2024-05-23
Se l’Europa va in pezzi sulla Palestina è per gli affari con Pechino e gli arabi
Spagna, Irlanda e Norvegia l’hanno riconosciuta ufficialmente provocando le ire di Israele e l’esultanza di Hamas. Ma la mossa arriva dopo una lunga serie di accordi strategici con gli Stati «vicini» ai terroristi.Il Vecchio continente si sta spaccando sulla questione palestinese. Ieri Spagna e Irlanda hanno annunciato di voler ufficialmente riconoscere lo Stato di Palestina il prossimo 28 maggio. A unirsi a loro è stata anche la Norvegia (che non è un membro dell’Ue). «Speriamo che il nostro riconoscimento e le nostre ragioni portino altri Paesi occidentali a seguire questa strada, perché più siamo, più forza avremo per decretare un cessate il fuoco», ha detto il premier spagnolo, Pedro Sanchez, il quale, pur concedendo che «combattere Hamas è necessario», ha accusato Benjamin Netanyahu di aver provocato «dolore e risentimento» a Gaza. Il ministro degli Esteri irlandese, Micheal Martin, ha inoltre reso noto che lo Stato palestinese sarà riconosciuto sulla base dei confini del 1967.«Israele non lascerà che tutto ciò passi in silenzio», ha replicato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Israel Katz, che ha anche convocato gli ambasciatori di Spagna, Norvegia e Irlanda per dei «severi rimproveri». «L’Irlanda e la Norvegia intendono inviare un messaggio ai palestinesi e al mondo intero: il terrorismo paga», ha aggiunto il ministro israeliano, bollando il riconoscimento dello Stato palestinese come «un premio ad Hamas e all’Iran». Netanyahu, per parte sua, ha paventato la nascita di uno «Stato terroristico», che «cercherà di ripetere il massacro del 7 ottobre».È, d’altronde, significativo che l’Anp non sia stata la sola a esprimere soddisfazione per la mossa dei tre Paesi europei. Un notevole apprezzamento è arrivato anche da un alto dirigente di Hamas, Bassem Naim. «Questi successivi riconoscimenti sono il risultato diretto di questa coraggiosa resistenza e della leggendaria fermezza del popolo palestinese. Crediamo che questo sarà un punto di svolta nella posizione internazionale sulla questione palestinese», ha dichiarato. Tra l’altro, proprio ieri una delegazione di Hamas è stata ricevuta dall’ayatollah Ali Khamenei in occasione delle celebrazioni funebri per Ebrahim Raisi. «Con la grazia di Dio, verrà il giorno in cui la Palestina sarà istituita “dal fiume al mare”», ha detto Khamenei durante l’incontro.Non tutti i Paesi dell’Ue sono comunque sulla stessa linea di Madrid, Oslo e Dublino. «Presto incontreremo il presidente del Consiglio dell’Autorità palestinese e apriremo un percorso che però non può essere fatto di un riconoscimento della Palestina senza il riconoscimento di Israele dello Stato palestinese e viceversa», ha detto Antonio Tajani. «Poi bisogna capire cosa sia lo Stato palestinese perché non possiamo riconoscere uno Stato a guida di Hamas», ha aggiunto. La stessa Parigi ha fatto sapere di non ritenere che vi siano al momento le condizioni per un riconoscimento.Posizioni discordanti si sono registrate anche al di fuori dell’Europa. La Casa Bianca ha affermato di «ritenere che uno Stato palestinese dovrebbe essere realizzato attraverso negoziati diretti tra le parti, non attraverso il riconoscimento unilaterale». Interpellato sulla mossa dei tre Paesi europei, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha invece detto: «La Cina sostiene sempre fermamente la giusta causa del popolo palestinese nel ripristino dei suoi legittimi diritti nazionali, sostiene la soluzione dei due Stati ed è uno dei primi Paesi a riconoscere lo Stato di Palestina». Anche l’Arabia Saudita, il Qatar e il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, Jasem Albudaiwi, hanno dato la loro benedizione al riconoscimento.I nodi politici che emergono sono molteplici. In primis, fonti israeliane hanno fatto notare che il riconoscimento spaccherà l’Ue, rendendola un attore diplomatico meno forte nello scacchiere della crisi mediorientale. In secondo luogo, sarà un caso ma Sanchez ha recentemente rafforzato i legami della Spagna tanto con Pechino quanto con Riad e Doha. A febbraio, ha elogiato il «partenariato strategico globale» con la Repubblica popolare, ricevendone il ministro degli Esteri, Wang Yi. Ad aprile, è stato inoltre reso noto che gli investimenti iberici in Arabia Saudita hanno superato i tre miliardi di dollari nell’ultimo decennio. Nello stesso mese, Sanchez ha firmato un memorandum d’intesa per avviare un dialogo strategico col Qatar mentre a gennaio Madrid si è detta d’accordo con Teheran per ripristinare il controverso accordo sul nucleare iraniano. Anche Pechino e Oslo hanno consolidato i propri rapporti: a febbraio, il ministro degli Esteri norvegese, Espen Barth Eide, è stato ricevuto in Cina dallo stesso Wang Yi e, nell’occasione, i due hanno auspicato un incremento della cooperazione. Ricordiamo che, oltre ad aver riconosciuto lo Stato di Palestina nel 1988, Pechino si è sempre rifiutata di designare Hamas come un’entità terroristica. Sarà sempre un caso ma ieri Riad ha mandato una propria delegazione in Cina: quella stessa Cina che, l’anno scorso, mediò la distensione tra sauditi e iraniani.Continua a tenere banco la richiesta del mandato di arresto per Netanyahu, Yoav Gallant e alcuni leader di Hamas, inoltrata dal procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan. «La Corte non ha alcuna autorità per condurre un’indagine sulla questione», hanno detto la procuratrice generale israeliana, Gali Baharav-Miara, e il procuratore di Stato, Amit Isman, bollando come «infondata» la mossa di Khan. Lo Stato ebraico rifiuta l’equivalenza, implicita nella richiesta dei mandati d’arresto, tra Israele e Hamas.
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