2022-05-14
Per Amara un petrolchimico in Iran con i 26 milioni della truffa all’Eni
Con due soci ha acquistato uno stabilimento. Ora sono accusati di riciclaggio.Il faccendiere Piero Amara, gola profonda molto amata da alcune Procure, frequentatore di aule di Tribunale e di patrie galere, ha un mestiere poco noto ai più: fa il petroliere a tempo perso. Dagli atti del procedimento della Procura di Milano denominato «Complotto» emerge che, secondo gli inquirenti, con il denaro truffato ad Eni, l’avvocato siracusano ex legale della compagnia petrolifera e i suoi presunti complici si sarebbero messi in proprio, acquistando uno stabilimento petrolchimico in Iran e, ancora oggi, ne starebbero godendo i frutti visto che la Procura di Milano e, prima ancora, quella di Roma non hanno mai sequestrato nulla.Dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari del dicembre 2021 risulta che il sedicente grembiulino della loggia Ungheria, Francesco Mazzagatti e Giuseppe Cambareri sono accusati del delitto di riciclaggio perché, con quasi 26 milioni di euro ottenuti da Eni, hanno acquistato il 60% di una società denominata Api, a sua volta proprietaria del 60% della Mehr petrochemical Co. che ha tra i suoi asset uno stabilimento petrolchimico in Iran. In realtà l’affare era già stato contestato agli indagati nel mese di gennaio 2019 dall’ex pm Stefano Fava quando era in servizio alla Procura di Roma che aveva scritto: «Quindi complessivi 25.844.583,60 euro, somme successivamente utilizzate, entro il mese di luglio 2018, per la costituzione della Napag petrochemicals industries limited di Honk Kong - il cui capitale sociale […] risulta detenuto dal Mazzagatti - società che ha rilevato l’intero capitale sociale della società Alliance petrochemical investment (Singapore) Pte Ltd proprietaria del 60% delle quote dello stabilimento Mehr petrochemical Co ubicato in Iran, Paese sottoposto ad embargo». Come è noto, la richiesta di arresto di Amara e di sequestro fatta da Fava era stata stoppata dall’ ex procuratore capo Giuseppe Pignatone e il fascicolo era stato tolto all’ex pm. A spiegare nei dettagli l’operazione agli inquirenti meneghini è stato l’ex dirigente Eni, Claudio Zacchigna, che ha dichiarato: «Intorno al giugno 2018 Napag petrochemicals di Hong Kong, che fa capo a Mazzagatti, ha acquistato il 100% di Api Singapore, la quale deteneva il 60% di un petrolchimico in Iran denominato Mehr […]. Non posso essere preciso, ma mi sembra che l’ammontare complessivo del corrispettivo pagato sia intorno ai 130 milioni di dollari, non corrisposti immediatamente ma un primo versamento iniziale, pari a circa 25 milioni di dollari, cash e il resto divisi in rate […]. In buona sostanza il pagamento delle rate dovute da Napag ai venditori poteva essere compensato con il corrispettivo che i venditori dovevano pagare a Napag per la vendita di Hdpe (polietilene, ndr)». Il primo versamento di 25 milioni di euro per comprare lo stabilimento è stato quindi fatto con i soldi dell’Eni, usata da Amara e dai suoi soci come una sorta di inconsapevole banca, mentre il resto del pagamento e la restituzione dei 25 milioni avviene con comode rate la cui provvista viene ricavata da ciò che produce e vende lo stesso stabilimento acquistato. Ma dagli atti del procedimento «Complotto» emergono altri benefici che l’ex legale di Eni avrebbe ottenuto. Nell’informativa della Guardia di finanza di Milano del 29 ottobre 2021 in un paragrafo intitolato «trasferimenti di denaro a favore di Piero Amara» si legge che nel periodo compreso tra maggio 2018 e gennaio 2019 i sodali di Amara nella Napag, Mazzagatti e Cambareri, hanno consegnato denaro per 307.000 euro complessivi alla moglie di Amara, Sebastiana Bona e all’avvocato di Amara, Francesco Montali. Il tutto con Amara che, da febbraio 2018 fino al 10 maggio 2018, è stato detenuto a Regina Coeli e dal 6 maggio fino al luglio 2018 ai domiciliari. La Gdf elenca anche i trasferimenti di denaro in favore di Amara dal maggio 2015 all’aprile 2018, per ulteriori 774.000 euro. Sommando gli importi emerge che Amara e i suoi cari hanno avuto dalla Napag, la considerevole liquidità di 1.081.000 euro. Ma per questo denaro nessuna contestazione viene mossa ai beneficiari e, come per il petrolchimico, nessun provvedimento di sequestro risulta essere mai stato effettuato.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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