Election day dalle 7 alle 23 per le elezioni amministrative e referendum sulla riforma della giustizia. Ma a poche ore dall’apertura delle urne, nel capoluogo siciliano il 30% degli scrutatori ha rinunciato. E migliaia di fogli su cui votare non sono stati consegnati.
Election day dalle 7 alle 23 per le elezioni amministrative e referendum sulla riforma della giustizia. Ma a poche ore dall’apertura delle urne, nel capoluogo siciliano il 30% degli scrutatori ha rinunciato. E migliaia di fogli su cui votare non sono stati consegnati.Si torna a votare oggi, in Italia, dalle ore 7 alle ore 23 per i cinque quesiti referendari e per il rinnovo degli organi elettivi in 971 Comuni. Per i Comuni sotto i 15.000 abitanti vincerà il candidato che conquisterà la maggioranza dei voti; sopra i 15.000 abitanti sarà necessario ottenere il 50% più uno delle preferenze. Altrimenti, i due candidati più votati andranno al ballottaggio il 26 giugno. Il primo caso di questa tornata elettorale è scoppiato a Palermo dove decine tra presidenti e scrutatori (il 30% del totale), all’ultimo momento, non si sono presentati per la costituzione del seggio, mettendo in difficoltà il Comune. All’appello mancano anche decine di migliaia di schede elettorali, mai consegnate. Ma è sulle cinque schede del referendum per la riforma della giustizia che c’è la massima attenzione del mondo politico: dopo le polemiche scatenate dalla scarsa considerazione, per non dire un vero e proprio boicottaggio, sull’argomento da parte della tv di Stato e dei media mainstream, negli ultimi giorni l’interesse verso il referendum abrogativo è aumentato, con diverse prese di posizione a favore del sì. Anche se l’obiettivo di centrare il quorum (il 50% più un voto degli aventi diritto, che sono quasi 51 milioni) è difficilmente raggiungibile, visto il rischio di un alto tasso di astensionismo.
John Grisham (Ansa)
John Grisham, come sempre, tiene incollati alle pagine. Il protagonista del suo nuovo romanzo, un avvocato di provincia, ha tra le mani il caso più grosso della sua vita. Che, però, lo trascinerà sul banco degli imputati.
Fernando Napolitano, amministratore delegato di Irg
Alla conferenza internazionale, economisti e manager da tutto il mondo hanno discusso gli equilibri tra Europa e Stati Uniti. Lo studio rivela un deficit globale di forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero, elementi chiave che costituiscono il dialogo tra imprese e decisori pubblici.
Stamani, presso l’università Bocconi di Milano, si è svolta la conferenza internazionale Influence, Relevance & Growth 2025, che ha riunito economisti, manager, analisti e rappresentanti istituzionali da tutto il mondo per discutere i nuovi equilibri tra Europa e Stati Uniti. Geopolitica, energia, mercati finanziari e sicurezza sono stati i temi al centro di un dibattito che riflette la crescente complessità degli scenari globali e la difficoltà delle imprese nel far sentire la propria voce nei processi decisionali pubblici.
Particolarmente attesa la presentazione del Global 200 Irg, la prima ricerca che misura in modo sistematico la capacità delle imprese di trasferire conoscenza tecnica e industriale ai legislatori e agli stakeholder, contribuendo così a politiche più efficaci e fondate su dati concreti. Lo studio, basato sull’analisi di oltre due milioni di documenti pubblici elaborati con algoritmi di Intelligenza artificiale tra gennaio e settembre 2025, ha restituito un quadro rilevante: solo il 2% delle aziende globali supera la soglia minima di «fitness di influenza», fissata a 20 punti su una scala da 0 a 30. La media mondiale si ferma a 13,6, segno di un deficit strutturale soprattutto in tre dimensioni chiave (forza settoriale, potere mediatico e leadership di pensiero) che determinano la capacità reale di incidere sul contesto regolatorio e anticipare i rischi geopolitici.
Dai lavori è emerso come la crisi di influenza non riguardi soltanto le singole imprese, ma l’intero ecosistema economico e politico. Un tema tanto più urgente in una fase segnata da tensioni commerciali, transizioni energetiche accelerate e carenze di competenze nel policy making.
Tra gli interventi più significativi, quello di Ken Hersh, presidente del George W. Bush Presidential Center, che ha analizzato i limiti strutturali delle energie rinnovabili e le prospettive della transizione energetica. Sir William Browder, fondatore di Hermitage Capital, ha messo in guardia sui nuovi rischi della guerra economica tra Occidente e Russia, mentre William E. Mayer, chairman emerito dell’Aspen Institute, ha illustrato le ricadute della geopolitica sui mercati finanziari. Dal fronte italiano, Alessandro Varaldo ha sottolineato che, dati alla mano, non ci sono bolle all’orizzonte e l’Europa ha tutti gli ingredienti a patto che si cominci un processo per convincere i risparmiatori a investire nelle economia reale. Davide Serra ha analizzato la realtà Usa e come Donald Trump abbia contribuito a risvegliarla dal suo torpore. Il dollaro è molto probabilmente ancora sopravvalutato. Thomas G.J. Tugendhat, già ministro britannico per la Sicurezza, ha offerto infine una prospettiva preziosa sul futuro della cooperazione tra Regno Unito e Unione Europea.
Un messaggio trasversale ha attraversato tutti gli interventi: l’influenza non si costruisce in un solo ambito, ma nasce dall’integrazione tra governance, innovazione, responsabilità sociale e capacità di comunicazione. Migliorare un singolo aspetto non basta. La ricerca mostra una correlazione forte tra innovazione e leadership di pensiero, così come tra responsabilità sociale e cittadinanza globale: competenze che, insieme, definiscono la solidità e la credibilità di un’impresa nel lungo periodo.
Per Stefano Caselli, rettore della Bocconi, la sfida formativa è proprio questa: «Creare leader capaci di tradurre la competenza tecnica in strumenti utili per chi governa».
«L’Irg non è un nuovo indice di reputazione, ma un sistema operativo che consente alle imprese di aumentare la protezione del valore dell’azionista e degli stakeholder», afferma Fernando Napolitano, ad di Irg. «Oggi le imprese operano in contesti dove i legislatori non hanno più la competenza tecnica necessaria a comprendere la complessità delle industrie e dei mercati. Serve un trasferimento strutturato di conoscenza per evitare policy inefficaci che distruggono valore».
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