2023-12-06
«Nel nuovo Patto di stabilità flessibilità e investimenti. No agli impegni impossibili»
Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Giancarlo Giorgetti, in vista dell’Ecofin di venerdì, ribadisce che l’Italia non approverà «vincoli troppo stringenti». Sul Mes: «Ormai è un salva-banche. Non ricattiamo nessuno».«Su deficit e debito la risposta è la serietà: vuol dire prendersi gli impegni che si possono mantenere. Di fronte a delle regole sfidanti noi in qualche modo possiamo anche accedere, ma rispetto a quelle impossibili da mantenere non credo per serietà si possa dire di sì». Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha rilanciato i paletti italiani alla riforma del Patto di stabilità che finirà dopodomani sul tavolo del vertice straordinario dell’Ecofin. Lo ha fatto sia durante la sua relazione, sia nel corso delle repliche durante l’audizione alla Camera di fronte alle commissioni Bilancio congiunte. Ricordando che la procedura di adozione di queste proposte da parte del Consiglio Ue per la riforma del Patto «richiede l’unanimità per quanto riguarda il braccio correttivo e una maggioranza qualificata per quello preventivo. Non potendosi tuttavia immaginare la revisione dell’uno senza quella dell’altro, è di fatto richiesta l’unanimità tra gli Stati membri».Il messaggio di Giorgetti può riassumersi in un no a nuovi «vincoli troppo stringenti» e a regole «impossibili» che non difendono le prospettive di crescita e gli interessi del Paese. Sono i limiti alla disponibilità italiana a dialogare con i partner Ue per arrivare entro fine anno alla revisione dell’intesa sulle regole comuni di bilancio. Il titolare del Tesoro ieri ha chiesto flessibilità, perché le regole di bilancio siano «un mezzo e non un fine» e di «poter accedere all’estensione del periodo di aggiustamento a sette anni». Ha avvertito che «la previsione di ulteriori vincoli rispetto a quanto proposto dalla Commissione potrebbe portare a un esito non pienamente conforme agli obiettivi della riforma così come delineati dalla Commissione stessa: vale a dire un assetto caratterizzato da semplicità e da un maggiore equilibrio tra gli obiettivi di crescita economica, di promozione della transizione ecologica e digitale, nonché di sostenibilità del debito pubblico». Ed è poi tornato sul tema dello scorporo delle spese perché «l’Europa non può immaginare di essere competitiva senza investimenti, deve decidere cosa fare. Se la Ue decide di raccogliere le grandi sfide politiche strategiche del nostro tempo, quindi anche le spese per la Difesa, la sostenibilità del pianeta ed esserne pionieri, deve prendere scelte di bilancio coerenti in questo senso che consentano di perseguire questi obiettivi». Il titolare del Mef ha inoltre ricordato che ridurre l’elevato debito pubblico è «un obiettivo del governo ed è nell’interesse generale del Paese». Allo stesso tempo si dice convinto che «la fissazione di un ritmo di riduzione minima del debito e di un obiettivo massimo di deficit non dovrebbe trasformarsi in ulteriori stringenti regole che limitino in maniera eccessiva le politiche di bilancio». Insomma, «il governo è disposto a ricercare una soluzione, ma la stessa non deve tradursi in un sistema eccessivamente complesso e potenzialmente contraddittorio». Quanto alla ratifica del Mes, ha spiegato, «ormai è salva banche. Sarà il Parlamento a dire se l’accordo negoziato all’epoca dal governo italiano sia da approvare o no. Leggo delle ricostruzioni giornalistiche, noi non ricattiamo nessuno», però «che una correlazione tra Mes e Patto ci sia, sta nella realtà dei fatti».Nell’audizione di ieri Giorgetti ha sottolineato che per la riforma del Patto di stabilità ci vuole l’unanimità. La trattativa sulla nuova governance europea resta in salita, ma non solo per il possibile veto dell’Italia. In vista della cena dei ministri finanziari europei che si terrà domani sera alla vigilia del vertice ufficiale di venerdì, una nuova versione dei testi legislativi è stata fatta circolare dalla presidenza spagnola dell’Ecofin, guidata dalla ministra Nadia Calvino (in corsa per diventare presidente della Banca europea degli investimenti). La novità è che verrebbe stabilita una nuova soglia per classificare specificamente i Paesi con debito più alto del 90% del Pil, che dovrebbero assicurarne una riduzione di almeno l’1%, mentre chi sta al di sotto di quella soglia di limiterebbe alla metà. Ma i documenti sono pieni di «X» al posto delle cifre sulla riduzione di debito e deficit. Il punto di caduta del negoziato è, del resto, proprio la misura degli aggiustamenti richiesti di anno in anno. Il governo Meloni è contrario alla moltiplicazione di nuove restrizioni sovrapposte ai vincoli di spesa e debito, come l’obiettivo di mantenere il deficit/Pil ben al di sotto del 3%. La Germania vorrebbe l’1,5%. L’approccio tedesco è diventato però distante anche dalla traiettoria del debito della Francia. Senza dimenticare che Berlino deve fare i conti con la mina interna della sentenza della Corte costituzionale sui fondi emergenziali fuori bilancio. L’indice Pmi servizi della Germania è salito nel mese di novembre a 49,6, contro i 48,2 punti di ottobre. Si tratta di un aumento superiore alle previsioni ma il miglioramento è ancora modesto e le aspettative dei commercianti al dettaglio tedeschi per i prossimi mesi, secondo l’ultima indagine Ifo, rimangono pessimistiche.