2024-12-21
Per far implodere la sinistra dei bavagli e dei finti libertari è bastato un Tony Effe
Il pasticcio di Roberto Gualtieri mette a nudo l’ipocrisia del Pd: il rapper fa sold out, verso l’annullamento il concertone del Campidoglio.Tony Effe e Roberto Emme. Effe come furbo, anzi furbissimo: il rapper divenuto martire della libertà di espressione ha risolto lo psicodramma del Capodanno romano organizzando al volo un concerto al Palaeur, prezzi calmierati a 10 euro e tutto esaurito nel giro di 24 ore, forse meno. Li ha fregati tutti, e ne è uscito persino come quello che pensa al popolo. Emme come la figura rimediata dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, che ha mandato in vacca lo spettacolo di fine anno (la notizia di ieri sera è che il Comune sta valutando l’annullamento dell’evento), ha scontentato tutti e si è fatto spernacchiare dai social e dall’esercito di artisti su cui la sinistra può storicamente contare. Per altro, come ricordava giustamente Fanpage, il Palaeur è gestito da una società partecipata al 10% da Roma Capitale: quindi quel che è uscito rumorosamente dalla porta rientra beffardamente dalla finestra. Un capolavoro. In fondo, poveraccio, non è nemmeno del tutto colpa del Roberto capitolino. Gualtieri è rimasto stritolato nelle contraddizioni del progressismo contemporaneo, incastrato in una competizione tra moralisti e supponenti in cui tutti si presentano come buoni e per lo più sono buoni a nulla. Il dramma del sindaco è quello della sinistra, appena più grottesco di quello che affligge chiunque di noi: a un certo punto, bisogna decidere chi si vuole essere. Non si può restare per sempre di lotta e di governo, ribelli e autoritari, elitari e popolari. Prima o poi, le personalità multiple verranno inevitabilmente in conflitto, e il risultato non può che essere l’implosione. Tradotto: non puoi stare con Giulia Cecchettin e con Tony Effe, perché sono destinati a confliggere. Giova ricordare a tale proposito che una tra le prime a sollevare il caso gridando al sessismo è stata Silvia Costa, ex europarlamentare pd che ieri al Corriere della Sera dichiarava di non essere affatto pentita: «Non ho altro da aggiungere alle polemiche», ha detto, «ma sono convinta sia stata una cosa buona l’aver contribuito a innescare la discussione su un tema come il rispetto delle donne, in particolare nella cultura giovanile di oggi, che merita un’attenzione sempre maggiore non solo a Roma ma anche a livello nazionale». Già, peccato solo che il tutto si sia risolto in un harakiri mediatico. Più che prevedibile, dato che Gualtieri ha maldestramente tentato di tenere il piede in due staffe, che è poi ciò che la sinistra fa da decenni, convinta che tutti siamo scemi. Lo schieramento progressista italico è incontestabilmente fra i più intolleranti di ogni epoca. Scrittori e intellettuali gauchiste passano il tempo ad accusare il governo destrorso di fascismo, gli attribuiscono tentazioni autoritarie che non ha, e nel frattempo l’establishment culturale progressista - che ancora domina praticamente ovunque - si arroga il diritto di stabilire chi possa aprire bocca e chi no. Vengono zittiti con la forza presunti putiniani e negazionisti del cambiamento climatico, razzisti immaginari, omofobi e sessisti privi di omofobia e sessismo. Poi però si pretende che Tony Effe non venga sfiorato da polemiche, lo si trasforma in un martire della libertà di espressione. Si celebrano il me too e il suo puritanesimo inquisitorio e ci si stupisce se fanno cortocircuito con il trapper appassionato di coca e mignotte. Nemmeno ci si rende conto di quanto tutto ciò sia patetico. Patetico è il sindaco che cerca di compiacere le femministe togliendo il microfono a un cantante tutto sommato caricaturale e inoffensivo. Salvo poi, a casino deflagrato, scaricare tutta la responsabilità sui «centri anti violenza» che gli avrebbero «dato l’impulso» a cancellare l’esibizione concordata. Patetici sono i sedicenti artisti che hanno mollato il concertone lamentando la censura al danaroso collega: mai che abbiano aperto bocca su altre e più concrete mordacchie, mai che abbiano avuto il fegato di uscire dai confini angusti della correttezza politica. Si muovono solo per consorterie, frignano quando balena la prospettiva di una riduzione degli spazi e dunque degli incassi. Le più tristi sono probabilmente le donne: Noemi, Emma, Giorgia: tanto antifasciste quando non serve, tanto femministe quando c'è da farsi belle sui giornali ma poi tutte a difendere l’amico Tony e il suo linguaggio che in qualsiasi altro contesto sarebbe giudicato violento e patriarcale («Ti sputo in faccia solo per condire il sesso/ Ti chiamo puttana solo perché me l’hai chiesto/ Ti sbavo il trucco, che senza stai pure meglio/ Ti piace solamente quando divento violento»). Persino Vladimir Luxuria ha gioco facile a rigirare le unghie smaltate nella piaga: «Si fanno gli interessi delle donne o delle case discografiche?», dice. «Da ora in poi sdoganiamo qualsiasi linguaggio misogino, omofobo, contro i disabili, se no chi si oppone viene tacciato di censura». Sono, questi, gli ultimi spasmi di una cultura moribonda che si aggrappa a Vasco Rossi e Piero Pelù, libertari quando c'è da far su le cannette e liberticidi quando impera l’autoritarismo sanitario. Una cultura che trasforma le donne in feticci retorici e poi celebra Onlyfans quale strumento di liberazione dei corpi. Una cultura che vuole entrare nelle scuole per sradicare il patriarcato sovvertendo il linguaggio e poi scopre che in quelle scuole si ascoltano Tony Effe e i bulli delle periferie che a parole trattano le donne come bambole gonfiabili. Il risultato è il palco di Capodanno prima riempito dall’ipocrisia e poi svuotato dal moralismo. Tutto si tiene: Tony Effe nei suoi pezzi mette il guinzaglio alle «bitch», il sindaco Gualtieri mette il bavaglio a Tony Effe, la sinistra si fa malissimo da sola e per stare al passo con i tempi finge che sia una pratica sadomaso.
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