2021-08-07
Il patentino umilia Carta e diritto Ue. La tempesta legale è dietro l’angolo
I timori di un conflitto tra divieti del decreto e Regolamento europeo sono confermati. Non solo: gli ultimi provvedimenti sui trasporti creano nuovo attrito con l'impianto comunitario. Arriveremo presto da un giudice.La strategia del governo finalizzata a introdurre, progressivamente a piccoli passi, una significativa compressione della libertà personale a fronte della scelta di una parte dei cittadini di non aderire alla «raccomandazione» di vaccinarsi contro il Covid, presenta non pochi punti di vulnerabilità sotto il profilo giuridico.La lettura della bozza del decreto legge approvato venerdì sera dal Consiglio dei ministri e in uscita in Gazzetta Ufficiale in queste ore, autorizza i peggiori sospetti. Infatti, pare essere stata superata una linea rossa oltre la quale c'è una deriva inarrestabile. Prima sono andati a prendere gli operatori sanitari, poi chi frequenta ristoranti al chiuso e altri luoghi o attività come spettacoli, musei, piscine, eccetera… Infine, venerdì è toccato al personale scolastico e universitario (studenti inclusi) e, dal primo settembre, a chi viaggerà su aerei, treni, autobus diversi da quelli a breve percorrenza.Qui intendiamo restare lontani da valutazioni di tipo sanitario, ma osiamo sperare che i consulenti giuridici di Palazzo Chigi abbiano accuratamente soppesato tutti i pro e i contro legati a tale modo di procedere, perché negli ultimi giorni, a opera di numerosi e autorevoli giuristi, è partita una marea montante di obiezioni e pesanti perplessità che evidenziano la vulnerabilità degli ultimi due decreti, sia rispetto al diritto comunitario che a quello interno.Già il 31 luglio avevamo riferito - quasi in solitudine, salvo poi ritrovarci in affollata compagnia - i nostri dubbi circa il conflitto tra i divieti entrati in vigore proprio ieri e il regolamento Ue 953, nella parte in cui prevede la non discriminazione di chi ha scelto di non vaccinarsi. Nei giorni successivi il dibattito si è animato, con il contributo di chi ha sostenuto che il regolamento Ue, disciplinante la libertà di circolazione in ambito Ue, non c'entri nulla con le disposizioni emanate in Italia. Successivamente è arrivato un articolato documento dell'Osservatorio per la legalità costituzionale, rilanciato da un autorevole sito legato a Magistratura democratica, che ha invece ben spiegato il nesso e la contraddizione tra le due norme. Se il certificato verde è stato introdotto per agevolare la circolazione intra Ue, armonizzandola e alleggerendo i cittadini dall'obbligo di quarantena o tamponi all'arrivo, il suo uso per una compressione davvero significativa della libertà personale e di circolazione segna una discontinuità con la norma unionale che non può non finire davanti alla Corte di giustizia con sede a Lussemburgo. Da essere un documento attestante uno stato sanitario che agevolerebbe i nostri spostamenti, non vietandoli affatto, è diventato un lasciapassare che taglia fuori dalla vita sociale una fetta consistente dei giovani. Un ragionevole trattamento differenziato si è evoluto in un baratro tracciato tra due classi di cittadini. E proprio su questo punto i giuristi ipotizzano una valanga di ricorsi, utilizzando uno strumento offerto dai Trattati: il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia secondo l'articolo 267 del Tfue. Basterà essere davanti al giudice ordinario (perché sanzionati ai sensi del recente decreto legge) per invocare il conflitto con la norma Ue e mettere il giudice nella condizione o di disapplicare direttamente la norma nazionale o di rimettere la questione ai giudici che siedono a Lussemburgo. Aprendo così scenari imprevedibili, già peraltro sperimentati con il caso Taricco, quando la Corte di giustizia Ue, su istanza di un giudice nazionale, disapplicò alcune norme italiane in materia di prescrizione, provocando un terremoto che coinvolse anche la nostra Corte costituzionale.L'altro versante di vulnerabilità è costituito dal rapporto tra gli ultimi decreti legge e l'articolo 32 della Costituzione. Qui si prevede la possibilità di introdurre un obbligo vaccinale generalizzato, con due limiti decisivi: il primo è che si può disporlo solo per legge; il secondo, voluto da Aldo Moro in sede di Assemblea costituente, prevede che «non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».Però, il decreto legge, pur non disponendo formalmente un obbligo, aggira la Costituzione, introducendolo di fatto. Inoltre, un lasciapassare così invasivo per la vita dei cittadini, può reggere solo se è fondato su un obbligo vaccinale disposto per legge. Veniamo così alla madre di tutti i vizi: al governo sanno bene che, essendo l'attuale vaccino autorizzato in forma condizionata o di emergenza, non avrebbe gli attributi necessari per essere imposto per legge. E non reggerebbe nemmeno alla verifica del rispetto della persona umana, dato il suo regime di provvisoria autorizzazione. Chi pagherebbe in caso di effetti avversi di medio e lungo termine non più reversibili e oggi ancora non noti? Questo a Palazzo Chigi lo sanno bene, in quanto i ministri sono giuridicamente responsabili per gli atti di loro competenza, individualmente e in Consiglio dei ministri.Quando la Corte Costituzionale nel 1996 stabilì che «nessuno può essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri», fu premiata la caparbietà con cui lo stesso Moro il 28 gennaio 1947 fece passare quelle fondamentali parole, proprio per evitare una «male intesa tutela degli interessi collettivi». Un gigante.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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