2024-02-23
Caos all’Aifa, Palù si dimette e attacca
Appena confermato sbatte la porta: «Mandato di un anno, il governo mi umilia».È stato costretto a dimettersi. Il professor Giorgio Palù ha lasciato l’incarico di presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), a distanza di due settimane dal decreto di nomina che gli conferiva mandato per un solo anno. L’ha definito «offensivo e umiliante», dopo aver accettato nel dicembre del 2020 un incarico quinquennale a titolo gratuito e dopo aver «concepito e promosso» la riforma dell’agenzia regolatoria. «Questo sgarbo è frutto della disistima nei miei confronti», dichiara amareggiato lo scienziato di fama internazionale. «Sono stato ricevuto dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, tre volte in un anno e mezzo e ogni volta dovevo discutere perché non ascoltava mai quello che dicevo. Procedeva alle nomine senza interpellarmi. Diceva “sì Giorgio, poi scegliamo, poi condividiamo”, invece faceva di testa sua. Volevo il coinvolgimento di esperti di alto profilo e non sono stato ascoltato». Nemmeno nelle scelte della nuova Commissione scientifica ed economica (Cse) dell’Agenzia del farmaco, che ha sostituito la Commissione consultiva tecnico-scientifica (Cts) e il Comitato prezzi e rimborso (Cpr), soppressi con la riforma. La Cse è nominata con decreto del ministro della Salute, cui spetta designare quattro membri «tra persone di comprovata e documentata competenza tecnico scientifica nazionale e internazionale, almeno quinquennale, nei settori della valutazione dei farmaci, della farmacoeconomia, uno dei quali con funzione di presidente».Schillaci ha scelto per presidente Lara Gitto, esperta in economia sanitaria e del turismo, e tra i componenti della nuova Cse un farmacista di Bari, Vincenzo Danilo Lozupone. Però, nel decreto di nomina del presidente Aifa, il ministro si era sentito autorizzato a ricordare che un curriculum era importante. «Non è una questione economica», tiene a sottolineare Palù. «Ho servito il Paese per tre anni senza compenso e rinunciando anche al gettone di presenza, alla carta di credito aziendale, ma pur di penalizzarmi Schillaci ha leso la prerogativa del Parlamento di dare il parere sulla mia nomina, come vuole la legge. Ed era evidente che conferire un mandato per un anno, dopo il precedente di cinque anni, era il pretesto per farmi dimettere». Palù non è uno che si caccia, lo si induce ad andarsene magari facendo credere che era per una questione di mancato compenso. Non si aspettavano la reazione del professore, che manda all’aria la presunta scientificità delle scelte operate dal ministro della Salute e del suo capo di gabinetto, il ginecologo Marco Mattei, sempre attinto dall’Università di Tor Vergata da cui arriva il preside di medicina Schillaci. In base alla legge n. 14 del 24 gennaio 1978, Norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici, le designazioni di presidenti e vicepresidenti di istituti e di enti pubblici devono richiedere il parere delle Commissioni permanenti competenti per materia delle due Camere. Nel vecchio meccanismo di nomina questo non era previsto, in quanto il presidente dell’Aifa non era presidente legale, ma con la riforma del 2022 ha assunto la rappresentanza legale dell’agenzia e si doveva richiedere il parere parlamentare. «L’interpretazione restrittiva della norma da parte del ministro attuale viene adottata esclusivamente nei miei confronti, in netto contrasto con i decreti di nomina appena assunti dallo stesso ministro per pensionati ultrasettantenni chiamati a dirigere l’Iss, o a partecipare come consulenti nella Cse di Aifa», tuona il professor Palù, che si dice sorpreso per «la disparità di trattamento rispetto ad altri presidenti di ente pubblico in pensione, beneficiari, contestualmente alla nomina, della legge 24 gennaio 1978 n.14, legge che nel mio caso, ancora una volta, non trova applicazione».Il presidente dell’Aifa se ne va, sbattendo la porta. «La mancata sintonia col ministro e l’assenza di risposte dal governo mi costringono a dare le dimissioni», ha comunicato. Schillaci si sarebbe mostrato «stupito» dai motivi addotti da Palù per le dimissioni. Nemmeno il premier si sarebbe mosso per ricucire uno strappo così duro. «La Meloni? Non mi ha mai ricevuto», risponde secco il professore. Il suo nome, ai vertici dell’Aifa, era stato proposto dalla Conferenza delle Regioni all’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, nel dicembre del 2020. Ordinario di microbiologia e virologia all’Università di Padova, ex direttore del dipartimento di medicina molecolare e past president delle Società italiana ed europea di virologia, l’arrivo del professore era stato accolto con grande soddisfazione anche dal mondo scientifico internazionale.L’epoca Covid, le tante ombre sulla farmacovigilanza, il silenzio sull’alto tasso di reazioni avverse al vaccino segnalate dalle Regioni e imposto dall’allora direttore generale Nicola Magrini d’accordo con Speranza, come rivelato dalla trasmissione Fuori dal Coro, ma anche la troppa accettazione da parte di Palù dei diktat del Cts, ha tolto molta autorevolezza alla nostra agenzia regolatoria. La riforma dell’Aifa ha eliminato il ruolo di direttore generale. Con il decreto dell’8 gennaio di quest’anno, nel nuovo regolamento oltre al presidente, che incarna la responsabilità giuridica, le due figure previste sono il direttore amministrativo (è stato designato Giovanni Pavesi, direttore generale dell’assessorato al Welfare di Regione Lombardia) e il direttore tecnico scientifico (Pierluigi Russo, direttore dell’ufficio registri di monitoraggio dell’Aifa); per entrambi, il contratto con il ministero della Salute avrà durata di cinque anni e sarà rinnovabile.
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