2021-01-17
Papa insoddisfatto degli addetti stampa. Ruffini e Tornielli non stanno sereni
Ieri udienza con Francesco. Irritazione per la scarsa attenzione dedicata alle interviste rilasciate a Mediaset e a Sportweek.Le chiacchiere intorno a Borgo Pio resistono anche al lockdown e da un po' di tempo si sussurrava che le azioni del direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, fossero in ribasso tra le sacre stanze, caduto in disgrazia agli occhi del supremo editore, papa Francesco. Nessuno però sembrava dar peso alla cosa, ma proprio venerdì Dagospia, sempre rapido ed efficace, aveva anticipato una riunione che poi effettivamente ha avuto luogo ieri mattina: «Non fate girare i bergoglioni al Papa», titolava Dago, «i vertici della comunicazione vaticana Paolo Ruffini e Andrea Tornielli sono stati convocati dal Pontefice che non ha gradito la censura che attuano ogni volta che decide di concedere un'intervista».In effetti anche La Verità è in grado di confermare che nel caso di domenica scorsa, quando Francesco ha occupato il prime time di Canale 5 rispondendo alle domande del vaticanista Fabio Marchese Ragona, tra la sala stampa e Vatican news si cadeva un po' dalle nubi. Il Papa, infatti, ha agito di sua sponte dicendo sì alla richiesta che da tempo giaceva nei cassetti per un'intervista con le reti Mediaset. La catena di montaggio ufficiale dei media vaticani è stata più o meno all'oscuro di tutto e si è trovata il piatto con l'intervista già cucinato. Pare che non sia la prima volta che capiti e non sempre i comunicatori vaticani riescono a maneggiare con cura le chiacchierate che il Papa ama concedersi con giornalisti e media di vario tipo.Ieri mattina quindi la conferma dell'udienza con i vertici dei media vaticani. La sala stampa, infatti, ha diramato la lista delle udienze papali e tra i convocati figurava «il dottor Paolo Ruffini, prefetto del dicastero per la Comunicazione». Non c'era il nome di Tornielli, ma normalmente se non si è vescovi o prefetti il nome non compare nella tabella. Resta il fatto che le chiacchiere sui malumori papali per alcune scelte dei suoi fidati comunicatori sono confermate. Tra le altre cose non è andato giù al Papa il silenzio che è stato fatto calare dai media di casa sulla sua intervista «sportiva», quella concessa a Sportweek e anticipata dalla Gazzetta dello Sport il 2 gennaio scorso. Il copione non è nuovo. Francesco in questi anni ha abituato la Curia a saltare i passaggi tradizionali, se sente una cosa, o gliela suggerisce un suo fidato, procede senza ascoltare chi per ufficio dovrebbe coadiuvarlo. È stato il caso persino di documenti del magistero, come ad esempio l'enciclica Laudato si' o l'esortazione apostolica Amoris laetitia. Rimanendo dalle parti del mondo della comunicazione vaticana, uno dei settori di Curia più riformati, molti ricorderanno la defenestrazione da parte del Papa dell'allora dominus don Dario Edoardo Viganò, per la questione antipatica della lettera del Papa emerito manipolata artatamente per arruolare Benedetto XVI a sostegno di alcuni libretti a favore della teologia di papa Francesco. Era il marzo 2018, poi venne il tempo di far fuori l'allora direttore dell'Osservatore romano, Giovanni Maria Vian, «promosso» al rango di emerito e sostituito da Andrea Monda, professore e scrittore. Il nome di Monda pare essere stato proprio caldeggiato al Papa da Tornielli e dal super consigliere padre Antonio Spadaro. Peccato che fino alla sera prima del defenestramento l'ex direttore dell'Osservatore Romano non ne sapesse assolutamente nulla.Un fulmine a ciel sereno, come quello che ha squarciato un tranquillo pomeriggio dello scorso settembre del cardinale Angelo Becciu, il quale si è visto convocato dal Papa per essere, per dire così, «scardinalato» e allontanato dai suoi incarichi. Un gesto, ha commentato il 25 settembre Luis Badilla, direttore del sito paravaticano Il Sismografo, che «assomiglia a una “esecuzione": sei accusato di… ma non puoi difenderti (tranne che tramite la stampa)».Il Papa, chiosava ancora Badilla, «nonostante i suoi poteri, non è un giudice né un tribunale». Però dalle parti di Santa Marta tutti sanno che quando qualche collaboratore del Papa cade in disgrazia ai suoi occhi, Francesco non si fa troppi problemi a dargli il benservito. Qualcuno allora parla di possibili dimissioni anche per i vertici della comunicazione vaticana, ma al momento tutto tace. Fidatissimo (ex?) consigliere del Papa contro gli antibergogliani, nel 2016 Andrea Tornielli da coordinatore di Vatican insider per La Stampa forniva una mappa dei nemici: è forse passato nella lista nera? Difficile pensarlo, capace com'è di sapersi muovere molto bene. Già noto per essere il principe dei vaticanisti italiani, Andrea Tornielli è stato direttore del portale plurilingue della Stampa, Vatican Insider, autore di un bestseller con papa Francesco, saggista, già vaticanista del Giornale. Ciellino d'origine, biografo dei Papi, ha una grande capacità di adattamento alle situazioni, ma con Francesco non è semplice. Il Papa ha detto più volte di riconoscere per sé la virtù della «santa furbizia», e anche se Tornielli ama dilettarsi con il mentalismo speriamo per lui che non incappi in qualche somma ramanzina.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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