai voti - legata alle decisioni che il cda di Mediobanca avrebbe assunto due anni fa sulla partita per lo Ieo - Delfin sarebbe risultata tra quel 12,3% del capitale presente che ha scelto di astenersi (87,6% contrario, 0,005% a favore).Duplice il motivo, stando alle spiegazioni fornite. Prima di tutto, si trattava della controparte di quella vicenda che vide proprio Leonardo Del Vecchio contrapposto a Mediobanca, Unipol e altri. In secondo luogo, trattandosi di una proposta che inizialmente non era all'ordine del giorno, è probabile che Romolo Bardin - l'ad di Delfin che l'imprenditore milanese ha delegato per assistere alla riunione - non avesse alcuna indicazione in proposito. Di qui la scelta di non schierarsi. Di certo Del Vecchio ritiene Mediobanca un buon investimento. Mentre, di recente, Vincent Bolloré ha deciso di ridurre la sua partecipazione in piazzetta Cuccia, scendendo dal 7,85 al 6,73%, l'industriale italiano è negli ultimi giorni salito prima dell'assemblea dal 6,94 al 7,52%, diventando dunque il secondo azionista per peso negli assetti di Mediobanca, alle spalle di Unicredit (8,81%).Intanto l'istituto milanese festeggia l'andamento dei conti chiusi al 30 giugno. L'ultimo esercizio «è stato particolarmente positivo per ricavi, redditività, patrimonializzazione e margini operativi», ha spiegato l'ad, Alberto Nagel, nel corso dell'assemblea.Il numero uno della merchant bank ieri ha anche sottolineato quanto il gruppo stia diventando sempre meno dipendente dalle Generali. «Dal 2005 a oggi», ha detto Nagel, «il gruppo cresciuto così tanto nelle altre componenti che la quota di Generali Assicurazioni è andata diluendosi: la nostra dipendenza» dalla compagnia triestina «è venuta molto meno rispetto al passato, con i ricavi scesi in oltre un decennio dal 25% a circa la metà, il 12%. Vendere la quota Generali», ha aggiunto il banchiere, «ha senso solo se avessimo bisogno di capitale e non ne abbiamo poiché non è previsto alcun aumento».Su questo fronte, il numero uno di piazzetta Cuccia ha dichiarato che Mediobanca pensa di «fare M&A (fusioni e acquisizioni, ndr) in tutte le nostre divisioni, dal corporate and investment banking (banca d'affari, ndr) al wealth management (gestione dei grandi patrimoni, ndr) al consumer (i servizi bancari più tradizonali, ndr). Ce n'è una - il wealth managmenet - su cui punteremo di più, perché ci siamo entrati solo sei anni fa. Facciamo 60 milioni di utile e in futuro prevediamo di farne molti di più».Ai soci che hanno domandato per quale motivo Mediobanca non abbia ceduto nell'arco di piano la quota del 3% che era stata indicata, Nagel ha replicato che «l'idea di cedere il 3% prevedeva un certo tipo di sviluppo del capitale. Tuttavia siamo andati molto meglio del previsto e pertanto è venuta meno l'esigenza di vendere».