Il centrodestra sposta all’ottobre del 2026 il divieto di circolazione e diminuisce il numero delle città interessate. Ma su Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna pende ancora la sentenza della Corte di giustizia Ue che contesta la qualità dell’aria.
Il centrodestra sposta all’ottobre del 2026 il divieto di circolazione e diminuisce il numero delle città interessate. Ma su Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna pende ancora la sentenza della Corte di giustizia Ue che contesta la qualità dell’aria.C’è di che essere soddisfatti e non solo perché La Verità aveva sollevato con grande anticipo la questione, ma perché si restituisce la libertà di movimento ad alcuni milioni di italiani. Con un’ accelerazione in commissione Trasporti e Ambiente alla Camera degna di un dodici cilindri Ferrari - accelerazione che ha provocato le vivaci proteste verso il presidente dell’assemblea Lorenzo Fontana delle opposizioni, con i 5 e stelle e il Pd che hanno abbandonato l’aula, ma si sa che da sempre i democrat antipatizzano con le quattro ruote a meno che non siano le elettriche cinesi, al netto della Tesla della famiglia Fratoianni-Piccolotti - è stato inserito nel decreto infrastrutture un emendamento che rinvia al 1° ottobre del 2026 lo stop ai diesel Euro 5 in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Fra 83 giorni, senza questa ciambella di salvataggio approvata ieri dal centrodestra, circa un milione e mezzo di auto dovevano restare in garage dal lunedì al venerdì fra le 8 e le 18 e 30, dal 1° ottobre al 15 aprile, in obbedienza al regolamento europeo sulla qualità dell’aria. Il ministro per le infrastrutture e vicepremier, il leghista Matteo Salvini, aveva promesso un intervento rapido e ieri è arrivato. «La norma proposta dal governo e ratificata dal Parlamento», sostiene Salvini, «è di buonsenso: c’è grande soddisfazione perché avevamo subito garantito un intervento per risolvere il problema e questo è avvenuto». Verissimo eppure c’è un retrogusto amaro. Sarà perché è estate e viene in mente la direttiva Bolkestein sui balneari, ma il rinvio di un anno, se dà respiro a milioni di cittadini non risolve il problema. Nel decreto si allarga anche la platea dei territori dove questi divieti non scatteranno: dal 1° ottobre del 2026 lo stop alle diesel Euro 5 ci sarà solo in Comuni al di sopra dei 100.000 abitanti (prima il limite era fissato a 30.000) e c’è il via libera per i furgoni, salvando il lavoro a centinaia di migliaia di artigiani - la proroga riguarda infatti anche i mezzi commerciali di categoria N 1,2 e 3 - anche se, in caso di urgenza o di provvedimento motivato delle Regioni, i divieti possono essere ripristinati anche prima del 2026. Resta infatti intatta la ragione dello stop ora rinviato. Risiede in un decreto - il 121 del 2023 - emanato dal governo per soddisfare due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea che obbligava le quattro Regioni ad aggiornare i «rispettivi piani di qualità dell’aria disponendo misure di limitazione della circolazione stradale». Che non ci sia una soluzione definitiva con questo emendamento lo dimostra la situazione di Roma dove c’è l’incertezza che riguarda le auto diesel Euro 5 e le auto a benzina fino ad Euro 2. Una legge regionale della giunta presieduta da Nicola Zingaretti, ecco che torna il Pd, vieta la circolazione nella «fascia verde» dal 1° novembre fino al 30 marzo. A Roma ci sono ancora 130.000 veicoli costretti allo stop forzato. Ecco perché, fatto l’emendamento, è necessario che le Regioni studino misure compensative e alternative rispetto al blocco del traffico. Comunque ieri c’è stato un deciso passo avanti. Lo rileva il ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia) per il quale si è fatta «una scelta di buonsenso; per la transizione della mobilità servono soluzioni equilibrate, graduali e socialmente sostenibili, che non penalizzino ingiustamente le fasce più deboli della popolazione e per questo proseguiremo al ministero il confronto con le Regioni». Anche il Codacons, che aveva chiesto a gran voce il disco verde per le Euro 5, è soddisfatto, ma rileva che il parco circolante in Italia è vetusto e che il provvedimento di blocco aveva fatto impennare i prezzi dell’usato e depresso la richiesta del nuovo. Questi segnali però - sostiene l’associazione - devono indurre le Regioni a fare presto e bene per rispettare le raccomandazioni europee. In materia di auto - atteso che Stellantis ha fatto sapere che la produzione è crollata del 33% per cui o i nuovi modelli decollano o sono dolori - il ministro per il Made in Italy Adolfo Urso nota segnali di resipiscenza a Bruxelles. «La Commissione si è allineata alla nostra richiesta di anticipare la revisione del regolamento CO2. Ora si può, introdurre il principio della piena neutralità tecnologica». Per l’Italia significa, ad esempio, puntare al via libera dei motori endotermici alimentati con biocarburanti, di cui siamo leader. «Con il non paper sull’auto proposto dai noi», nota Urso, «insieme alla Repubblica Ceca e col supporto di 15 Paesi, abbiamo fatto da apripista. Il nostro documento poneva due condizioni preliminari: l’anticipo della revisione sulla CO2 e la rimozione delle super multe miliardarie a carico dei costruttori che avrebbero pregiudicato ogni ipotesi di ripresa della produzione europea». È appena il caso di ricordare che l’assessore della Lombardia Guido Guidesi che è a capo anche delle regioni d’Europa che producono auto aveva dichiarato proprio a La Verità: o c’è un cambiamento del Green deal sulla mobilità o si celebra il funerale dell’industria automobilistica, la più importante in Europa. Perciò Urso sottolinea: «La modifica d’urgenza approvata all’Eurocamera sulle emissioni di CO2 per auto e furgoni deve diventare un provvedimento della Commissione; sarò a Berlino e a Parigi per tentare di salvare insieme con i grandi paesi l’auto dalle follie del Green Deal». Per ora sono salve le Euro 5 e, come si dice in pianura Padana, piuttosto che niente è meglio piuttosto.
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Il pentimento è un concetto chiave della dottrina cattolica. Chi ha commesso un peccato con un atto di contrizione può ripudiarlo e chiedere perdono, impegnandosi di fronte a Dio a non farlo più.
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Bruxelles pensa alla mossa trumpiana: stop ai soldi per Gavi e Global fund. «Non riusciamo a controllarne la gestione».






