2020-11-25
Per la sanità il salva Stati è inutile ma il governo s’inzucca sulla riforma
Roberto Speranza e Giuseppe Conte (Ansa)
Per tutto ciò che serve in momenti di pandemia stanziati 44 miliardi senza fare ricorso al Mes, che in futuro potrebbe imporre dolorose misure di correzione dei conti pubblici. Però da due anni non si discute di altro.Ben 44 miliardi. Questo è quanto il governo di Giuseppe Conte ha messo sul piatto della sanità italiana dal 2020 al 2026. Sono soldi in più che verranno spesi per la salute dei nostri concittadini. Con tanto di ulteriori fondi per le indennità di medici e infermieri. Per i contratti di formazione specialistica e i tamponi antigenici rapidi. Insomma, il minimo in momenti di pandemia, anzi dal 2022 la spesa è fin troppo stabile e «stitica». Tutto questo accade, Mes o non Mes. Anzi: non Mes. L'articolo 72 della legge di Bilancio disciplina la definizione del fabbisogno sanitario nazionale standard del 2021 e negli anni successivi fino al 2026. Ma a differenza dell'articolo 184, che prevede l'istituzione di un «fondo di rotazione per l'attuazione del Next Generation-Eu» (una sorta di anticipazione dei soldi del cosiddetto Recovery fund), nel caso della sanità non si fa menzione del fondo salva Stati.A conferma di ciò che andiamo ripetendo da mesi praticamente da soli nel panorama dell'informazione, il Mes non rappresenta una capacità di spesa aggiuntiva bensì una modalità di finanziamento di quest'ultima. Peraltro tossica, dal momento che introduce una pericolosissima segmentazione del debito italiano con creditori privilegiati nell'incasso come appunto il Mes e con tutti gli altri obbligazionisti retrocessi in serie B, quella dei creditori subordinati. Il tutto unito alla certezza che le condizioni del finanziamento potrebbero cambiare in corsa e quindi diventare tali che il Paese possa essere sottoposto all'attivazione di meccanismi di sorveglianza rafforzata. Misure di controllo, cioè, tali da imporre un domani dolorose misure di correzione dei conti pubblici, da sempre il carattere distintivo del fondo salva Stati. Di cui quindi non sentiremo più parlare? Ma nemmeno per idea, dal momento che l'unica stabile occupazione della classe politica europea sembra essere da oltre due anni quella di trovare appunto una ragion d'essere al Mes. Il progetto di riforma del fondo era già oggetto di discussione durante la permanenza del ministro Giovanni Tria a Via XX Settembre. Il prossimo 30 novembre i ministri economici e finanziari si riuniranno a Bruxelles in seno all'Ecofin e l'Italia dovrà per l'ennesima volta pronunciarsi in merito alla riforma del Mes approvata di nascosto dal governo Conte 1 contro il parere esplicito dell'allora sua maggioranza. Questa lo aveva diffidato a non dare alcun placet a una riforma che prevedeva due cose: 1) l'introduzione del cosiddetto backstop (o dispositivo di sostegno), vale a dire la possibilità che i soldi del Mes vadano a finire dentro le banche sottoposte a ristrutturazione; 2) la riforma delle cosiddette Cacs, cioè dire le clausole contrattuali inserite nei prospetti di emissione dei titoli sovrani dell'eurozona. Un cambiamento volto a rendere più semplice l'eventuale ristrutturazione del debito. Poi è arrivata l'opposizione feroce della Lega, ma soprattutto il Covid. Del progetto di riforma del Mes non si è più parlato. Si è quindi maldestramente provato a riciclare il Mes come meccanismo di sostegno per far fronte all'emergenza sanitaria. Ma grazie anche all'attività di informazione di questo giornale, del Mes vecchio stile a quanto pare non si farà nulla, almeno per il momento e stando a quanto previsto nella legge di Bilancio. E quindi ecco «riproporsi» - come la peperonata - l'originario progetto di riforma, solo temporaneamente accantonato a causa del virus. Forse per evitarne l'eutanasia invocata dal Jacques Delors institute, che in un recente paper ne ha evidenziato la sostanziale impossibilità di utilizzo.E ieri si è quindi svolta una riunione fra il premier Giuseppe Conte, i capi delegazione e i ministri Roberto Gualtieri, Vincenzo Amendola e Luigi Di Maio. Due ore di discussione in cui sono emerse posizioni distinte e distanti. Confronto che si è svolto in due round. Il primo nella mattina e il secondo nel pomeriggio. Sulla riforma del Mes, Pd e Italia viva premono per il via libera, anche alla luce del fatto che l'Italia si assumerebbe la responsabilità di bloccare la riforma di cui si parla da mesi. Il M5s chiede però il coinvolgimento del parlamento, non sapendo sostanzialmente cosa proporre, dal momento che nel suo programma elettorale ancora si prevede la liquidazione del Mes. «Una posizione inspiegabile», quella dei pentastellati: così sostengono dentro il Pd. «Inspiegabile non aver ancora chiesto il Mes viste le criticità portate alla luce dalla pandemia», insistono, come i giapponesi dentro la foresta che ancora credono si stia combattendo la seconda guerra mondiale, gli uomini di Zingaretti e Renzi, ieri capeggiati sul tema da Andrea Orlando. Di qui la mediazione raggiunta sul passaggio che Gualtieri dovrebbe fare con le commissioni Affari Ue e Finanze in Parlamento. Secondo la maggioranza sarebbe ancora possibile trovare in Parlamento un accordo almeno sulla riforma. In più, si può ora contare sul potenziale soccorso di Forza Italia. Insomma, occorre trovare una formula per non bloccare i lavori in Europa calendarizzati per il prossimo 30 novembre, pur rifiutando l'utilizzo del Mes per le spese sanitarie. Teniamolo in caldo: hai visto mai che possa sempre servire.