2020-03-06
Palazzo Chigi si dimentica i disabili. Per loro nessuna norma su misura
Servono regole per la sicurezza nei centri ancora aperti e per l'assistenza in casa.Lo strazio nello strazio. È quello che stanno vivendo i genitori di figli disabili. Perché per questi ragazzi non basta una baby sitter, i problemi del dover stare a casa senza andare a scuola sono amplificati e si aggiungono a quelli che già queste famiglie devono affrontare. Parliamo di bimbi e giovani spesso immunodepressi, che per mancanza di autonomia non possono adottare le profilassi richieste. Al danno, si aggiunge la beffa. Perché il decreto per fermare il coronavirus impone la chiusura delle scuole, ma non di Cdd (Centro diurno disabili), Cse (Centro socio educativo), Sfa (Servizio di formazione all'autonomia) e delle altre strutture dedicate alle persone con disabilità fisiche, motorie e mentali. Il testo riporta «limitazione delle visite agli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali per non autosufficienti», ma non si cita i centri diurni.In Lombardia, scrive Fanpage,it, a Limbiate, Monza, Trezzano e Gorgonzola, i centri sono stati chiusi, in altri Comuni, a partire da Milano, rimangono aperti. In alcune zone i sindaci sono così costretti ad agire autonomamente e ad affidarsi alle scelte dell'Ats e delle cooperative, che rimangono aperte, anche perché i dipendenti non sono tutelati dagli ammortizzatori sociali previsti per chi lavora nelle scuole. In altre strutture, invece, i sindacati vogliono tutelare gli operatori dei centri sociali e chiudono anche per questo, aumentando il caos. C'è chi si aspetta nuovi interventi del governo per meglio definire i provvedimenti per questa fascia di popolazione, mentre molti genitori si domandano che fine faranno i fondi destinati alle strutture che non verranno spesi nei giorni di blocco: i progetti verranno prolungati? Saranno organizzate forme di assistenza alternativa?Nella confusione c'è chi si aggrappa a un punto fermo: la legge. Sara Bonanno vive a Roma, è madre di un ragazzo di 25 anni in gravi condizioni di disabilità e autrice del blog La cura invisibile. Su Facebook ha ricordato l'articolo 2 comma 3 della legge 328/00: «I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico [...] nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali». I Comuni, aggiunge la Bonanno, «non possono chiudere i centri diurni perché non hanno nulla a che fare con le scuole che dipendono dal ministero dell'Istruzione. Così come le Regioni hanno il compito istituzionale di garantire la salute della cittadinanza, e infatti non chiudono ospedali e ambulatori». Senza dimenticare l'articolo 3, terzo comma, della legge 104/92 in base al quale «le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici». Quando si deciderà il governo a fare chiarezza? Il 23 febbraio l'ufficio per le politiche sulla disabilità presso la presidenza del Consiglio ha inviato una nota al dipartimento per la Protezione civile e al ministero della Salute per segnalare l'impatto che le misure straordinarie potrebbero avere sulle persone con disabilità. Si legge che il governo sta valutando di fare rientrare i Cdd tra le attività soggette a sospensione, nelle regioni del focolaio. «Contemporaneamente, però, si renderebbe necessaria un'azione compensativa di supporto domiciliare per gli utenti dei centri e i loro familiari, in modo da non far venire meno i servizi di assistenza essenziali». Ammettendo, di fatto, l'incapacità dello Stato di garantire un'adeguata rete di assistenza a domicilio. Le leggi citate parlano di «priorità» negli interventi per le categorie più fragili e il governo se le è addirittura scordate?
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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