2025-03-04
Pd getta la maschera sui rinnovi della Pa: fanno bene Cgil e Uil a bloccare i salari
Scotto: «Allucinante» chiedere a Landini di firmare contratti con aumenti del 7%. Per i dem è giusto immobilizzare 20 miliardi.Che la Cgil e la Uil siano contrari a rinnovare i contratti del pubblico impiego con aumenti vicini al 7% delle buste paga è ormai noto. Ce ne siamo fatta una ragione e se ne sta convincendo obtorto collo anche il ministro per la Pa, Paolo Zangrillo, che in un’intervista alla Verità, ha evidenziato il «sospetto che i due sindacati non vogliano negoziare e che stiano facendo politica» manifestando però anche una «sensazione di disagio per i lavoratori che non si vedono riconosciuto quanto loro dovuto».La contrarietà a prescindere delle due sigle è dimostrata dal fatto che Landini e Bombardieri (i due segretari) hanno risposto con un no a tutte le ipotesi di accordo sui diversi tavoli di trattativa. Che si trattasse di ministeri, Regioni, sanità e adesso anche scuola, la posizione non cambia. Per loro l’inflazione del periodo è aumentata del 17% (il governo parla del 14%) e quindi non è possibile accettare rialzi del 7% anche se grazie al rinnovo più di 2 milioni di lavoratori (sanità 580.000, scuola 1 milione e 200.000 ed enti locali circa 400.000) avrebbero in media 170 euro lordi al mese in più nelle loro buste paga. Senza contare che il rinnovo sul triennio 2022-2024 aprirebbe la strada anche sul triennio successivo (2025-2027) per il quale sono già state stanziate le risorse. Così come per Cgil e Uil è indifferente che per soddisfare le loro richieste, il governo dovrebbe stanziare 32 miliardi, quanto una robusta Finanziaria. Non è affar loro, e non è un loro problema il fatto che i veti stiano bloccando risorse per circa 20 miliardi, gli stanziamenti previsti appunto dal governo per il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione nelle ultime due manovre di bilancio. Landini e Bombardieri tirano dritto, non sentono ragioni e chiedono che venga recuperata tutta l’inflazione del periodo, senza spiegare perché non molti anni fa (eravamo del 2018) e con un governo di colore diverso abbiano accettato di firmare accordi che prevedevano rialzi dei salari del 3,4% a fronte di un carovita che cumulando gli anni di mancato rinnovo aveva toccato il 12%. «Perché prima sì e adesso no?», si è chiesto il ministro Zangrillo nell’intervista. Domanda legittima e ragionevole, ma non per tutti. O almeno non per il capogruppo alla Camera del Pd, Arturo Scotto, che ha definito l’intervista del ministro «allucinante». «Zangrillo certifica il fatto che lo Stato non rinnoverà il contratto per i dipendenti pubblici riconoscendo tutta l’inflazione perduta in questi anni», ha sottolineato sorpreso l’esponente dem, «come dire, prendetevi quello che abbiamo a disposizione e stringete la cinghia. Vi diamo aumenti del 6% al posto di un’inflazione che si è mangiata i salari del 17%. Che lo dica un uomo di governo preoccupa molto. Soprattutto perché come sempre si chiedono sacrifici a chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo. Quando lo Stato programma la riduzione dei salari sta dicendo alle giovani generazioni nei fatti di lasciare il Paese».Parlare di riduzione dei salari quando si mettono sul piatto 20 miliardi e aumenti di quasi il 7% delle retribuzioni è una contraddizione in termini. Che diventa paradosso se poi si sposano le tesi dei sindacati che con il loro voto contrario hanno bloccato gli aumenti di milioni di lavoratori dello Stato. Ma la presa di posizione di Scotto ha un pregio. Mette nero su bianco ufficialmente, anche se ufficiosamente era abbastanza evidente, la linea del Pd su questa partita. E capire da che parte stiano i dem, il tira e molla sulla guerra e sulle manifestazioni di piazza per dimostrare solidarietà a Kiev e a Zelensky lo dimostra, è già un’impresa di suo. Il Partito Democratico sta quindi con chi preferisce tenere bloccate le retribuzioni dei lavoratori per mesi piuttosto che accettare o magari contrattare aumenti che per quanto possano avvicinarsi all’inflazione non arriveranno mai a coprirla completamente. Perché è irrealistico, basti pensare ai vincoli esterni di bilancio che gli stessi dem hanno sostenuto in Europa, pretendere che un governo stanzi le risorse di un’intera Finanziaria per una tornata di rinnovi contrattuali. I dem seguono dunque la linea, ma se si guarda all’appoggio ai referendum contro il Jobs Act o all’astensione sul voto alla legge per la partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese non sorprende, barricadera di Maurizio Landini. Ma come Landini non riescano a spiegare perché l’inflazione è oggi un parametro al di sotto del quale non si può andare, mentre nel 2018 era solo un punto di riferimento dal quale partire. Perché nel 2018 la Cgil ha firmato rinnovi del 3,4% a fronte di un’inflazione del 12% e oggi rifiuta sdegnata aumenti vicini al 7%? La risposta è semplice e si trova a Palazzo Chigi, dove allora c’era Paolo Gentiloni e oggi siede Giorgia Meloni.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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