Il socialista Sánchez si mette di traverso: «Lo Stato ebraico sta violando il diritto»

Mentre le diplomazie continuano a cercare su vari fronti strade da poter percorrere per chiedere uno stop della contesa a Gaza, alcuni Paesi cominciano a valutare se Israele stia violando il diritto internazionale con la sua risposta militare. Il premier spagnolo Pedro Sánchez, per esempio, ieri ha affermato di pensare «che sia legittimo porsi questa domanda dopo aver visto le immagini, la sofferenza e lo sfollamento di oltre un milione di persone da tre settimane». E da nove Paesi (Emirati Arabi Uniti, Giordania, Bahrein, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Kuwait, Egitto e Marocco) è arrivata la condanna alle violazioni del diritto umanitario internazionale nella Striscia di Gaza: «Il diritto all’autodifesa non giustifica le violazioni del diritto internazionale e la deliberata negligenza dei diritti legittimi del popolo palestinese». Gli Usa, invece, annunciano nuove sanzioni contro Hamas e l’Iran. L’Office of foreign assets control del Dipartimento del tesoro statunitense fa sapere che le nuove sanzioni evidenziano il ruolo dell’Iran nel fornire supporto finanziario, logistico e operativo ad Hamas. Tra i sanzionati figurano un rappresentante di Hamas in Iran e membri della Guardia rivoluzionaria islamica iraniana. Gli Stati Uniti hanno anche sanzionato una serie di organizzazioni, tra cui l’iraniana Bonyad Shahid, nota anche come Fondazione dei martiri. I funzionari statunitensi affermano che il gruppo, affiliato alla Jihad islamica palestinese, convoglia milioni di dollari alle famiglie dei militanti attraverso l’associazione di beneficenza Al Ansar, con sede a Gaza. Il Consiglio di Stato della Libia ha invece chiesto «di tagliare i legami con i Paesi che sostengono l’entità sionista (Israele, ndr) interrompendo l’export di gas e petrolio verso di loro, boicottando i loro prodotti e sospendendo i rapporti con i loro ambasciatori fino a quando la brutale aggressione contro Gaza non verrà fermata». Ma da Tripoli arriva anche una chiamata alle armi: «I membri del Consiglio di Stato hanno chiesto la formazione di una forza militare congiunta arabo-islamica per entrare a Gaza, proteggere i civili e fermare l’escalation della situazione». Un servizio di Al Jazeera ha svelato che ci sarebbero negoziati entrati in una fase di «accelerazione per concordare un cessate il fuoco e completare un accordo tra Hamas e Israele con la mediazione del Qatar». Intanto, due delegazioni, una del governo dell’Iran e un’altra di Hamas a Mosca hanno incontrato i rappresentanti della diplomazia russa. Durante l’incontro è stata sottolineata la necessità di porre fine al conflitto e di inviare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. Dal Cremlino, il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov ha definito quello che sta accadendo a Gaza una «catastrofe umanitaria». Sempre sul fronte della diplomazia, il ministro degli Esteri del Libano, Abdallah Bou Habib, ha incontrato ieri a Beirut gli ambasciatori di Ucraina, Uruguay, Venezuela, Malta, Azerbaigian, Cuba, Paraguay, Argentina e Filippine. Nel pressing su Israele è entrato il Libano: il primo ministro libanese uscente, Najib Miqati, ha ricevuto una telefonata dal ministro degli Esteri del Regno Unito, James Cleverly, durante la quale Miqati ha ribadito il suo appello alla comunità internazionale affinché faccia «pressione su Israele per porre fine alla sua aggressione». Dalla Siria, invece, il ministro degli Esteri siriano, Faisal al Miqdad, ha definito «il sostegno degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali al diritto all’autodifesa di Israele una licenza di uccidere i civili palestinesi». Posizione opposta è quella del portavoce dell’esecutivo tedesco Wolfgang Buechner: «Israele ha il diritto di difendersi ed è suo dovere proteggere la propria popolazione».
Una «tregua umanitaria» è stata chiesta dal presidente francese Emmanuel Macron. Anche il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha affermato che «l’assedio nella striscia di Gaza deve terminare». Poi ha valutato in modo positivo le recenti visite in Israele da parte di diversi leader della comunità internazionale: «Si è trattato di occasioni importanti per ribadire la necessità di esercitare il diritto all’autodifesa nel rispetto del diritto internazionale». Le Nazioni Unite, però, sembrano non avere ancora raggiunto un accordo con Israele per la consegna di combustibile all’interno della Striscia di Gaza. Nel frattempo però il portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ravina Shamdasani, ha definito «la punizione collettiva di Israele nei confronti dell’intera popolazione di Gaza un crimine di guerra», affermando che «deve cessare immediatamente». Nella bozza della risoluzione discussa ieri, ha sottolineato l’ambasciatrice americana all’Onu, «mancano due parole: la prima è Hamas, ed è oltraggioso che il testo non menzioni l’autore degli attacchi del 7 ottobre. Un’altra parola che manca è ostaggi, e queste omissioni autorizzano la brutalità di Hamas».






