2023-06-23
Pd in piazza contro i tagli alla sanità fatti dal Pd
Elly Schlein vuole sfilare criticando le misure decise dai suoi compagni Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Che, seguendo l’esempio di Mario Monti, hanno imposto una cura dimagrante da 37 miliardi alla salute degli italiani. Solo la Grecia ha fatto peggio di noi. Il Pd va in piazza per protestare contro… il Pd. Sì, lo so che la cosa vi pare incredibile, ma nel magico mondo di Elly Schlein esiste un periodo a.S. e un periodo d.S., ovvero prima e dopo la segretaria del partito. Quello che c’era prima, vale a dire Letta, Renzi, Zingaretti e poi di nuovo Letta, non esiste. Per Elly la storia parte dal 26 febbraio di quest’anno, cioè dal giorno in cui ha vinto le primarie ed è stata proiettata ai vertici del Nazareno. Così, con una cancellazione straordinaria di tutto ciò che è accaduto negli ultimi 12 anni, in una decina dei quali il Partito democratico è stato al governo ma ha anche avuto presidenti del Consiglio, la compagna Schlein fa la guerra alle decisioni che hanno preso i compagni Letta, Renzi e Gentiloni, ossia i premier che hanno guidato il Paese nel quinquennio che va dal 2013 al 2018. Vi pare assurdo? Anche a me, ma la neo segretaria appena uscita sconfitta dalle recenti elezioni amministrative, conta molto sulla memoria corta degli elettori, i quali tendono spesso a dimenticare, se non a rimuovere il passato.Per questo, per evitare che si scordi ciò che è successo, ci siamo noi della Verità. Oddio, il nostro non è un lavoro che richieda un carico straordinario. Infatti, a me e a qualche collega che mi assiste, è bastato sfogliare la raccolta del nostro giornale per rintracciare gli articoli in cui descrivevamo i danni fatti dalla sinistra al nostro sistema sanitario. Nel triennio appena trascorso, quello per intenderci in cui il nostro Paese ha dovuto misurarsi con la pandemia, in molti si sono lamentati della carenza di organico e ancor più della penuria di dispositivi medici di protezione. Manca il personale e mancano gli strumenti per difendere le persone, dicevano medici e infermieri in piena pandemia. I tagli al settore hanno ridotto la nostra capacità di reagire di fronte all’invadenza del virus, sostenevano gli esperti. Bene, noi o meglio la nostra squadra di cronisti, è andata a verificare di chi fosse la responsabilità, chi avesse deciso di tagliare i fondi a disposizione della sanità. I risultati dal 2010 in avanti non lasciano dubbi. In nome dell’austerità introdotta con l’arrivo del governo Monti, e proseguita con i governi Letta, Renzi e Gentiloni, a ospedali e medici sono stati tolti 37 miliardi, l’equivalente di una maxi manovra economica. Il taglio più rilevante è avvenuto nel periodo 2010-2015, vale a dire con Monti, Letta, Renzi, che insieme ridussero i fondi a disposizione dell’assistenza sanitaria di 25 miliardi. Poi venne il resto, con una sforbiciata di altri 12 miliardi. In rapporto agli altri Paesi della Ue, lo scorso anno scoprimmo che peggio di noi aveva fatto solo la Grecia, ma Atene era stata costretta a usare l’accetta a causa della grave crisi finanziaria che l’aveva colpita e in seguito alle misure draconiane pretese dall’Unione europea. Ad agosto dello scorso anno, i sindacati del settore spiegarono che la riduzione di 37.000 posti letto, la chiusura di 111 ospedali e di 113 pronto soccorso, con 283 milioni di prestazioni non erogate e 2,5 milioni di ricoveri rinviati non erano frutto della pandemia, ma della riduzione dei finanziamenti attuata dai governi negli ultimi dieci anni. Ma, a quanto pare, queste cose Elly Schlein le ignora. È cresciuta nelle migliori scuole all’estero e per un certo periodo, raggiunta la maturità e consolidato l’interesse per la politica e per i viaggi, si è confrontata con molte realtà, Parlamento europeo compreso. E forse ha perso di vista che, se l’Italia è carente quanto a servizio sanitario nazionale, il Pd porta una responsabilità fondamentale. Infatti, i governanti mani di forbice che hanno inciso sulla pelle degli italiani, sono i suoi predecessori alla guida del partito. Perciò, pur comprendendo le lacune che affliggono la neo segretaria, sono costretto a richiamarla alla realtà e a segnalarle che se scende in piazza per protestare contro i tagli al servizio sanitario nazionale non deve rivolgere lo sguardo a Palazzo Chigi, dove al momento c’è Giorgia Meloni, ma ruotare di 180 gradi per guardare in faccia i suoi compagni.Da segnalare anche il curioso alleato che Schlein si è scelta per protestare contro il governo. Al suo fianco, infatti, sfilerà Maurizio Landini, leader della Cgil, il quale però, quando la sinistra usava la falciatrice per far quadrare i conti della sanità (la maggior parte delle Regioni in default, che sono state commissariate perché nel settore spendevano troppo, è di sinistra) non sembrava particolarmente preoccupato. Anzi. All’epoca era tutto un invito a non disturbare il manovratore. Tradotto, se sei un compagno puoi fare tutti i tagli che vuoi senza che nessuno scenda in piazza. Certo, forse la compagna segretaria queste cose non le sa. Così come, pur essendo vicepresidente dell’Emilia-Romagna, non sapeva che la Regione di cui era il numero due aveva il più alto indice di rischio di alluvioni. Sì, a differenza degli altri, i compagni possono sempre non sapere. Del resto, il mondo non si divide in destra e sinistra, ma in prima e dopo Schlein. E non si può chiedere alla Schlein di informarsi sul prima: lei è occupata con l’armocromista e altre supercazzole.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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