
Il regista padovano che in «Rosso Istria» ha firmato solo la sceneggiatura: «Ho fatto un passo indietro. Dopodiché anche Simone Cristicchi ha deciso di uscire dal progetto».Rosso non si riferisce al sangue dei 20.000 italiani finiti nelle Foibe, né al colore delle stelle sui berretti dei partigiani titini. Rosso è il colore della terra istriana ricca di bauxite. Appunto Rosso Istria, come il titolo della tesi di laurea di Norma Cossetto, giovane studentessa di Visinada (oggi Comune della Croazia) barbaramente violentata e uccisa dai miliziani jugoslavi nell'ottobre del 1943. La storia di questa ragazza è diventata negli anni l'emblema del dramma vissuto dalle popolazioni giuliane, fiumane e dalmate alla fine della seconda guerra mondiale, e ora è anche il filo conduttore che ha ispirato il film Rosso Istria, presentato ieri al Festival del cinema di Venezia. Il lungometraggio vanta interpreti del calibro di Franco Nero e Geraldine Chaplin (figlia del grande Charlie) con la regia dell'argentino Maximiliano Hernando Bruno. La prima sceneggiatura, acquistata dalla produzione della Venice Film, è del regista padovano Antonello Bellucco, che ha sempre posto la macchina da presa sulle storie celate della nostra Italia, per cercare di riannodare il filo di una memoria condivisa priva di filtri ideologici. Bellucco, Rosso Istria la sente come una sua opera anche se non ha più guidato la regia?«Certo, inizialmente dovevo firmare anche la regia, poi come sceneggiatore il mio compito è stato quello di costruire una storia legata alle esperienze che ho vissuto tramite il racconto dei miei nonni, che nel dopoguerra hanno dovuto lasciare Fiume, ingrossando le file dell'esodo degli italiani dalle terre giuliano dalmate». Per le musiche era prevista una collaborazione con il cantautore Simone Cristicchi, poi è venuta meno. Perché?«Avevamo deciso di fare insieme l'opera. Come è mancato il mio apporto di regista si è ritirato. Un problema puramente di “squadra". Simone ha trattato la tragedia dell'esodo con il suo spettacolo Magazzino 18 e aveva apprezzato il mio film Il segreto di Italia sull'eccidio partigiano di Codevigo (esecuzione sommaria di centinaia di persone tra civili e militari, ndr)».Rosso Istria ruota attorno alla figura di Norma Cossetto, giovane istriana laureanda all'università di Padova, violentata e uccisa dai partigiani comunisti jugoslavi. Cosa c'è di tuo in questa storia?«Il soggetto di Norma mi è stato proposto dalla Venice Film, su questo ho costruito la sceneggiatura. Ho ripreso molto i pensieri e le storie raccontatemi dai miei nonni e da mia madre, allora tredicenne, e la loro fuga da quella terribile pulizia etnica. Ricordo il loro strazio quando i partigiani titini entrarono in casa con i mitra in mano e i berretti con la stella rossa: erano i loro conoscenti, gli amici, i vicini di tutti i giorni. Nella storia ho desiderato infondere quello stato d'animo di chi il dolore lo ha vissuto sulla propria pelle. La sofferenza la conosci solo se scivola sulla tua pelle e s'infrange nella tua anima...».La grande storia vista tramite gli occhi delle singole famiglie. Un'operazione che non viene mai fatta per raccontare i crimini dei vincitori…«Io non voglio avere un sguardo ideologico ma antropologico. In Rosso Istria sono presenti le stesse dinamiche de Il segreto di Italia, una guerra fratricida legata alla vendetta, all'invidia, all'odio personale. Tra breve inizierò le riprese del documentario Fratelli contro, l'estate del 1945, un film documentario che prende spunto dalle cronache di quei giorni, il più delle volte celate. Desidero avvalermi dell'intervento di uno psichiatra criminologo per indagare sul perché di tanta follia».Nel frattempo ha finito di girare Sulle mie spalle. Anche questo film punta i riflettori sul periodo che parte dal secondo dopoguerra…«È una storia