2020-09-08
Parigi brama i 15 miliardi del lusso in Borsa
Se la transalpina Euronext si prenderà Piazza Affari potrebbe incentivare le aziende migliori della moda a spostarsi in Francia. L'altra in corsa per Piazza Affari è Deutsche Boerse: vorrebbe invece «appropriarsi» del settore automotive che vale 60 miliardi.Proseguono nel silenzio della politica le trattative intorno alla vendita di Borsa italiana. A parte alcune sporadiche dichiarazioni di parlamentari, l'argomento non sembra toccare da vicino il governo di Giuseppe Conte né il sindaco di Milano Giuseppe Sala, quest'ultimo più impegnato a parlare della candidatura per il tribunale dei brevetti europeo. In realtà il futuro di Piazza Affari, dopo l'addio di London stock exchange, determinerà la politica economica dell'Italia nei prossimi anni e sarà irreversibile. Potrebbe pregiudicare per sempre l'autonomia economica del nostro Paese in settori strategici, ma anche il valore di una città come il capoluogo lombardo. La scelta del prossimo partner rischia di svuotare il mercato finanziario italiano di aziende importanti nel mondo della moda e del lusso, come nel settore automobilistico. Del resto finire nelle mani di operatori in concorrenza con l'Italia potrebbe essere molto rischioso, anche in settori come quello bancario, delle comunicazioni, della Difesa e persino dell'oil & gas. Basti pensare che solo il nostro settore automotive, legato a doppio filo con la Germania su meccanica e componentistica, pesa il 9,4 % sulla capitalizzazione di Borsa italiana, pari a 60 miliardi di euro. Nelle scorse settimane si sono tenuti gli incontri con i potenziali offerenti, ovvero i francesi di Euronext (che partecipano insieme con Cdp equity), gli svizzeri di Six e i tedeschi di Deutsche boerse. Entro l'11 settembre sul tavolo di Lseg arriveranno le offerte vincolanti e si capirà meglio chi sarà in partita e chi no. A quel punto gli inglesi sceglieranno il partner, apriranno i negoziati e potrebbero esserci le prime richieste di due diligence. Secondo gli analisti le offerte più convenienti economicamente dovrebbero arrivare da tedeschi e svizzeri. Un fattore, quest'ultimo, che potrebbe essere determinante, perché Londra ha bisogno di vendere al prezzo più alto possibile per affrontare il debito che arriverà dall'acquisizione di Refinitiv, azienda di dati statunitense da oltre 10 miliardi di sterline. Al momento, secondo gli analisti, il prezzo della Borsa di Milano si aggira tra i 3,3 e i 4 miliardi di euro. Eppure proprio ieri il Financial times ha dedicato un articolo ai destini del nostro mercato azionario, spiegando che Palazzo Chigi «avrebbe già dato mandato la settimana scorsa a Cdp di esplorare la possibilità di un'acquisizione congiunta di Borsa italiana – che detiene il 62% di Mts – proprio con Euronext, la piattaforma paneuropea che controlla diverse piazze europee tra cui quelle di Parigi, Amsterdam e Bruxelles». Insomma il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri vedrebbe con favore l'arrivo dei cugini transalpini, anche per una certa vicinanza politica all'amministratore delegato Stéphane Boujnah, già collaboratore dell'ex ministro socialista Dominique Strauss Kahn. L'attivismo del Mef, però, potrebbe creare un cortocircuito istituzionale, dal momento che sull'offerta francese dovrà vigilare la Consob di Paolo Savona e Bankitalia di Ignazio Visco. L'argomento è stato approfondito spesso dal Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, presieduto dal leghista Raffaele Volpi. Tutto ruota intorno all'autonomia che piazza Affari avrà dopo l'addio degli inglesi. Negli ultimi vent'anni la nostra Borsa ha mantenuto una sua identità organizzativa, che con l'arrivo di francesi e tedeschi potrebbe essere messa a repentaglio. La partecipazione di Cdp equity alla cordata Euronext sarebbe di minoranza e sarebbe finanziaria, ma avrebbe poco peso sulle scelte industriali. Il Tesoro avrebbe una sua rappresentanza, ma non avrebbe la possibilità di determinare l'indirizzo strategico. Il tema è rilevante. Anche perché ci sono diversi dossier ancora aperti sull'asse Francia-Italia, a cominciare dal caso Fincantieri- Stx, per non parlare di Mediaset, Tim, Vivendi o ancora di Peugeot e Fca, senza dimenticare la storica concorrenza tra Eni e Total. Euronext, in qualità di proprietario, potrebbe inoltre convincere molte aziende italiane del lusso e della moda a spostarsi su Parigi. Anche qui le cifre sono molto alte. Basta guardare per esempio a Brunello Cucinelli, che tra gennaio e ottobre 2019 è arrivato a toccare i 2 miliardi e 400 milioni di euro di capitalizzazione. Così come è successo a Moncler, arrivato a quasi 9 miliardi o ancora Ferragamo, 2,8, o Tod's, 1,4. Non solo. Euronext - che ha sempre avuto amministratori delegati francesi - dopo essere entrata nei mercati locali di Olanda e Belgio, ha svuotato sia Amsterdam sia Bruxelles, spostando uffici e personale a Parigi. Ci potrebbero essere tagli al personale anche da noi nel medio e lungo periodo. Per di più sarebbe un paradosso, perché Euronext, che ha un valore di circa 2 miliardi e mezzo di euro, imporrebbe scelte alla nostra Borsa che ne vale almeno il doppio. Allo stesso tempo Berlino potrebbe attrarre le nostre aziende di componentistica. Basti pensare alla Brembo, con una capitalizzazione a ottobre 2019 di 3,1 miliardi di euro.