2021-01-28
Per cinque anni l’Italia ha mentito sulla prevenzione delle epidemie
Al questionario imposto dal Regolamento sanitario internazionale sono state date risposte non veritiere L'ex pm Gherardo Colombo: nelle Rsa nessun protocollo contro i rischi. I magistrati di Bergamo sentono il ministro.È sempre più lungo l'elenco di errori e inadempienze italiane nell'affrontare la pandemia. Da mesi si discute della mancanza di un piano pandemico, fermo al 2006 e mai aggiornato: una carenza gravissima alla quale il governo ha cominciato a porre rimedio soltanto poche settimane fa con una bozza che l'altro giorno è stata rivista e approvata dalla conferenza Stato Regioni. Ma nella lista degli interventi di prevenzione chiesti ai vari Paesi non c'è soltanto l'obbligo (da noi colpevolmente disatteso) di aggiornare il piano pandemico.L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha varato un Regolamento sanitario internazionale (Rsi) il quale impone una serie di misure ulteriori per potenziare la sicurezza sanitaria, che rappresentano la premessa essenziale per tutte le attività di prevenzione. Inoltre, ogni Stato membro dell'Unione europea deve fare pervenire periodicamente all'Oms e alla Commissione europea un documento di autovalutazione dichiarando a che punto sono questi interventi. Anche il Parlamento europeo e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) richiedono adempimenti aggiuntivi.L'Italia ha fatto qualcosa su questi versanti? Pochissimo. E quel poco è stato fatto pure male, con superficialità e pressappochismo, con il risultato di avere prodotto dichiarazioni non rispondenti ai fatti. La ricostruzione di queste inadempienze è contenuta nell'ultimo rapporto redatto dal generale in pensione Pier Paolo Lunelli, che in carriera ha elaborato protocolli pandemici per diversi Stati dell'Ue. Le conclusioni cui giunge il rapporto di Lunelli sono impietose. Per ottemperare alle indicazioni del Rsi, entro il 2012 l'Italia doveva predisporre un coordinamento in 8 punti per essere pronta ad affrontare una pandemia. Nulla è stato fatto, e il risultato è la disorganizzazione di questi 12 mesi. Ma Lunelli ha analizzato anche le risposte fornite dal ministero della Sanità ai questionari di autovalutazione. Sono formulari con 154 quesiti che vanno aggiornati di anno in anno, attraverso i quali ognuno dei 194 Stati ragguaglia l'Oms sull'avanzamento delle misure di prevenzione. Ebbene, negli ultimi 10 anni l'Italia ha risposto soltanto 5 volte. Nel 2012 (premier Monti), 2013 (Letta), 2014-2015 (Renzi) e 2017 (Gentiloni) il ministro di turno ha ignorato l'obbligo. Negli altri anni le risposte fornite sono esagerate. I funzionari della Sanità dichiarano che l'Italia rispetta le indicazioni sanitarie antipandemiche in percentuali altissime, tra l'87 e il 95%. Era davvero così? La risposta è no.Ecco alcuni esempi riportati da Lunelli. Si chiedeva di sviluppare una normativa specifica: nulla è stato fatto, come dimostra il caos di dpcm, ordinanze delle Regioni e ricorsi al Tar. Bisognava predisporre una «capacità di sorveglianza sanitaria 24 ore su 24, 7 giorni su 7» accompagnata dalla «capacità di pronta comunicazione di modelli di malattie insoliti o imprevisti»: l'Italia si è data un bel 9 su 10, ma quando nel dicembre 2019 decine di persone nel Nord Italia furono colpite da strane polmoniti, febbri altissime e influenze atipiche nessuno segnalò questi casi anomali al coordinamento nazionale. Non c'è traccia della catena «di comando e controllo su ospedali, cliniche, strutture para ospedaliere, aeroporti, porti, laboratori, ministeri e altre aree operative chiave» che doveva essere predisposta, accompagnata dalla «capacità di adottare rapidamente le misure di controllo, contenimento e isolamento al fine di evitare l'espansione incontrollata di focolai epidemici».L'Oms chiedeva anche di «sviluppare un meccanismo per prevenire le infezioni ospedaliere». Questa capacità è stata autovalutata con il massimo punteggio. Ma i fatti hanno dimostrato che si trattava di una balla rilevata perfino dal rapporto Oms silenziato a maggio da Ranieri Guerra: le strutture sanitarie erano totalmente impreparate, senza dispositivi di protezione, posti letto né macchinari. Ieri l'ex magistrato di Mani pulite Gherardo Colombo l'ha confermato: «Nelle nostre residenze sanitarie assistenziali non esisteva alcun piano di prevenzione del rischio pandemico», ha detto Colombo, ora componente della commissione d'inchiesta istituita dalla Ats Milano (Agenzia di tutela della salute) sugli eventi che hanno interessato il Pio Albergo Trivulzio. «Non a caso», ha aggiunto, «si è arrivati tardi a impedire l'accesso ai parenti all'interno delle Rsa. Sembra non siamo capaci di programmare».Il quadro di impreparazione è desolante, ma è colpevole avere reso dichiarazioni che non rispondevano alla situazione come è emersa alla prova dei fatti. L'avvocato Consuelo Locati, che dirige il pool legale di appoggio al comitato Noi denunceremo promosso dai familiari delle vittime del Covid a Bergamo, non esclude che si possano ipotizzare due reati: omissione di atti d'ufficio nei 5 anni in cui il questionario del Rsi è stato ignorato, e falso ideologico negli altri 5 per le risposte non rispondenti alla realtà. L'inchiesta di Bergamo sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro procede: ieri e oggi i pm sono a Roma per sentire il ministro Roberto Speranza, il presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e i vertici della sanità pubblica. Speranza era già stato sentito a giugno assieme a Giuseppe Conte e al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese. Al centro dei colloqui di questi giorni c'è proprio il mancato aggiornamento del piano pandemico.