2018-08-14
Basta bugie, ecco la legge taglia pensioni
Colpirà chi percepisce oltre 80.000 euro lordi. Ma si omette di dire che riguarderà solamente la parte retributiva. Irrealistica la previsione di ricavarne 500 milioni: al massimo 350. Sarà retroattiva e quindi potenzialmente incostituzionale. E dal 2019 a rischio anche la reversibilità.Sulle pensioni i cittadini italiani meriterebbero chiarezza. Meno balle e più rispetto. Vale per i media, e pure per il governo. Da giorni infuria il dibattito attorno alla proposta di legge sul taglio delle pensioni d'oro. Il testo di nove pagine è firmato dal deputato leghista Riccardo Molinari e da quello grillino Francesco d'Uva. I due capigruppo hanno stilato una bozza in accordo con il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, con l'obiettivo di racimolare 500 milioni (così è dichiarato) ed effettuare un «ricalcolo contributivo delle pensioni superiori a 4.000 euro» netti.Sul termine «ricalcolo contributivo» la stampa ha giocato molto. Ad esempio, La Repubblica domenica ha titolato: «Pensioni oltre i 4.000 euro, un taglio tra il 10% e il 20%. Le donne più penalizzate». Il quotidiano di Largo Fochetti, che aveva ottenuto il testo (lo stesso che pubblichiamo in pagina) ha ciurlato nel manico. Non chiarisce che il taglio riguarda solo la parte retributiva e non quella contributiva. Lasciando intendere una sforbiciata complessiva del 20% sull'intera somma, quando invece varrà - se approvato - solo per la cifra che eccede gli 80.000 euro lordi annui. Pure sulle donne le cifre saranno da rivedere. Non dovrebbero essere più di 30.000, sul totale di una platea che si aggira sui 160.000 pensionati. Altri giornali hanno puntato il dito sulle disparità che la nuova legge provocherebbe. Chi è andato in pensione più tardi avrà minore taglio. In realtà è prevista una clausola di salvaguardia, che eviterà sbilanciamenti a favore di singole categorie.Su queste omissioni si è scagliato ieri Luigi Di Maio, l'ispiratore della proposta di legge. Su Facebook ha attaccato i giornalisti, accusandoli di mistificare i fatti. Solo che dovrebbe essere lui il primo a fare chiarezza.Il testo, che La Verità ha visionato, lascia aperte una serie di incongruenze e di pericolosi punti morti. Innanzitutto il taglio della parte retributiva è retroattivo. E quindi tradisce gli accordi fatti tra Stato e cittadini. Nonostante ben due pagine della bozza siano dedicate a sentenze delle Corte costituzionale che puntellano la tesi della solidarietà sociale all'interno del circuito pensionistico, la legge non pare al riparo da accuse di incostituzionalità. Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha più volte affermato che le pensioni sono un bene (come il conto corrente) e che quindi non possono essere manomesse. Recentemente la stessa Cedu ha bocciato il ricorso di 10.000 pensionati contro il bonus Poletti. La sentenza (discutibilissima) si è appellata al fatto che la mancata rivalutazione sia così sottile da non inficiare il portafoglio delle persone. Se l'effetto del bonus fosse stato retroattivo, la Cedu non avrebbe avuto dubbi: avrebbe dato ragione ai 10.000 ricorrenti. Ecco perché la legge è fortemente a rischio. Di Maio dice che se ne infischia. Ma se la Corte lo bocciasse avrebbe un nuovo buco di bilancio da coprire. Il governo fin qui ha omesso anche un altro dettaglio non da poco: l'intervento non è riducibile a un reale ricalcolo dei contributi versati. È previsto un coefficiente che mette a confronto l'età effettiva della pensione rispetto a quella prevista dal metodo contributivo in un determinato periodo. Per fare un esempio: chi è andato in pensione nel Duemila godeva di una pensione interamente retributiva. Secondo l'attuale metodo, l'età di ritiro sarebbe quella di 65 anni e un mese. Se è andato in pensione a 60 anni, con la nuova legge subirà un taglio più o meno del 2% all'anno sulla parte eccedente gli 80.000 euro. Quindi, visto il gap di cinque anni, il taglio totale ammonta al 10% (sempre della parte eccedente). Se il suo importo lordo complessivo fosse di 100.000 euro lordi, l'anno prossimo ne riceverà 98.000. Se è andato in pensione a 58 anni, subirà una limatura di circa 3.000 euro. Il delta massimo tra età teorica ed effettiva del pensionamento non potrà causare decurtazioni oltre al 18%. Nel dettaglio, andranno applicati i nuovi coefficienti di trasformazione in accoppiata a quelli previsti dalla legge Dini. Allo stato attuale l'Inps non è in grado di registrare il calcolo dei contributi versati prima del 1995, anno della svolta messa in atto da Lamberto Dini. Ciò rischia di penalizzare alcuni pensionati anche nella sostanza dei numeri: molti potrebbero scoprire di dover subire un taglio in realtà immeritato.C'è poi un interrogativo enorme che il vicepremier Di Maio non ha fin qui affrontato: riguarda le pensioni di reversibilità. Chi già percepisce l'assegno «ereditato» da un parente non deve temere modifiche. È stato calcolato in base all'ammontare previsto dalle leggi che si sono susseguite. Sul futuro la bozza di legge nulla chiarisce, il che lascia intendere che il rischio è duplice. Il primo riguarda la base di calcolo. La pensione di reversibilità dal prossimo anno non sarà più il 60% (o l'80% se ci sono figli a carico) dell'imponibile lordo, ma il 60% della somma frutto del taglio della pensione d'oro. Soprattutto, le pensioni di reversibilità fanno cumulo. Il limite garantito dalla bozza di legge è di 80.000 euro lordi all'anno. Se l'apporto dell'assegno di reversibilità porta la somma a 120.000 euro, i 40.000 in eccesso non sono garantiti per intero. Eppure si tratta di una cifra che lo Stato ha già sforbiciato in base ai parametri di calcolo e pure di reddito. Tagliare anche gli assegni ereditati porterebbe nel lungo termine un gettito considerevole. Ma va detto subito. E andrebbe prevista una cifra esatta di gettito. Il governo parla di 500 milioni. Gli esperti ne stimano solo 350. Eppure a partire da questo dato il governo alzerà minime e pensioni sociali. Probabilmente si tratterà di 30/40 euro per ciascuno degli interessati in più al mese. Quanto basta al M5s per portare avanti una campagna elettorale (la bozza promette di arrivare a 780 euro al mese). Preoccupa il silenzio di Matteo Salvini su questo decreto. Il firmatario, Riccardo Molinari, ha confermato alla Verità che si interverrà solo sulla parte retributiva e per un ammontare non superiore ai 500 milioni. Il capo del Carroccio dovrebbe spiegare che senso abbia penalizzare i pensionati con il retributivo a fronte di una pace sociale di impronta comunista. Salvo poi dare quei soldi a chi non mai versato nemmeno un contributo: assegni sociali e pensioni minime. Quasi tutte al Sud.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)