2025-07-17
Parte l’assedio al sindaco Sala, il Pd non lo difende
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Ansa)
Il primo a chiedergli di lasciare è il M5s. Lui nicchia: «Non mi riconosco nella lettura della Procura». Silenzio dei dem. Il centrodestra attacca, in caso di voto anticipato in pole Lupi, De Corato o un civico. Progressisti spaccati tra fan di Majorino e chi vuole De Bortoli.Passare da ForestaMi ad ArrestaMi è un attimo. Prigioniera del marketing per qualunque cosa, Milano rispolvera quello delle manette e i cattivi pensieri vanno subito verso le finestre del sindaco, proprio di fronte alla Scala. È caduto un plinto davanti a un piede di Beppe Sala e le calze arcobaleno hanno tremato. Sono ore difficili per il borgomastro Ztl, non indagato ma vero destinatario politico dell’inchiesta sull’edilizia facile che sta squassando la metropoli tascabile. Un tempo il rito ambrosiano della giustizia si fondava sul «non poteva non sapere». Qui nessuna contorsione lessicale: lui non solo era a conoscenza di ciò che stava accadendo negli uffici e negli assessorati, ma mesi fa aveva sponsorizzato la legge (impantanata in Senato) che avrebbe dovuto azzerare ogni addebito, chiamata «Salva Milano» per non chiamarla «Salva Sala».Il sindaco ha sempre difeso le autocertificazioni urbanistiche concesse ai costruttori per le «riqualificazioni urbane», adducendo la necessità di bypassare la burocrazia per mantenere la città ai livelli di competitività internazionale. Anche ieri, dopo aver incontrato l’assessore indagato, Giancarlo Tancredi, ha confermato la linea: «Ritengo necessario avere un quadro più completo dei rilievi che stanno emergendo in queste ore. Posso solo dire che l’amministrazione non si riconosce nella lettura che viene riportata». In un’audizione al Senato aveva sottolineato: «Il Salva Milano non è un liberi tutti. Non abbiamo mai fatto nessun favore a nessuno e non si sospetta nemmeno che nessuno dei dirigenti e dei funzionari del Comune di Milano abbia avuto qualche interesse in materia. A Milano si stima che siano stati riqualificati 20 milioni di metri quadrati di aree, un processo rigenerativo abbastanza unico nel Paese». Il problema resta il metodo delle facilitazioni, di quegli scivoli che hanno innescato uno scandalo politico che fa dire al leader dei Verdi Carlo Monguzzi: «Questa è la pagina più buia della sinistra milanese».Accarezzato dalla «sensibilità istituzionale» mostrata nei confronti di Expo dal procuratore Edmondo Bruti Liberati (parole dell’allora premier Matteo Renzi), dieci anni dopo Sala vive per ora in silenzio un momento complicato. L’inchiesta non era mai stata così vicina a lui e la parola «dimissioni» non aveva mai lampeggiato in modo così fluo sui maxischermi. Il primo a chiederle è curiosamente il Movimento 5 stelle, a conferma che il campo largo in realtà è un campo minato. Giuseppe Conte non fa sconti: «Quando si tratta di legalità e di etica pubblica non voltiamo la testa dall’altra parte e non guardiamo in faccia a nessuno. Non si può creare una logica di due pesi e due misure. A Milano c’era una situazione torbida che ora sta venendo fuori, quindi nessuno si deve sorprendere. Lasciamo che la magistratura faccia il suo corso, ma attendiamo che chi ha la responsabilità politica tragga le conseguenze». Traduce per lui Agostino Santilio, vicepresidente grillino della commissione Ambiente della Camera. «Il sindaco Sala si assuma le proprie responsabilità e tolga il disturbo, non può pensare di andare avanti come se nulla fosse».Il centrodestra ribolle e il leader della Lega Matteo Salvini mostra «sconcerto e profonda preoccupazione per la gestione dell’amministrazione comunale che sta ostacolando lo sviluppo della città». Mentre Antonio Tajani attutisce l’impatto dell’inchiesta («Bisogna essere garantisti sempre, ma politicamente a Milano è ora di cambiare»), la vice segretaria leghista Silvia Sardone affonda il colpo: «Senza voler alimentare processi mediatici, Sala spieghi cosa accadeva in Comune. Negli uffici ci va ogni tanto o fa il sindaco solo sui social?». Fabrizio Cecchetti pensa alle vittime: «Sala e la giunta hanno tradito le famiglie che hanno investito nella casa». Riccardo Truppo, capogruppo di Fdi a Palazzo Marino denuncia: «Questa giunta non è più in grado di lavorare, le dimissioni sono l’unica opzione seria. Milano merita un’altra guida».Il sasso nello stagno fa le ondine, anche perché i partiti non sono così preparati ad eventuali elezioni anticipate. Il centrodestra era partito con Maurizio Lupi (Noi Moderati), lanciato da Ignazio La Russa quindi non propriamente una boutade. Anche lo storico vice di Letizia Moratti e Gabriele Albertini, Riccardo De Corato (Fdi) è pronto a tornare da Roma dov’è deputato. Ieri ha detto: «Sala abbia un sussulto di dignità e si dimetta». La coalizione aveva messo gli occhi su una manager di valore, Regina De Albertis, presidente dell’Ance (associazione costruttori) in questa fase non esattamente estranea al polverone. Una figura civica di livello è l’ex rettore del Politecnico Ferruccio Resta, ritenuto un cavallo vincente. A sinistra continuano a litigare due anime, quella rossa rappresentata dal guru dei centri sociali Pierfrancesco Majorino, che piace ai radical ma fa venire l’orticaria ai moderati, e quella riformista che vedrebbe di buon occhio figure di garanzia come Ferruccio De Bortoli e (ancora di più) Carlo Cottarelli, ritenuto un Sala 3.0. Per Carlo Calenda è perfetto: «È un moderato, è stato nel Pd e ha conoscenza sia gestionale che manageriale. Se la sinistra non lo candida si troverà di fronte un civico moderato di centrodestra che vincerà». Poiché Milano digerisce tutto, in queste ore si scherza sul candidato ideale: lo showman Roberto Parodi, il Parods dei social, nemico numero uno di Sala, dei suoi tic e dei suoi lunari divieti.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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