della nostra Italia, dal 1915 al primo Natale dopo la seconda guerra mondiale, quello del 1945. Il protagonista è un giovane, prima interventista poi imprenditore che, a seguito della crisi del 1929, si ritroverà in povertà, meditando il suicidio. Nel personaggio possono riflettersi le storie di tanti imprenditori veneti spazzati via dall'ultima crisi economica. Il denominatore comune di tutto il film è San Leopoldo Mandic. Storie vere, accadute un secolo fa, storie che, grazie a padre Leopoldo, si intrecciano tra di loro lasciando il segno e che, incredibilmente, si ripetono nella nostra attualità sconcertante e drammatica: tutto ciò, nel film, diventa fulcro di un messaggio universale (padre Leopoldo voluto con padre Pio a San Pietro nel Giubileo della Misericordia 2016, ndr)». Quali difficoltà si incontrano a raccontare le pagine di storia patria strappate dai libri di testo?«Per una giusta pacificazione del nostro Paese, ancora oggi diviso, tutte le cose vanno messe sul piatto con onestà intellettuale. Per Il segreto di Italia ho subito contestazioni e attacchi di ogni genere. Basta scrivere sul Web Bellucco, Anpi, centri sociali e si capisce subito cosa è accaduto. Per Rosso Istria? Spero che il film abbia un suo percorso più tranquillo». Il monopolio culturale della sinistra si fa ancora sentire?«Indubbiamente questi temi sono la loro roccaforte, ma devo dire che persino alcuni ex partigiani, dopo aver visto il film, mi hanno avvicinato per ringraziarmi. Un partigiano ed ex giornalista parlamentare mi ha chiamato per dirmi che facevo bene a raccontare queste storie. D'altra parte la sceneggiatura de Il segreto di Italia è stata scritta, con me, da un uomo di sinistra come Gerardo Fontana, già sindaco di Codevigo. Gerardo volle il Sacello dove oggi sono raccolti i resti di una parte delle vittime trovate nelle fosse comuni. Chi è onesto intellettualmente non ha paura della storia».Ma sono proprio gli intellettuali quelli meno pronti a riconoscere queste parte della storia patria…«No. Chi rifiuta lo fa per partito preso. Spesso, purtroppo, avendo letto solo un libro di storia... Dire la verità è come immettere un batterio benevolo che prolifera e destabilizza il pensiero unico. Di questo hanno paura».All'estero l'accoglienza di questa pellicola è stata meno turbolenta…«Il segreto di Italia è stato premiato come miglior film straniero durante la trentesima edizione del Fort Lauderdale international film festival, in Florida. Nel 2015 è stato selezionato al festival del cinema di Montreal, in Canada. Il dvd, dopo anni, viene ancora richiesto e non solo in Italia, in Europa, nelle Americhe. Internet ci è stato di grande aiuto e la gente non crede, ancora oggi, che in Italia si sia iniziato a realizzare prodotti con orizzonti molto più aperti».Rosso Istria incontrerà gli stessi problemi? «Adesso c'è una legge che permette alle produzioni di trovare una loro indipendenza nella distribuzione. L'aspetto economico gestito nella distribuzione da chi ha anche prodotto il film porterà sicuramente il cinema a raccontare, mi auguro per meritocrazia, anche quello che i grandi potentati non hanno mai voluto considerare».Nel campo della cultura si aspetta qualcosa dal cosiddetto governo del cambiamento?«Il comune denominatore dei due partiti, nell'accordo di maggioranza, credo sia la giustizia sociale e spero che ciò accada. In campo culturale questo si dovrebbe tradurre con una fattiva meritocrazia. Mi sono sempre chiesto come possano essere valutate centinaia di sceneggiature che arrivano al Mibac con richiesta di finanziamento. Come fanno a leggerle tutte con l'attenzione dovuta quando le commissioni sono fatte da poche persone? Da qui la speranza che qualcosa possa cambiare per non vedere sempre i soliti autori firmare i soliti film».
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.