2019-01-31
Parte il pre processo. Salvini ha 7 giorni per farsi ascoltare
Via alla giunta delle immunità sul caso Diciotti. I membri grillini sempre verso il no al giudizio per il leghista. Tensioni nella base. Dopo i ragionamenti sul voto a favore fino all'altro ieri sostenuto a gran voce da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, ora prevale la prudenza ma c'è chi mette i puntini sulle i sostenendo che «qui non si tratta di un ministro che ha rubato o ha corrotto qualcuno», si tratta di un ministro «che ha portato avanti la linea del governo».Sette giorni di tempo per fornire «personalmente i chiarimenti che egli reputi opportuni» oppure per produrre «eventuali documenti o memorie scritte». È quanto reso noto in un comunicato dalla giunta delle Immunità parlamentari del Senato, che ieri ha iniziato l'esame della domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti del ministro dell'Interno Matteo Salvini.La richiesta, formulata dal Tribunale dei ministri di Catania per l'illecito penale di sequestro di persona aggravato in relazione al caso Diciotti, è stata discussa dal presidente della giunta, l'azzurro Maurizio Gasparri, che una volta completata l'esposizione introduttiva, di comune accordo con gli altri componenti, ha rinviato il seguito dell'esame di una settimana, dopo che Salvini si sarà appunto presentato per un chiarimento. Nel frattempo si consolida il fronte pentastellato del «no» all'autorizzazione a procedere, con capofila Mario Michele Giarrusso, membro della giunta delle immunità. Ieri in mattinata, tuttavia, c'era stata una spaccatura all'interno del Movimento, con il sottosegretario all'Interno, Carlo Sibilia, secondo cui sull'autorizzazione a procedere «va fatta una riflessione tecnica all'interno della giunta, ma se il caso andrà in Aula, noi voteremo assolutamente sì. Il M5s non ha mai negato il processo a un politico, in ogni caso ritengo improbabile un voto on line sulla questione». Lo ha detto a Radio Capital, aggiungendo che vede «cose strane a livello di giustizia: le Procure di Catania e Palermo hanno archiviato il caso. Ci sono delle situazioni che lasciano dei dubbi. Non mi permetterei mai di dire che è una manovra politica della magistratura, ma vedendola con gli occhi del cittadino mi sembra complicato capire». L'esponente dell'esecutivo però è stato di fatto subito zittito dai suoi colleghi di partito, che vogliono, almeno quanto la Lega, evitare una crisi governo. Sul dossier Diciotti, infatti, il M5s preferisce prendere tempo per trovare una via d'uscita dall'angolo nel quale è ormai costretto. Il punto fermo, oltre al fatto che non ci sarà nessuna crisi di governo, è che l'azione per la quale il Tribunale dei ministri chiede l'autorizzazione a procedere, è una responsabilità «collegiale», di tutto il governo. Elemento messo in evidenza dalla memoria annunciata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (che già due giorni fa aveva dichiarato di «assumersi la responsabilità del caso Diciotti»), dal vicepremier Luigi Di Maio e dal ministro delle Infrastrutture e trasporti, Danilo Toninelli. Di certo sono ore complicate dentro al M5s, ad esempio l'ala ortodossa, che fa riferimento a Roberto Fico, non ha dubbi sul fatto che «non si debbano tradire principi e storia del Movimento» e che quindi si debba votare a favore della richiesta di autorizzazione a procedere. Il ministro Matteo Salvini, da parte sua, al question time di ieri alla Camera si è mostrato sereno, dicendo che «ha apprezzato le parole del premier Giuseppe Conte sull'assunzione di responsabilità da parte di tutto il governo». Se sia stata una soluzione richiesta dallo stesso vicepremier, il leader del Carroccio ha replicato all'assemblea di Montecitorio: «Non l'ho richiesto io: del resto è evidente che nei miei atti non si riscontra alcun reato». E ha aggiunto di aspettarsi il voto «dell'intero Senato», e non solo dei 5 stelle. Quanto all'iter, dopo quella di ieri, potrebbero esserci altre tre sedute della giunta per le Immunità. «Una seduta servirà per l'audizione del ministro», ha spiegato Gasparri, «la seconda per illustrare la proposta del relatore (cioè Gasparri stesso, ndr) e l'avvio del dibattito, la terza per la conclusione del dibattito e il voto finale della proposta». Gasparri ha poi assicurato che si attiverà perché la giunta rispetti la scadenza dei 30 giorni, che partono dal 23 gennaio, quando la presidenza del Senato ha trasmesso alla giunta gli atti ricevuti dal Tribunale dei ministri. Il timing è dunque favorevole al Movimento e al suo capo politico Di Maio per trovare una soluzione che non metta in difficoltà il governo e allo stesso tempo che non intacchi i delicati equilibri interni a M5s. Dopo i ragionamenti sul voto a favore fino all'altro ieri sostenuto a gran voce dagli stessi Di Maio e Alessandro Di Battista, ora, come dicevamo, prevale la prudenza ma c'è chi mette i puntini sulle i sostenendo che «qui non si tratta di un ministro che ha rubato o ha corrotto qualcuno», si tratta di un ministro «che ha portato avanti la linea del governo». Per questo, ha spiegato fuori dai microfoni un parlamentare di lungo corso, «non possiamo che salvare Salvini, perché dobbiamo salvare il governo». Una scelta che però non è così semplice da far digerire a parlamentari ed attivisti 5 stelle. La decisione sul voto comunque verrà presa probabilmente da Di Maio insieme ai sette componenti pentastellatti della giunta, basandosi su tutta la documentazione che sarà sul tavolo. Sembra esclusa, quindi, al momento, la possibilità di una votazione online ventilata nelle ore precedenti. Ad ogni modo, dopo la decisione della giunta la parola passerà all'Aula del Senato, che dovrà pronunciarsi a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il voto di Palazzo Madama, in ogni caso, sarà a scrutinio palese. Lo stabilisce l'articolo 135 bis del regolamento del Senato, in cui si fa esplicito riferimento al voto palese quando si dispone che i senatori possono «dichiarare il loro voto ai Segretari».