2022-07-30
«Paper Girls» non è «Stranger Things». E nemmeno ambisce a diventarlo
True
In onda su Amazon Prime Video dal 29 luglio, la serie televisiva, che è un adattamento del fumetto che Brian K. Vaughan ha scritto nel 2015, non è la copia sbiadita del fenomeno Netflix.Un pensiero si affaccia alla mente, mentre le immagini di Paper Girls - su Amazon Prime Video dal 29 luglio - sfilano davanti agli occhi. È uno sprone all’azione, il guanto bianco sguainato davanti alla scatola dei ricordi televisivi. È la sfida a farlo, quel confronto cui la memoria tende, pigra e superficiale. Perché Stranger Things è lì, in agguato, pronto a permeare le atmosfere della serie televisiva, ad ammaliare chi guardi, stordendolo con l’idea del già-visto. È un pensiero insidioso. L’idea che qualcosa di irripetibile si stia, invece, ripetendo. E, ad approcciarlo, pigri e superficiali come i giri della memoria, verrebbe da spegnere la televisione e finirla lì con le «Ragazze del giornale». Ma non c’è istinto che potrebbe rivelarsi più subdolo, più sbagliato. Paper Girls non è Stranger Things, e nemmeno ambisce a diventarlo.La serie televisiva, adattamento del fumetto che Brian K. Vaughan ha scritto nel 2015 - ben prima che Stranger Things fosse quel gioiellino cui si guarda oggi, adoranti -, non è la copia sbiadita del gran fenomeno Netflix. Ne ha l’ambientazione, in parte. E in parte ne conserva il candore dei protagonisti, bambini a cavallo di biciclette, la pretesa commovente di salvare il mondo dalla furia dell’uomo. Ma il resto non sono mostri. Sono squarci aperti su dimensioni temporali, viaggi nel futuro e universi distopici. Nel mezzo, la domanda, mai gentile, che il sé dodicenne porrebbe all’individuo adulto: «Sei all’altezza di quel che io sono stato?». Paper Girls, prodotta fra gli altri da Brad Pitt, è l’epopea di quattro ragazzine, il viaggio fra la periferia di Cleveland, Ohio, e il futuro martoriato dalla guerra. È il tentativo romantico di raddrizzare le sorti dell’universo, intrapreso senza troppo interrogarsi nell’alba di Halloween, 1988. Allora, il cielo si è fatto rosa. Un rosa strano, troppo intenso perché il sole potesse sceglierlo per annunciare la propria presenza. È un rosa che vira al fucsia, fra le sfumature i segni di un varco temporale. Le ragazze, figlie della classe operaia, di genitori estranei a qualsiasi forma di idillio familiare, si trovano catapultate trentuno anni più in là: Cleveland, Ohio, 2019. È un mondo in subbuglio, quello che trovano davanti a sé, un mondo roso dalla lotta violenta fra soldati capaci di viaggiare nel tempo. È fantascienza, una distopia costruita su elementi reali, amarcord. C’è Ronald Reagan, la musica dei Gun’s’Roses, c’è l’universo estetico dei favolosi Ottanta, con le loro spalline larghe e i walkie-talkie. C’è, pure, un citazionismo sottile, simile a quello che i fratelli Duffer hanno usato per Stranger Things. Ma c’è di più, una storia ben fatta, accattivante, la narrazione di un futuro che suona presente e del presente parla. Paper Girls, come il fumetto dal quale è tratta, non è (solo) l’ennesima rappresentazione di un’epoca ormai inflazionata. È una serie intelligente, le cui protagoniste - loro sì - sono candidate ad essere nuove Undici, nuove eroine, nuovi fenomeni con i quali combattere la battaglia dello streaming.