2023-05-07
Parigi non tocca palla neanche in Sudan: colloqui organizzati da Riad e Washington
Emmanuel Macron (Getty images)
Sauditi e Usa spingono per la tregua. Isolando ancora di più Emmanuel Macron dal Sahel, dopo l’allontanamento del Burkina Faso.Che le nuove tensioni tra Roma e Parigi siano sorte dalle dinamiche della politica interna francese, non ci sono dubbi. Eppure, a ben vedere, questa è solo una parte del problema. Non possono infatti essere ignorati anche alcuni fattori di natura internazionale. E non ci riferiamo soltanto alla politica europea: scacchiere in cui Emmanuel Macron teme di finire marginalizzato, qualora Giorgia Meloni riuscisse nell’impresa di costituire in un’inedita alleanza tra Ecr e Ppe in vista delle elezioni europee del 2024. No, il problema è più ampio. E investe le crescenti difficoltà incontrate dalla Francia nel Mediterraneo allargato. Non è probabilmente passato inosservato il fatto che, giovedì, il nostro premier abbia ricevuto Khalifa Haftar a Palazzo Chigi, per parlare di vari temi: dalla stabilizzazione politica della Libia ai flussi migratori, passando per la delicata crisi sudanese. Non solo. Nello stesso giorno, la Meloni ha ricevuto, subito dopo il generale della Cirenaica, lo Speaker della Camera americana, Kevin McCarthy. Ebbene, secondo una nota di Palazzo Chigi, i due hanno discusso anche della «stabilità nel Mediterraneo allargato». È quindi improbabile che il dossier libico non sia stato affrontato nel colloquio con lo Speaker, anche in considerazione di due elementi. Innanzitutto, prima di arrivare a Roma, McCarthy era stato in Giordania, Israele ed Egitto: quello stesso Egitto che rappresenta da sempre un attore cruciale nella partita libica. In secondo luogo, va ricordato che, a gennaio, si recò in Libia il direttore della Cia, William Burns, per incontrare sia Haftar sia il premier di Tripoli, Abdul Hamid Dbeibeh. Un viaggio, quello di Burns, a cui fece seguito, pochi giorni dopo, la visita libica della Meloni. L’Eliseo teme quindi probabilmente la sponda tra Roma e Washington sulla Libia, così come teme di perdere, per così dire, il diritto di precedenza nei rapporti con l’uomo forte della Cirenaica, il quale, soprattutto nel 2019, fu solidamente spalleggiato dai francesi. Attenzione: questo non vuol dire che i rapporti tra Haftar e Parigi si siano interrotti (mercoledì, il numero due del generale ha avuto un incontro con l’addetto militare dell’ambasciata francese in Libia). Tuttavia è chiaro che Macron non vede affatto di buon occhio il protagonismo dell’attuale governo italiano in Libia e, più in generale, in Nord Africa. Eh sì, perché per Parigi la perdita di influenza su quest’area va a sommarsi con la perdita di influenza sul Sahel. Mosca sta infatti man mano estromettendo Parigi dalla regione. Negli ultimi due anni, il Mali è progressivamente scivolato nell’orbita russa, soprattutto attraverso i mercenari del Wagner Group. Dall’altra parte, giovedì scorso, il presidente ad interim del Burkina Faso, Ibrahim Traore, ha definito la Russia un «alleato strategico». «La partenza dell’esercito francese non significa che la Francia non sia un alleato. Ma abbiamo anche alleati strategici. Abbiamo nuove forme di cooperazione. La Russia, per esempio, è un alleato strategico», ha dichiarato. In particolare, secondo Al Jazeera, Traore si è detto soddisfatto della fornitura di equipaggiamento militare proveniente da Mosca. E per Parigi la situazione non va meglio in Sudan. La deposizione nel 2019 dell’allora presidente sudanese Omar al-Bashir (che era al potere dal 1989) ha rappresentato un colpo significativo all’influenza francese sul Paese. A settembre 2020, Reuters ha riportato che «i pubblici ministeri di Parigi hanno aperto un’indagine sulla banca francese Bnp Paribas per accuse di complicità in crimini contro l’umanità in Sudan». «I querelanti sostengono che la banca francese sia stata complice di crimini contro l’umanità perché ha fornito servizi finanziari per il governo sudanese», ha continuato l’agenzia di stampa, per poi proseguire: «Essi sostengono che, in un caso di violazione delle sanzioni statunitensi, il Dipartimento di Giustizia degli Usa ha descritto Bnp Paribas come la banca centrale de facto del Sudan dal 1997 al 2007, perché ha dato al governo sudanese l’accesso ai mercati monetari internazionali e i mezzi per pagare il personale, l’esercito e le forze di sicurezza». Il quadro ora è piuttosto mutato. Basti pensare che i paramilitari delle Rsf, guidati dal generale Hemeti, intrattengono stretti legami con il Wagner Group. Inoltre, sta crescendo l’influenza saudita sul Paese. Proprio ieri, si sono non a caso tenuti a Gedda dei colloqui diretti «pre-negoziali» tra le parti in conflitto nell’attuale crisi sudanese, scoppiata a metà aprile: colloqui che, fortemente auspicati da Riad e Washington, sono stati accolti «con favore» dallo stesso Hemeti. Insomma, davanti ai conclamati fallimenti francesi, cresce l’irritazione di Macron per la politica africana della Meloni. E, c’è da giurarci, man mano che si avvicinerà la presentazione del «piano Mattei» la tensione continuerà a salire. L’Africa è lo scoglio contro cui si stanno infrangendo le velleità di Grandeur, anacronisticamente nutrite dall’inquilino dell’Eliseo. Sarebbe il caso che se ne facesse finalmente una ragione.
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