2020-01-07
Parabola Guaidò: in un anno uscito di scena
Carlos Becerra/Getty Images
Si è auto dichiarato presidente del Venezuela con il supporto degli Stati Uniti, ma non è mai riuscito a far cadere Nicolas Maduro. Adesso è finito vittima del fuoco amico: l'altro leader dell'opposizione si è preso la guida dell'Assemblea lasciandolo fuori dalla porta.Il Venezuela è ripiombato nel caos, e le immagini del presidente uscente dell'Assemblea nazionale, Juan Guaidò, che cerca di scavalcare le recinzioni esterne del Parlamento, bloccato dalla polizia, sono il simbolo della divisione interna al Paese. I disordini sono iniziati ieri, quando Caracas si è ritrovata con un nuovo presidente del Parlamento: in una seduta carica di tensione, il deputato Luis Parra, parlando al megafono, si è auto dichiarato presidente dell'Assemblea. Parra, leader del partito Primeiro justicia, una frazione dell'opposizione che ha rotto con Guaidò, è stato sostenuto anche dai deputati del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), di Nicolas Maduro. Il giuramento del nuovo presidente è avvenuto mentre, all'esterno del palazzo, Guaidò e un nutrito gruppo di deputati a lui fedeli, veniva bloccato dalle forze di sicurezza venezuelane, fedeli a Maduro, impedendo la loro partecipazione al voto. Il quadro è stato reso ancora più instabile e, se non fosse drammatico, perfino grottesco, dalla successiva elezione da parte di cento membri dell'Assemblea nazionale, in una riunione nella sede del quotidiano El nacional, di Juan Guaidò quale presidente dell'organo collegiale. Il Paese si trova quindi ora ad avere un'Assemblea nazionale con due giunte direttive in conflitto. Sia Guaidò, sia Parra, hanno programmato la prossima sessione parlamentare per oggi, mentre si allarga sempre di più la spaccatura tra governo e opposizione, ma anche all'interno dell'opposizione stessa a Maduro. La mossa di impedire al gruppo di parlamentari di partecipare al voto ha gettato ulteriore benzina sul fuoco di un Paese, divorato dalla crisi economica, dal quale è fuggito negli ultimi cinque anni circa il 15% della popolazione, il più grande esodo nella storia recente dell'America latina. Dagli Stati Uniti in giù il coro di condanna e di denuncia di colpo di stato è unanime: «Maduro continua a ignorare la Costituzione e la volontà del popolo venezuelano. Juan Guaidó personifica la lotta per esigere la prosperità e la democrazia di cui godevano. Washington conferma il suo impegno con il popolo venezuelano per porre fine alla dittatura brutale e inetta sotto la quale vivono», ha dichiarato il segretario di stato americano, Mike Pompeo. La stessa solidarietà è arrivata dal segretario generale dell'Organizzazione di Stati americani, Luis Almagro, che ha riconosciuto Guaidó come presidente legittimo dell'Assemblea nazionale. Con un tweet, Almagro ha condannato «gli episodi di violenza, respingendo qualsiasi usurpazione contro l'ordine costituzionale». I Paesi membri del Gruppo di Lima, con l'eccezione dell'Argentina, non hanno riconosciuto la proclamazione di Parra perché «la Giunta direttiva da lui presieduta non è stata formata democraticamente». Anche l'Unione europea ha definito inaccettabile l'elezione di Parra, e Antonio Tajani, vicepresidente del Partito popolare europeo e presidente della Commissione affari costituzionali al Parlamento europeo, sui social ha esortato Bruxelles ad assumere una posizione più netta: «Maduro l'usurpatore uccide la democrazia in Venezuela imponendo illegittimamente l'elezione di un altro presidente dell'Assemblea nazionale. È giunto il momento per l'Europa di fare la sua parte!».Un sostegno a Guaidò che appare tuttavia insufficiente ad assicurargli ancora un ruolo nella guida del Paese. Se si guarda infatti solo a un anno fa, la sua parabola discendente è evidente. L'ingegnere trentaseienne era salito alla ribalta delle cronache lo scorso 23 gennaio, dopo essersi auto proclamato presidente a interim del Venezuela, con l'appoggio dei governi statunitense, canadese, e buona parte degli altri Stati sudamericani, oltre che della stragrande maggioranza della stampa internazionale, in seguito all'insediamento del delfino di Hugo Chávez per un secondo mandato da presidente del Paese, dopo le elezioni ritenute però illegittime dall'opposizione. Guaidò non è riuscito a ottenere l'appoggio delle forze armate e della popolazione, esortata a scendere in piazza, ma rimaste fedeli a Maduro, ritrovandosi di fatto dopo dodici mesi a cercare di scavalcare invano il cancello di un Parlamento che lo stava esautorando.