2024-10-07
Per la sinistra la libertà d’opinione vale solo per le idee progressiste
Hanno applaudito repressioni e censure, ora si stracciano le vesti per i pro Pal.Sembra proprio che la censura sia divenuta tema di dibattito politico. Finalmente, verrebbe da dire, se non che se ne discute nel solito modo orbo e un filo disonesto. Concita De Gregorio s’arrabbia su Repubblica accusando la destra di governo di reprimere il dissenso, di aver avviato una «opera sistematica di censura delle opinioni dissimili, di sostituzione, di sanzione alla libera espressione del pensiero fino ad arrivare al grottesco ddl Sicurezza: un obbrobrio di divieti a tratti sadico». Cgil, Cisl, Uil e associazioni varie (tipo Greenpeace) hanno pubblicamente espresso il loro sdegno dichiarando che il ddl è «una minaccia per la democrazia». Anche sulla Rete l’indignazione corre libera a commento delle immagini della manifestazione pro Palestina di sabato, con elegante coreografia di cariche poliziesche, manganellate e uso di idranti. Si grida contro lo Stato autoritario, si invitano gli agenti a vergognarsi, si versa qualche lacrima per i manifestanti con lividi da bastonata. Intendiamoci: a chi scrive - opinione personalissima - non piacciono granché (anzi, per niente) il divieto di manifestazione, il pugno duro contro i riottosi, la repressione delle dimostrazioni politiche e la sanzione della resistenza passiva. La politica, anche in democrazia, è conflitto, e talvolta il conflitto si fa più ruvido: non sempre le leggi e le norme, benché create da un governo eletto, si possono dire giuste o vanno accettate senza fiatare. Il problema di casa nostra, semmai, è che sono tutti legalitari con le botte degli altri. La sinistra italiana, per dire, negli ultimi anni ha molto coccolato gli attivisti green. Quelli, per intendersi, che usano prendersela con i monumenti e i quadri. I cugini britannici dei nostri ecologisti, qualche giorno fa, hanno tirato zuppa di arancione contro due dipinti di Vincent van Gogh esposti alla mostra Poets and Lovers alla National Gallery di Londra, rischiando di danneggiare capolavori inestimabili. Anche dalle nostre parti non sono mancati episodi simili, uniti a iniziative altrettanto irritanti come il blocco del traffico a danno di incolpevoli poveri cristi diretti al lavoro. Quando sono state introdotte norme più severe a punizione di questo tipo di azioni, dal fronte progressista si sono levati strepiti di disperazione, simili a quelli che ora si alzano per i cosiddetti pro Pal. I quali, per altro, dovrebbero conoscere bene le regole del gioco: legittimo sfidare l’autorità, anche con potenza; ma non ci si stupisca e non si piagnucoli se l’autorità fa suo mestiere e reagisce. Non abbiamo notato, tuttavia, analoga disperazione quando gli idranti e i manganelli furono sfoderati anni fa contro i portuali di Trieste. In quel caso, al contrario, quanti oggi fanno professione di libertarismo erano pronti ad applaudire la repressione violenta dei contestatori. Non ricordiamo neanche berci di dolore quando furono vietate le manifestazioni con la scusa della emergenza sanitaria, e per la stessa ragione si volevano addirittura impedire le elezioni. Eppure a Roma sono entrati in azione (anche a detrimento della legittima causa palestinese per cui altri hanno pacificamente sfilato) personaggi pronti allo scontro, che a volto coperto lanciavano sassi e utilizzavano i cartelli stradali come lance contro la polizia. A Trieste, invece, non erano scesi in strada picchiatori dei centri sociali o sovversivi professionali: soltanto lavoratori pacifici che si erano accovacciati a pregare. Viene allora il sospetto che qualche manifestante sia più uguale degli altri. Se a organizzare cortei sono i temibili esponenti della «destra estrema» diventa giusto isolarli, censurarli o addirittura pestarli come qualche antifa ha fatto in Ungheria. Se a fare resistenza passiva sono i portuali, si aprano pure gli idranti, se a marciare sono i «putiniani» si invochi con piacere l’uso della forza. Con i centri sociali, invece, che si utilizzi il guanto di crine e li si copra di baci. Per le «destre estreme» si invoca lo scioglimento, per quelli che tirano cartelli contro i finanzieri nemmeno un fiato di disapprovazione. Si abbia almeno il coraggio di dire le cose come stanno. Chi oggi piange per le cariche viste a Roma non ha a cuore la libertà ma il proprio interesse di parte. Interesse che, per la sinistra italica, consiste nel fare caciara contro il governo per coprire il proprio imbarazzo: sulla Palestina non si capisce che posizione ufficiale abbiano assunto i progressisti, incapaci di dire male degli uni e degli altri. Libera manifestazione in libero Stato è un concetto che dovrebbe valere sempre, non solo quando in piazza ci vanno gli amici.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.