
Mazzate per tutti. Urbano Cairo, con quella sua voce compassata, ha stiracchiato un sorriso e utilizzato i palinsesti La7 (anche) per levarsi qualche sassolino dalla scarpa. Il patron, riunita la stampa al Four Season di Milano ha detto la sua sulla Rai e il decreto dignità, su Gianluigi Paragone («Prima era della Lega, adesso mi pare abbia cambiato aria») e l'assetto della nuova Rete4. «La concorrenza è sempre cosa buona», ha cominciato Cairo, «Costringe a reinventarsi, stimola l'innovazione. Tuttavia», ha sentenziato il presidente de La7, con una punta di orgoglio, «Non è così facile riposizionare una rete in un settore delicato come quello dell'informazione. Un settore in cui il pubblico deve poter instaurare con il giornalista di turno un rapporto di completa fiducia», ha detto, prendendosi qualche minuto per ricordare la storia, infine gloriosa, della rete nata nel 2001.«La7 è frutto di un progetto in atto da 17 anni. L'affidabilità che abbiamo costruito, la credibilità e l'autorevolezza non sono cose da potersi improvvisare», ha spiegato, accennando alla libertà dei propri talenti, alla polifonia di cui si fanno garanti, al successo degli ascolti (cresciuti, in prima serata, del 37% rispetto alla scorsa stagione) e alla qualità di un palinsesto che ha detto non aver nulla da invidiare al Servizio Pubblico. «È innegabile che la complessità del momento politico abbia favorito gli ascolti, ma il palinsesto de La7 ha cominciato a dare segni di crescita ben prima che il risultato delle ultime politiche potesse essere predetto. Perciò», ha continuato Cairo, «Credo che La7 dovrebbe avere una parte del canone Rai».La stoccata non è nuova. Il patron della rete è da tempo impegnato in una battaglia che, ahilui, non ha sortito alcun risultato utile. «La Rai incassa dal canone risorse pari a 1,8 miliardi di euro. Poi, ha 700 milioni di raccolta pubblicitaria. È ingiusto. In Paesi come la Francia o la Spagna, il Servizio Pubblico ha l'una o l'altra entrata. Dalla Rai, mi aspetto che non faccia più pubblicità», la provocazione di Cairo, la prima lanciata in ambito pubblicitario.Il presidente, interrogato in merito, s'è spinto a dire che pure il governo sbaglia. «Mi ha molto stupito constatare come il governo abbia concentrato i propri sforzi nella lotta contro la pubblicità dei giochi online. Questi rappresentano solo il 7% delle scommesse fatte in Italia. Il restante 93% è fatto offline e fuori controllo. Fossi il governo, avrei sviluppato proprio il comparto del gioco online. Si tratta di un settore controllatissimo, quasi immune dai problemi», ha dichiarato Cairo, che per la stagione a venire non ha fatto grandi modifiche di palinsesto.La squadra de La7 è confermata per intero. Enrico Mentana tornerà alla guida del suo Tg, dividendo il tempo residuo tra Bersaglio Mobile e le maratone. Lilli Gruber riavrà Otto e Mezzo e Alessandra Sardoni si dividerà Omnibus con Gaia Tortora. Massimo Giletti resterà a Non è l'Arena («Stiamo vagliando la possibilità di un contratto a lungo termine») e Giovanni Floris a DiMartedì. «Con lui, abbiamo firmato un impegno quinquennale, che decorrerà dal 2019».Con Floris blindato fino al 2024 e la squadra di Propaganda Live pronta a tornare in onda, l'informazione è destinata a rimanere il cuore pulsante della rete. «Siamo una generalista con la predisposizione a trattare argomenti di interesse pubblico», ha spiegato Cairo, vagheggiando novità potenziali che potrebbero riguardare (anche) Milena Gabanelli. «Per ora, si tratta di ragionamenti embrionali. Qualche tempo fa, Milena mi disse di volersi prendere una pausa dal piccolo schermo e concordammo solo qualche ospitata nei nostri programmi». Ma il vento potrebbe cambiare, soffiando pure nella direzione dell'online.Cairo si è detto interessato a sviluppare La7.it, inserendosi in un mercato, quello dell'online, dal quale è certo di poter trarre dei benefici. E si è detto disposto a vagliare il progetto di Mentana che, qualche giorno fa, ha annunciato l'apertura di un quotidiano online, fatto dai giovani giornalisti. «Enrico mi ha detto che qualunque cosa dovesse fare la farebbe con me come editore. Con lui, condivido da sempre l'attenzione alla tematica della disoccupazione giovanile», ha chiuso il patron Cairo, promettendo di ri-giocarsi la carta Corrado Guzzanti. «Gli avevamo affidato una striscia quotidiana, ma poi non se n'è fatto niente. Noi siamo qua, ora dipende da lui».
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».






